Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 16/06/2011, a pag. 20, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " La pace è impossibile. Netanyahu si confessa al romanziere ".
Bibi Netanyahu, Etgar Keret
Il titolo dell'articolo è scorretto. Leggendo il pezzo di Baquis si capisce che cos'è accaduto: Etgar Keret ha intervistato Bibi Netanyahu per il quotidiano Haaretz e ne ha frainteso le parole. Nessuna confessione, la posizione di Netanyahu sui negoziati di pace è nota e non è certo quella esposta nel titolo della Stampa.
Ecco l'articolo:
Persona pacata ed efficiente, il segretario del governo israeliano Zvi Hauser ha avuto ieri un soprassalto improvviso quando, aprendo di prima mattina il quotidiano Haaretz , ha visto spalmato sulla prima pagina un titolo raccapricciante sul futuro del processo di pace: «Netanyahu: questo conflitto non è risolvibile». Firmava il pezzo un corrispondente politico insolito: il romanziere Etgar Keret ( Meduse , Gaza Blues , Pizzeria Kamikaze ) giovane e allegro bohémien.
Ma ieri era una giornata speciale: perché in occasione della «Settimana del Libro» Haaretz aveva deciso di sostituire per una volta i suoi cronisti con una cinquantina di scrittori, israeliani e stranieri. I quali si sono rimboccati le maniche e hanno dissertato di politica, di cronaca nera, di sport, di previsioni meteo. Con le firme di Mario Vargas Llosa, Nicole Krauss, Nathan Zach, Sami Michael.
A Netanyahu è toccato concedere un’intervista a Keret. I portavoce hanno fatto il possibile per limitare i danni, chiedendogli che domande avesse in mente. «Ho subito capito che in un dialogo fra un giornalista e un premier che si sente perseguitato dalla stampa - afferma il romanziere -, la paura per una domanda fuori luogo equivaleva a quella che io introducessi di nascosto un’arma».
Mentre il giornale veniva distribuito agli abbonati, Hauser era già impegnato a circoscrivere i danni, spiegando a una radio che Keret aveva sì citato correttamente Netanyahu, ma purtroppo non aveva ben compreso il contesto: «Se i palestinesi riconosceranno Israele come Stato del popolo ebraico, il conflitto sarà risolvibile».
Virtuoso della scrittura satirica, Keret in realtà non ha infierito sul premier. «Sul piano umano, anzi, mi ha fatto un’impressione migliore di quella che avevo in partenza», ammette. «Invece, sul piano politico...». Come molti israeliani credeva che Netanyahu fosse in sostanza un politico molto condizionato dalle relazioni pubbliche, dalla sua immagine. Dunque passibile di cambiamenti. E invece, avendolo incontrato «a 20 centimetri di distanza», ha scoperto con sgomento che è un ideologo puro, «che le sue convinzioni politiche sono nel suo Dna». Insomma, lo ha trovato sincero. Da qui il senso di frustrazione che domina il pezzo e che, in definitiva, ha dettato il titolo. Netanyahu non comprende che gli israeliani hanno bisogno di tenere in vita la speranza «senza la quale - conclude Keret - non abbiamo futuro».
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