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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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La Stampa - L'Unità Rassegna Stampa
23.05.2011 Obama all'AIPAC: incrollabile il sostegno Usa alla sicurezza di Israele
Cronaca di Francesco Semprini, intervista di Udg a Saeb Erekat

Testata:La Stampa - L'Unità
Autore: Francesco Semprini - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Obama: Difenderemo Israele - I falchi israeliani vogliono preservare lo status quo»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 23/05/2011, a pag. 9, l'articolo di Francesco Semprini dal titolo " Obama: Difenderemo Israele ". Dall'UNITA', a pag. 30, l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Saeb Erekat dal titolo " I falchi israeliani vogliono preservare lo status quo ", preceduta dal nostro commento.
Dall'incontro con Bibi a quello con l'AIPAC abbiamo assistito all'ennesimo  flip plop di Obama. A Bibi aveva detto che bisognava ritornare ai confini del '67, all'AIPCA ha detto che quei confini vanno concordati perchè in quarant'anni le cose cose sono cambiate. Esattamente quanto sostiene Israele. Era stato male interpretato. Capiamo, gli applausi di AIPAC, e quindi il voto ebraico, valgono ogni faccia tosta, ben venga anche quest'ultima, in fondo è l'Obama di sempre. Questo ci riconferma nel giudizio dato su Bibi, bene ha fatto a tenere duro, chissà che a furia di dire tutto e il suo opposto, anche Obama alla fine non capisca qualcosa.

Sulla home page di IC, il video col discorso di Obama (http://www.youtube.com/watch?v=5tib1lYIsdk)

Ecco i pezzi:

La STAMPA - Francesco Semprini : " Obama: Difenderemo Israele "

Chiarisce il riferimento ai confini del 1967, spiega che lo Stato ebraico rischia l’isolamento senza «un credibile processo di pace», conferma «l’incrollabile sostegno» Usa al benessere e alla sicurezza di Israele. Barack Obama parla all’American Israel Public Affairs Committee (Aipac) affrontando il nodo mediorientale per la terza volta in una settimana, dopo l’incontro col premier Benjamin Netanyahu e il discorso al Dipartimento di Stato. Ed è proprio da quest’ultimo che l’inquilino della Casa Bianca riparte dinanzi alla platea della lobby ebraica: «Se c’è una controversia non è certo nella sostanza. Giovedì ho detto pubblicamente quello che veniva affermato in privato da tempo. Non mi sembra ci sia nulla di nuovo o eclatante».

Il presidente Usa rilancia la soluzione di due popoli e due Stati, il tutto attraverso un negoziato che porti al ritiro di Israele da una parte dei territori e l’impegno dei palestinesi a creare uno Stato non militarizzato. Il punto di partenza potrebbero essere i confini del 1967, ma con mutamenti reciprocamente concordati. E su questo il Presidente si sofferma parlando di «fraintendimento».

«Per definizione gli israeliani e i palestinesi negozieranno una frontiera diversa da quella che esisteva il 4 giugno 1967», dice il Presidente sottolineando che «questa è una formula che consente alle parti di considerare i cambiamenti avvenuti negli ultimi 44 anni, tenendo conto delle nuove realtà demografiche e dei bisogni delle due parti». La puntualizzazione viene gradita dalla platea dell’Aipac, che risponde con un forte applauso. «Non possiamo permetterci di attendere ancora uno, due o tre decenni - prosegue il Presidente -.

Anche perché il numero dei palestinesi che vivono a Ovest del Giordano sta crescendo rapidamente, rimodellando le realtà demografiche. La tecnologia renderà per Israele sempre più difficile difendersi in assenza di una pace vera. Infine una nuova generazione di arabi sta rimodellando la regione».

Obama spiega che nessun voto all’Onu consentirà di creare uno Stato palestinese indipendente e che gli Usa sono pronti a mettere il veto alla proposta. Ma allo stesso tempo avverte che «il cammino verso l’isolamento rischia di proseguire inesorabile per Israele senza un processo di pace». In ogni caso il sostegno degli Usa al benessere e alla sicurezza di Israele è «incrollabile» e questo è confermato dal fatto che Washington s’impegna a garantire la superiorità della forza militare dello Stato ebraico nella regione. Poi si rivolge ai nemici di Israele. Assicura che gli Usa faranno di tutto per impedire all’Iran di entrare in possesso di armi nucleari, mette in guardia Hezbollah, invita Hamas a rinunciare alla violenza, a riconoscere lo Stato di Israele e a rilasciare Gilad Shalit, il soldato rapito nel 2006. Infine si rivolge ad alFatah spiegando che l’accordo con Hamas rappresenta un grave pericolo per la pace.

Sul capitolo sicurezza, Obama fa precedere la sua partenza per l’Europa con un’intervista alla Bbc, nella quale ricorda che gli Usa sono pronti a ripetere un raid come quello che ha eliminato Bin Laden se un leader taleban o di Al Qaeda dovesse minacciare la sicurezza del Paese. Positiva la reazione di Netanyahu dopo il gelo di venerdì scorso. «Condivido col presidente la volontà di puntare alla pace», spiega il premier israeliano mentre Hamas tuona: «I tentativi Usa rimarranno vani, nessun riconoscimento a Israele».

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " I falchi israeliani vogliono preservare lo status quo "


Saeb Erekat

Ecco il commento di Saeb Erekat sui negoziati con Israele e sulla reazione di Bibi Netanyahu al piano di Obama : "Io non penso che si possa parlare di processo di pace con una persona (Netanyahu) che afferma che i confini del 1967 sono un'illusione, che l'intera Gerusalemme resterà capitale di Israele e che non vuole il ritorno di nemmeno un rifugiato (palestinese)». ". Secondo Erekat Israele dovrebbe accettare come precondizione per i negoziati tutte le richieste palestinesi, senza ottenere nulla in cambio.
La questione del ritorno dei profughi, poi, comporterebbe la dissoluzione di Israele, per quale motivo dovrebbe venir accettata?
Erekat incolpa Israele del fallimento di tutti i negoziati precedenti, ma la realtà è ben diversa. Abu Mazen ha aspettato che la moratoria di 10 mesi sulle costruzioni negli insediamenti scadesse per sedersi al tavolo dei negoziati e pretendere che venisse prorogata per rimanere a negoziare.
Lo Stato ebraico è nato in seguito a una risoluzione Onu che prevedeva la nascita anche di uno gemello palestinese. Sono stati gli arabi a rifiutarlo, convinti di poter cancellare in poco tempo quello ebraico.
Saeb Erekat cerca di convincere i lettori che Hamas non è un pericolo, ma è sufficiente leggere la cronaca del discorso di Obama pubblicata in questa pagina della rassegna per vedere la posizione di Hamas circa i negoziati con Israele : "
I tentativi Usa rimarranno vani, nessun riconoscimento a Israele". E' possibile negoziare con chi rifiuta di riconoscerti?
Ecco l'intervista:

Io non penso che si possa parlare di processo di pace con una persona (Netanyahu) che afferma che i confini del 1967 sono un'illusione, che l'intera Gerusalemme resterà capitale di Israele e che non vuole il ritorno di nemmeno un rifugiato (palestinese)».
A sostenerlo è una delle personalità più autorevoli della dirigenza palestinese: Saeb Erekat, capo negoziatore dell’Anp, parlamentare di Al Fatah, consigliere politico del presidente Mahmud Abbas (Abu Mazen).
«La proposta avanzata dal presidente Obama di fare dei confini del 1967 il punto di partenza per un accordo di pace, è un contributo importante alla ricerca di una soluzione negoziale del conflitto israelo-palestinese. Il rifiuto da parte di Netanyahu è l’ennesima dimostrazione che nei piani dei falchi israeliani l’unico obiettivo da perseguire è il mantenimento dell’attuale status quo», dice a l’Unità Erekat, rivendicando il diritto dei palestinesi di presentare la richiesta di riconoscimento dello Stato di Palestina, «nei confini del 1967 (antecedenti alla Guerra dei sei giorni) e con Gerusalemme est come capitale», all’Assemblea generale delle Nazioni Unite in programma il prossimo settembre: «Non è un ricatto –rimarca Erekat– perché se Israele ne avesse davvero intenzione, sarebbe possibile raggiungere una intesa entro quattro-cinque mesi. Ma la reazione del primo ministro israeliano alle parole del presidente Usa, testimonia di un oltranzismo inaccettabile, di fronte al quale, l’unica risposta della Comunità internazionale, e dei singoli Stati membri dell’Onu, è riconoscere lo Stato di Palestina ».
Signor Erekat, la destra israeliana ha attaccato frontalmente Obama per il suo riferimento a un negoziato che parta dai confini antecedenti alla Guerra dei sei giorni. Qual è in proposito al posizione dell’Anp?
«Il presidente Obama non ha inventato nulla ma ha tenuto conto delle risoluzioni Onu 242 e 338, e di quanto indicato nella “Road Map” (il tracciato di pace di Usa,Ue, Onu, Russia, ndr)».
Israele considera improponibile quel ritorno a 44 anni fa…
«Obama ha fatto riferimento a un negoziato che, sulla base del principio di reciprocità, può definire degli aggiustamenti, limitati, territoriali che modifichino quelle linee di confine. È una posizione che la delegazione palestinese di cui ho fatto parte ha ribadito nei negoziati avviati in passato e che sono falliti per l’intransigenza israeliana. D’altro canto, è difficile pensare che chi ha rifiutato la richiesta di Usa, Europa, Lega Araba, Russia, del segretario generale delle Nazioni Unite di fermare la colonizzazione nei Territori e a Gerusalemme est, dimostri ora coraggio e lungimiranza accettando di negoziare un accordo di pace globale».
Abu Mazen “scelga tra la pace e Hamas”, ha ribadito Netanyahu…
«Ma di quale pace parla Netanyahu? Quella delle ruspe, di un mini staterello palestinese disseminato da insediamenti, la pace che esclude Gerusalemme, che cancella il diritto al ritorno dei rifugiati. Alla Casa Bianca, Netanyahu ha ribadito solo dei “no”. E con i “no” si uccide ogni speranza di pace».
Ma Hamas…
«Hamas ha sottoscritto un accordo che affida esclusivamente al presidente Abbas la conduzione dei negoziati. Hamas ha accettato di riconoscere come obiettivo strategico condiviso la creazione di uno Stato di Palestina “entro i confini del 1967”, così come Hamas ha accettato che sia un organismo unitario a decidere il modo in cui condurre la resistenza all’occupazione israeliana. Vincolare tutte le fazioni palestinesi a una linea politica che non ha nulla di estremista, dovrebbe essere visto da Israele e dalla Comunità internazionale come un fatto incoraggiante e non come una minaccia».
A proposito di minacce. Israele considera tale la presentazioneall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in programma a settembre,di una risoluzione per il riconoscimento dello Stato di Palestina. E anche Obama si è dichiarato contrario.
«Spero che il presidente Obama si ricreda, anche perché siamo convinti che questa risoluzione potrà contare sul sostegno della grande maggioranza degli Stati membri delle Nazioni Unite, e tra loro buona parte dell’Europa e dell’America Latina, la totalità dei Paesi arabi. Da qui a settembre c’è il tempo per riaprire un tavolo negoziale. Noi siamo pronti. Ma non accetteremo più i diktat, i pretesti, i rinvii di Israele. Quel tempo appartiene al passato».

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