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La Repubblica - La Stampa - Il Manifesto Rassegna Stampa
19.05.2011 Antisemitismo al Festival di Cannes con le parole di Lars Von Trier
Ma qualcuno cerca di minimizzare. Commento di Elena Loewenthal. Cronache di Silvia Fumarola, redazione del Manifesto.

Testata:La Repubblica - La Stampa - Il Manifesto
Autore: Silvia Fumarola - Elena Loewenthal - Redazione del Manifesto
Titolo: «Quel regista va bandito dai festival - Galliano, Gibson e gli altri così si è infranto il tabù - Von Trier, fra nazismo e depressione»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 19/05/2011, a pag. 67, l'articolo di Silvia Fumarola dal titolo " Quel regista va bandito dai festival ". Dalla STAMPA, a pag. 43, l'articolo di Elena Loewenthal dal titolo " Galliano, Gibson e gli altri così si è infranto il tabù ". Dal MANIFESTO, a pag. 13, l'articolo dal titolo " Von Trier, fra nazismo e depressione ", preceduto dal nostro commento. Ecco i pezzi:

La REPUBBLICA - Silvia Fumarola : " Quel regista va bandito dai festival "

Stupisce il titolo di richiamo in prima pagina " Sono ebreo, capisco Hitler". Von Trier non è ebreo, cosa di poco rilievo se si trattasse di un fatto qualunque, ma scriverlo in un titolo senza verificarne le veridicità, è grave. Von Trier, oltre ad aver diretto noiosissimi filmetti da quattro soldi è pure un bugiardo. Siano lodati i fischi che ha ricevuto dalla platea. Un plauso a Silvia Fumarola, non responsabile del titolo, ma invece di una buona cronaca.


Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma

Frasi inaccettabili. È durissima la reazione della Comunità ebraica alle dichiarazioni filonaziste di Lars Von Trier, che ha tirato in ballo Hitler insultando Israele. «I sopravvissuti all´Olocausto condannano le vergognose dichiarazioni di Von Trier come un insensibile sfruttamento della sofferenza usata per farsi pubblicità» si legge nella nota dell´American Gathering of Holocaust Survivors and their Descendants «I suoi assurdi commenti forse sono stati fatti per scherzo e scioccare, ma coloro che sono stati vittime delle brutalità del regime nazista non possono trovare alcun divertimento nel ricordare le torture e lo sterminio in quegli anni terribili. Non possiamo fare una critica del suo film, ma come persona Von Trier è eticamente un fallito».
«Piena condanna» anche da parte di Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, che trova il comportamento del regista «indecente». «È importante la presa di distanza degli organizzatori del Festival di Cannes ma non basta, Von Trier non merita più di partecipare agli altri festival». «Se personaggi del genere, al di là delle loro capacità artistiche, meritano di avere una vetrina», spiega Pacifici «non possono sfruttare la propria posizione per dire cose che pensavamo fossero unanimamente ritenute riprovevoli nel mondo contemporaneo. C´è un confine tra il pensiero e la decenza, è evidente che in questo caso abbiamo assistito alla totale indecenza. Potrei immaginare di verificare se questo signore sia tra gli ospiti del prossimo festival di Cannes, o già di quello di Venezia o di Roma, e se non possa essere considerato "ospite indesiderato"». Pacifici ricorda come, dalle pagine di Repubblica, aveva affrontato il tema della "giustificazione e comprensione" dei crimini nazisti, proponendo una legge «che una volta per tutte in Italia renda reato il negazionismo». «Nel nostro Paese la legge Mancino punisce gesti e slogan di tipo nazifascista, di istigazione alla violenza e alla discriminazione razziale, etnica o religiosa» chiarisce il presidente della Comunità ebraica di Roma «attraverso la Mancino il regista potrebbe già essere perseguitato. In Francia è in vigore la legge sul negazionismo: fermò l´ascesa politica del leader di estrema destra Jean-Marie Le Pen dopo un comizio di stampo negazionista. Oggi la figlia Marine, che si candida all´Eliseo, ha preso le distanze e sta molto attenta a non ripetere gli stessi errori».

La STAMPA - Elena Loewenthal : " Galliano, Gibson e gli altri così si è infranto il tabù "


Elena Loewenthal

Di tutto si può dire di lui, ma che «ispiri simpatia» proprio no. Con quei baffetti inamidati, l’aria arcigna, l’occhio indemoniato. Di tutto si può dire ma capirlo, come si fa? In fondo resta l’enigma più oscuro dell’umanità, e dopo anni di studi ancora non si è venuti a capo di quella sua distorta personalità. Eppure, a quanto pare, all’esimio regista Lars Von Trier, Adolf Hitler fa quell’effetto lì: di simpatia. Di comprensione. Quanto agli ebrei, loro invece sono la sua «spina nel fianco». Anche se, per carità, mica è contro di loro... E tutto questo l’ha dichiarato da quel palcoscenico in mondovisione che è il Festival di Cannes.

Ma queste a dir poco bislacche – cioè raccapriccianti – affermazioni non sono affatto un caso isolato, ultimamente. L’attore regista Mel Gibson si è esibito più o meno con lo stesso assortimento qualche tempo fa, insultando un agente della polizia stradale che lo aveva fermato. Il genio della moda John Galliano ha scelto come teatro per esternazioni di analogo segno (dopo una serie di insulti agli ebrei concludeva «I love Hitler») nientemeno che il Marais di Parigi, storico quartiere ebraico. La cosa gli è costata il licenziamento in tronco dalla Maison Dior. Charlie Sheen, popolare attore americano, ha apostrofato con il solito armamentario di insulti all’ebreo il suo manager e contestualmente è stato allontanato dall’ex moglie e dai figli per violenze e minacce di tenore non dissimile. Chi più ne ha più ne metta.

Queste ricorrenze hanno due chiavi di lettura – e indignazione. La prima, più «classica», è l’amara constatazione che l’antisemitismo è duro a morire. Anzi di più. E’ talmente astratto da manifestarsi anche in palese assenza dell’oggetto, cioè l’ebreo. L’altra interpretazione che si può dare di questa triste ricorrenza dell’inno a Hitler e del rammarico perché non ha portato a termine il lavoro (anche questo si sente dire ormai non di rado) è che forse in questi ultimi tempi si è disinnescato qualcosa. Che era meglio se restava lì com’era, foss’anche in forma di inibizione verbale. Oramai, invece, è come se un tabù si fosse infranto. Come se un certo tipo di persone – magari geniali e sicuramente armate di un certo non trascurabile narcisismo – si sentissero libere di blaterare giudizi del genere non solo per fare colpo sul pubblico – che speriamo costernato – ma prima ancora per dimostrare, agli altri così come a se stessi, di poter dire di tutto.

Certo, di umorismo macabro ambientato sotto il nazismo, di storielle anche tremende su Hitler, se ne sono raccontate sempre. C’è persino un vasto repertorio schiettamente ebraico, in proposito. E in tempo reale, cioè in quegli anni tremendi. Ma queste uscite sono tutt’altra cosa. Non sono battute di spirito: sono dichiarazioni di solidarietà. Nostalgiche alzate di ingegno buone solo per dimostrare di essere originali. Talmente originali da poterle pronunciare ad alta voce. E con delle bocche convinte di poter dire di tutto – come diceva tanto tempo fa la pubblicità di un dentifricio – solo perché famose e di conseguenza non perseguibili. Mentre una bella manciata di disprezzo se la meritano eccome.

Il MANIFESTO - " Von Trier, fra nazismo e depressione "


Lars Von Trier

Secondo la redazione del Manifesto, Von Trier si è semplicemente divertito a scherzare, le sue uscite sono state infelici. Due righe in una breve per liquidare l'antisemitismo e l'odio verso Israele di Von Trier. Curioso anche che venga censurata la frase volgare usata per descrivere lo Stato ebraico. La linea puritana del quotidiano comunista colpisce ancora, dopo aver glissato sui filmini porno ritrovati nella casa di Osama bin Laden, ora censura le gravi espressioni di Von Trier e minimizza la portata di quanto ha detto.
Anche Paolo Mereghetti sul Corriere della Sera cerca di fare altrettanto, sostenendo che Von Trier fa spesso uscite del genere per colpire la platea. Come se questo rendesse meno gravi le sue parole. Fortunatamente la direzione del Festival di Cannes e la platea non hanno colto il presunto aspetto scherzoso, ma solo quello antisemita e hanno subito preso le distanze, pretendendo le scuse del regista. Scuse poco convincenti, per altro.
Ecco l'articolo:

Il regista Von Trier ha trovato divertente scherzare, durante l’incontro con i giornalisti, sul nazismo e Hitler, suscitando molte polemiche. «Credevo di avere origini ebree ed ero contento, poi ho scoperto le mie origini tedesche. Sono un po’ nazista anche io e sono contento lo stesso. Capisco Hitler perché capisco l'uomo che è pieno di male. Sono contro la Seconda Guerra Mondiale e mi sento vicino agli ebrei, ma non troppo perché Israele è un problema», ha detto infelicemente. Poi, sul film: «’Melancholia’ non è sulla fine del mondo ma su uno stato mentale, la depressione, che è quello della mia vita adesso»: Lars Von Trier, il regista danese, presenza consueta a Cannes (palma d'oro nel 2000 con «Dancer in the dark»), ammette l’origine personale dell’ispirazione di questo film, interpretato da Kirsten Dunst e Charlotte Gainsbourg con Kiefer Sutherland e Charlotte Rampling. Una terapia? «È stato un piacere girare ’Melancholia’. Forse sto un po’ meglio, o forse no», ha aggiunto. Molti i riferimenti estetici del film che Von Trier ha voluto ricordare: «la musica di Wagner, i pre-raffaelliti, la pittura classica nordica e il cinema di Antonioni, Kieslowski, Visconti e anche Bergman». Poi ha scherzato sui generi cinematografici: «ha un plot romantico e da commedia ma io sono fatto così, anche quando faccio commedie divento maliconico». Kirsten Dunst è Justine, «una persona depressa, che non riesce a trovare un attimo di felicità. Claire, sua sorella, cerca in ogni modo di aiutarla. Ma l’attesa della fine del mondo capovolgerà le cose gettando nel panico Claire di fronte a un’indifferente Justine».

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