La versione di Hamas sulla morte di Arrigoni convince sempre meno Commenti di Angelo Pezzana, Dimitri Buffa
Testata:Libero - L'Opinione Autore: Angelo Pezzana - Dimitri Buffa Titolo: «Sul pacifista ucciso Hamas racconta una storia assurda - Come Hamas 'vendica' Arrigoni»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 22/04/2011, a pag. 14, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " Sul pacifista ucciso Hamas racconta una storia assurda". Dall'OPINIONE, a pag. 12, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " Come Hamas 'vendica' Arrigoni ". Ecco gli articoli:
LIBERO - Angelo Pezzana : " Sul pacifista ucciso Hamas racconta una storia assurda"
Angelo Pezzana
È molto probabile che non sapremo mai la verità sulla morte di Vittorio Arrigoni, l’atti - vista italiano rapito, torturato e poi ucciso a Gaza da un gruppo salafita, come è stato scritto. Una storia che, fin dal suo inizio, ci era già sembrata troppo poco credibile, per non destare sospetti. Gaza è governata con il pugno di ferro da Hamas, una branca locale dei Fratelli musulmani, difficile immaginare che un gruppo ancora più estremista possa essersi radicato fino al punto di organizzare un rapimento finalizzato a ottenere la liberazione di alcuni carcerati. Anche ammesso che questo sia stato davvero il motivo del rapimento, non si capisce come Hamas avrebbe potuto accettare il ricatto «o liberate i prigionieri entro trenta ore oppure uccidiamo l’ostaggio», come avevano chiesto i rapitori, quando l’intero territorio della Striscia è sotto il suo totale controllo. Ma se questo era il loro fine, perché ucciderlo praticamente subito dopo averlo rapito? SCANDALOSO Arrigoni era nella Striscia da tre anni, nei quali, se possibile, aveva persino superato Hamas nel suo odio viscerale contro Israele. Trentasei anni, le braccia ricoperte di tatuaggi, muscoli macho bene in vista grazie agli esercizi in una palestra di Gaza city, non era però il prototipo del fanatico convertito all’islam, come se ne trovano spesso fra i giovani convertiti occidentali. Aveva, al contrario, mantenuto quelle caratteristiche laiche che ne facevano sì un fedele alleato del movimento terrorista, ma non un uomo di fede. Hamas tesseva le sue lodi, ma avvertiva un certo imbarazzo dalle dichiarazioni che Arrigoni confidava su molti blog, in aperto contrasto con le incarcerazioni, la repressione dura che Hamas imponeva nella striscia. E poi c’erano quelle voci, che imputavano a Arrigoni l’introduzione a Gaza di non meglio specificati «vizi occidentali », sufficienti a creare, se spiegati meglio, un forte disagio da parte di Hamas. Arrigoni, da fedele, fanatico entusiasta, stava forse trasformandosi in una minaccia. Difficile però ribaltare con una accusa quella popolarità che in tre anni di assoluta militanza si era conquistata. A Gaza, e in molti Paesi islamici, l’accusa di comportamenti sessuali non ortodossi può portare anche alla condanna capitale, ma con Arrigoni come giustificarla di fronte a una opinione pubblica occidentale che non l’avrebbe tollerata, anche se, grazie a una abile propaganda terzomondista persino al Gay Pride di Madrid è stata respinta la partecipazione degli omosessuali israeliani, non perché gay ma perché israeliani. Può però accadere qualcosa che commuove invece di indignare, Arrigoni trucidato da dei “cattivi” che, con il loro atto, fanno persino sembrare Hamas un movimento rispettabile. IL PAESE SBAGLIATO Un’abile regia, con la forte collaborazione di una madre per nulla interessata a capire cosa sia accaduto veramente al proprio figlio, dedita unicamente a salvaguardarne la memoria di eroe, di nemico di Israele, preoccupata persino di occultare quei «vizi occidentali » che sono costati, loro sì, forse, la vita di Vittorio. Se servirà allo scopo, potrà persino spuntare una “fidanzata” in lacrime per completare la figura del martire. Povero Arrigoni, a pochi chilometri da Gaza avrebbe trovato un Paese nel quale avrebbe potuto occuparsi del prossimo senza pagare con la vita la sua passione. Ma, come dicevamo all’inizio, difficile sapere davvero come è andata, la regia è stata molto attenta, e Arrigoni è diventato il martire che Hamas attendeva.
Sfruttare la morte di Arrigoni per giustificare la ripresa del tiro a bersaglio con razzi Qassam e Grad contro Israele. Hamas è stata capace anche di questo e proprio ieri sono arrivati i primi ordigni su Ashkelon e Ashdod, due città israeliane al confine con Gaza, da sempre bersagliate negli anni passati da parte dei terroristi della Striscia. La cosa cinica è che adesso Hamas invoca la morte del povero e ingenuo attivista italiano per violare quello stesso “cessate il fuoco” unilateralmente dichiarato, ma solo a parole, da Haniyeh e soci lo scorso 6 aprile. Secondo un rapporto di Debka.com. il sito internet dato per vicino all’intelligence israeliana, Hamas sarebbe stata mossa da quattro tipi di motivazioni. La prima: la freddezza con cui il governo Nethanyahu aveva giudicato l’iniziativa di Hamas, ha fatto capire agli uomini di Haniyeh che comunque l’omicidio del ragazzo dello scuolabus, e i numerosi attacchi delle scorse settimane a colpi di Grad e Qassam, non sarebbero rimasti impuniti. Inoltre fa paura il nuovo sistema di protezione anti missile recentemente adottato, la cosiddetta “cupola di ferro” (Iron Dome), che di fatto potrebbe vanificare le azioni di guerriglia che vanno avanti da anni. Così i capi militari di Hamas, constatato che le due Iron Dome installate ad Ashkelon e Beersheba comunque non avrebbero potuto proteggere almeno un milione di altri cittadini israeliani che vivono a portata di razzo da Gaza, hanno deciso di mettersi alle spalle il cessate il fuoco. La seconda ragione: Hamas ha capito che il resto del mondo arabo ha accolto con freddezza la trovata del “cessate il fuoco” e che, a parte Amr Moussa e la Lega Araba che parlano di “No fly zone” su Gaza, una vera e propria follia oltre che una provocazione, gli altri paesi del Golfo sono preoccupati della vicinanza e della consonanza tra il movimento di Haniyeh e i desiderata dell’Iran di Ahmadinejad. Hamas quindi ricorre a una nuova escalation di violenza per rompere il proprio isolamento nel mondo arabo. Terza ragione: con la prospettiva dell’arrivo della seconda Flottilla per Gaza a maggio, Hamas ha bisogno di tenere sulla corda i nervi dell’esercito e della popolazione di Israele per sfruttare l’impatto che i “pacifinti” e gli “utili idioti” potranno avere sull’opinione pubblica mondiale. Quarta e ultima ragione: l’uccisione di Arrigoni è coinciso con il primo accordo di cessate il fuoco e di deposizione delle armi da parte dei trafficanti di armi e droga del Sinai, che sono in genere uomini di clan di popolazioni beduine, i quali per la prima volta nella loro storia sembrano finalmente volersi assoggettare all’Egitto. Per ottenere questo risultato, ça va sans dire, il governo provvisorio del Cairo, cioè l’esercito, ha dovuto chiedere aiuto proprio a Israele.
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