L'unica soluzione ai problemi del Medio Oriente
di Mordechai Kedar
(traduzione di Laura Camis de Fonseca)
E’ ormai evidente l’instabilità sociale di molti stati arabi, dopo che i disordini di piazza hanno già cacciato due presidenti - in Tunisia e in Egitto - e messo in difficoltà la struttura di governo in Libia, Yemen, Marocco, Siria e Bahrein. Le fiamme si sono propagate con facilità e velocemente da paese a paese grazie ad una caratteristica comune: si tratta di stati governati da regimi dittatoriali privi di legittimazione, che trattano con durezza una popolazione affamata e negletta, che ora vuole porre fine all’oppressione e all’umiliazione. Il problema fondamentale degli stati del Medio Oriente è che non godono di legittimità agli occhi dei loro stessi cittadini perché i loro confini sono stati tracciati dagli interessi coloniali europei. I confini di Bangladesh, Pakistan, Afghanistan, Iran, Iraq, Giordania, Israele, Egitto, Sudan, Yemen ed Emirati del Golfo sono stati tracciati dall’Inghilterra; nel tracciare quelli di Marocco, Algeria, Tunisia, Siria e Libano è stata determinante la Francia; i confini della Libia furono responsabilità dell’Italia. All’interno delle frontiere vennero raggruppati gruppi religiosi, etnici, tribali che non erano mai riusciti a vivere insieme in pace. Il mosaico umano degli stati arabi è tradizionalmente attraversato da molte componenti in contrasto fra loro: A) quelle dell’etnia: arabi, curdi, turcomanni, persiani, berberi, nubiani, circassi, armeni, greci ed altri; B) quelle della religione: musulmani, cristiani, drusi, alawiti, bahai, ahmadi, yazidi, sabei, mandei, zoroastriani ed ebrei; C) quelle degli scismi religiosi: sunniti, sciiti, sufi, cattolici, protestanti, ortodossi D) quelle tribali: centinaia di tribù grandi e piccole popolano i deserti, le aree rurali e le città. Tutti gli stati arabi, eccetto gli Emirati, sono conglomerati di gruppi diversi: in Iraq vivono arabi, curdi, turcomanni e persiani, che professano almeno sette religioni; i musulmani sono sia Sciiti che sunniti, e la maggior parte della popolazione si riconosce nell’appartenenza a diverse tribù. Saddam Hussein impose la sua tribù Dulaim in Iraq, e con uno spietato regime provocò la morte di un milione di iracheni nella guerra con l’Iran dal 1980 al 1988. In Siria la popolazione è formata da arabi, curdi e turcomanni, che sono musulmani, cristiani, drusi o alawiti. I musulmani sono sia sciiti che sunniti, e in alcune zone è decisiva anche l’appartenenza tribale. Gli alawiti, un gruppo di tribù che venerano idoli, detengono il potere, mentre le altre fedi debbono accettare il dominio di ‘infedeli’ privi di legittimità. In Giordania la popolazione è araba e circassa, gli arabi sono sia palestinesi sia beduini, governati da una famiglia reale che giuns dall’Arabia Saudita all’epoca degli inglesi. In Libia, dove nel 1969 il colonnello Muhammar Gheddafi ha imposto il potere della sua tribù Qaddaf a-Dam (‘spargitori di sangue’), ci sono dozzine di tribù. Perché lo stato sia considerato legittimo dalla maggioranza dei suoi cittadini occorre che dia forma politica ai loro bisogni nazionali, comunali, storici e – anche – religiosi. In Israele lo stato è la realizzazione del sogno di 60 generazioni di ebrei a partire dalla distruzione del regno di Giuda in Israele nel 70 d.C. Neppure uno degli stati arabi realizza le speranze storiche della maggioranza dei suoi cittadini. In Israele e negli stati nazionali europei, il governo è eletto per alcuni anni, alla fine dei quali le sue azioni sono sottoposte al pubblico giudizio e il suo mandato è rinnovato o sostituito tramite elezioni. Nel mondo arabo invece lo stato è considerato illegittimo dalla maggioranza di cittadini, perché le frontiere sono state tracciate dagli interessi coloniali, non rappresenta quindi la volontà politica della popolazione, e perché il gruppo di potere governa con il pugno di ferro e con l'uso della tortura da parte dei servizi di sicurezza. Il solo gruppo che riconosce la legittimità dello stato è la minoranza al potere, che controlla i mezzi di informazione – giornali, radio, televisione - allo scopo precipuo di creare consenso per lo stato e il regime. Questi mezzi di informazione distorti operano secondo il modello della Pravda (‘verità’) sovietica. Statue del ’capo‘ riempiono le piazze, ritratti formato gigante coprono le facciate degli edifici, secondo un culto della personalità intenso e tronfio. Anche il sistema educativo è mobilitato per sostenere l’immagine del dittatore, che viene presentato come un duce amato dalla popolazione. E poiché i regimi privi di legittimità hanno bisogno di un nemico esterno per stringere i ranghi dietro il leader, questi tende a portare il paese in guerre e conflitti. Ma più i regimi tentano di giustificarsi agli occhi dei cittadini, meno ci riescono. Lo stato arabo moderno ha fallito, in quanto organizzazione politica, nel suo scopo primario: radicarsi nel cuore dei cittadini, in modo che il centro della loro lealtà non sia più l’appartenenza originaria all’etnia, alla religione, alla tribù. Questo è visibile soprattutto in Siria, dove il regime ha tentato di diminuire l'influenza dell’Islam sulla popolazione, perché l’Islam è ostile al dominio degli infedeli alawi. La conseguenza fu che i Fratelli Musulmani divennero il gruppo preminente fra i sunniti fino al 1976-1982, diventando una minaccia reale alla sopravvivenza del regime, per cui venne brutalmente eliminato dal governo, in sette anni ne vennero uccisi cinquantamila uomini, donne e bambini compresi.
Il modello opposto
Nove stati arabi, gli Emirati del Golfo, non seguono questo schema: il Qatar e il Kuwait, stati indipendenti, e i sette Emirati Arabi Uniti: Abu Dhabi, Dubai, Ajman, Fujairah, Ras al-Khaimah, Sharjah e Umm al-Quwain. Ogni Emirato ha come base la tribù cui appartiene la maggioranza dei cittadini. La legge nazionale rispecchia le tradizioni tribali; dato che i capi sono l’elite tradizionale della tribù, lo stato viene percepito come legittimo dai cittadini di origine tribale. La stabilità sociale, insieme alla legittimità dei governi, è caratteristica degli Emirati, che hanno economie ben sviluppate, grazie allo sfruttamento del petrolio. Dubai, che non ha né petrolio né gas, basa l’economia sul commercio e sull’edilizia. Invece la frammentazione e la conflittualità della società irachena, con la sua molteplicità religiosa, etnica e tribale, non riesce a creare un sistema sociale stabile; di conseguenza anche l’economia è in crisi, nonostante le sue immense riserve petrolifere. Bahrein, altro stato del Golfo, presenta anch'esso le stesse caratteristiche fallimentari, perché la maggioranza sciita, governata da una minoranza sunnita, non riconosce la legittimità dello Stato. Ne segue una grande instabilità, con l’Iran che influenza gli sciiti, incitandoli contro il governo. Quanto più uno stato arabo moderno rispecchia la società tradizionale e si basa sull’omogeneità etnica, religiosa e tribale, tanto più è legittimato, stabile, pacifico e poco dittatoriale. Mentre i paesi composti di gruppi rivali sono più instabili, godono di minore legittimazione, sono più dittatoriali e pronti alla guerra
Che fare?
Per portare calma e stabilità al Medio Oriente non c’è altro modo che lasciare che gli attuali stati arabi, quelli i cui confini furono stabiliti dal colonialismo, collassino e si frantumino in stati più piccoli, fondati su gruppi omogenei. Permettere ai cittadini di decidere su quale gruppo costruire il futuro Stato è l’elemento centrale del processo. E’ ora di riflettere sul colonialismo e sull’eredità problematica che ha lasciato al mondo arabo. Gli Stati legittimi, creati su gruppi sociali tradizionali, potrebbero poi creare alleanze, federazioni e altri tipi di unione. Come è avvento nel Golfo: ognuno dei sette Emirati Uniti è completamente indipendente, gli Emirati e il Kuwait, il Qatar e l’Arabia Saudita hanno creato il Consiglio di Cooperazione del Golfo, un organismo efficace di sicurezza, che ha anche mandato forze armate in Bahrein per riportato l’ordine dopo le rivolte della maggioranza sciita. I mali cronici del mondo arabo, immersi in corruzione, povertà e violenza, che derivano dal fallimento degli stati arabi moderni nel divenire il punto focale dell’identità individuale e collettiva, saranno alleviati soltanto dalla costituzione di Stati omogenei che rispecchino la struttura tradizionale della società araba. La creazione di stati legittimi che provvedano al benessere, alla salute e al lavoro dei cittadini ridurrà considerevolmente l’emigrazione in Europa e in altri paesi occidentali. L’Afghanistan è il primo candidato per questa soluzione, l’unica che possa riportare la calma in un paese con più di dieci gruppi etnici, privo della base per formare e mantenere una sola entità politica. Anche l’attuale crisi libica offre una opportunità storica per dividere il paese in zone tribali omogenee, che saranno legittimate e stabili. E’ ancora possibile dividere l’Iraq in Stati omogenei, e se le crisi interne non riuscissero a trovar soluzione, sarebbe saggio proporre la creazione di Emirati Iracheni sulle rovine dell' Iraq fallimentare. I curdi iracheni già attuano questo progetto, avendo proclamato il proprio Stato nel nord. Anche il Sudan e lo Yemen, paesi fortemente tribali, sono vicini al punto di rottura. L’Occidente dovrebbe riconoscere l’emergere di questa tendenza e incoraggiare lo smantellamento di stati arabi eterogenei ormai falliti per sostituirli con stati omogenei e legittimi. Può trattarsi di un processo lungo e difficile, ma è la sola via per portare stabilità e prosperità al Medio Oriente.
(da Middle Eastern Insights di Aprile 2011)
Mordechai Kedar fa parte del Centro Studi sul Medio Oriente e sull’Islam della Università Bar Ilan, Israele. Collabora a Informazione Corretta.