La Commissione europea non equiparerà i crimini nazisti con quelli comunisti, come avevano richiesto i paesi europei che erano stati vittime dei regimi comunisti.
Il rifiuto è non solo motivato ma rivela quanto una richiesta mal formulata ottenga un doppio risultato negativo. Già equiparare crimini politici non ha senso, vanno giudicati per quello che sono stati. In questo caso però, la richiesta respinta ha avuto il paradossale finale di incoraggiare i nostalgici del comunismo.
Andava chiesta la condanna dei comunismo 'tout court', un regime criminale ovunque sia stato imposto. Non è andata così, peccato.
Ecco la cronada di Luigi Offeddu sul CORRIERE della SERA di oggi, 23/12/2010, a pag. 21, con i, titolo " Ue, no alla legge sul 'negazionismo rosso' "
BRUXELLES — Niente legge sul «doppio genocidio» , o sul «negazionismo rosso» : l’Europa non punirà nei suoi tribunali, come invece avevano chiesto l’Ungheria e altri cinque Paesi dell’Est, chi nega o sminuisce i crimini storici del comunismo. Lo ha deciso la Commissione europea, prendendo atto delle troppe differenze esistenti fra le varie legislazioni nazionali, e dell’immenso divario di opinioni su una materia così delicata: si continuerà a tenere sotto osservazione il problema, ma almeno per ora niente direttive comunitarie. Le norme già previste in varie nazioni per la tutela della memoria dell’Olocausto, delle vittime di Hitler, non si applicheranno dunque anche alla memoria delle vittime di Stalin e dei regimi «fratelli» . Ungheria, Romania, Lituania, Lettonia, Bulgaria, Repubblica Ceca: questi sei Paesi, già appartenenti all’orbita sovietica, poco tempo fa avevano chiesto che i crimini del comunismo venissero «trattati secondo gli stessi standard» applicati a quelli del nazismo. E che venissero considerati un reato penale «il diniego, la volgare trivializzazione, l’indulgenza pubblica» verso l’operato sanguinoso della autorità staliniste nel Novecento. La decisione della Commissione europea non è puramente amministrativa, né si basa soltanto sulla diversità di pareri in Europa, ma chiama in causa anche orientamenti politici, ideologici, storiografici: come ha spiegato ieri un portavoce della commissaria Ue alla Giustizia Viviane Reding, «è ovvio che quei regimi hanno commesso atti orrendi, ma non hanno preso di mira minoranze etniche» . Come, invece, hanno fatto i leader del Terzo Reich germanico. E c’è molto di più: sulla posizione assunta ieri da Bruxelles avrebbe influito anche il «pressing» operato nelle ultime settimane dalla Gran Bretagna, dalla Francia e da altri Paesi, sempre più preoccupati per la deriva negazionista che sarebbe in corso in Lituania, Ungheria, e in genere nell’Est. È stato ad esempio per le pressioni di Londra, Parigi, Amsterdam, L’Aja, Stoccolma e altri Paesi, che ha dovuto presentare le sue dimissioni Petras Stankeras, storico lituano e fino a due settimane fa dirigente del ministero degli Interni nel suo Paese: aveva detto e scritto che il processo di Norimberga «ha fornito una base legale alla leggenda dei sei milioni di ebrei presunti morti ammazzati» , provocando così le proteste di vari ambasciatori. Quasi negli stessi giorni la rappresentanza diplomatica lituana presso la Ue, a Bruxelles, sosteneva che i lituani massacrati o perseguitati da Stalin sono molti di più dei loro concittadini ebrei che hanno perso la vita e la libertà per mano di Hitler. E un tribunale di Vilnius spiegava come non sia reato esporre la svastica, «simbolo tradizionale lituano» . Corsi e ricorsi della storia: settant’anni fa Ernst Schäfer, l’esploratore e zoologo tedesco arruolato nelle SS, e fra l’altro frequentatore entusiasta delle foreste baltiche, andava a caccia di svastiche nei templi del Tibet per dimostrare che quel simbolo accomunava le più antiche culture dell’Asia all’arianesimo in versione nazista.
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