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Il Foglio - Corriere della Sera Rassegna Stampa
10.11.2010 Fallito il processo contro Geert Wilders
Ma Valentino continua ad accusarlo

Testata:Il Foglio - Corriere della Sera
Autore: La redazione del Foglio - Paolo Valentino
Titolo: «In Olanda fallisce la purga per 'rieducare' il reprobo Wilders - Il 'laboratorio Olanda' che si affida al populismo»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 10/11/2010, a pag. 3, l'articolo dal titolo " In Olanda fallisce la purga per 'rieducare' il reprobo Wilders ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 21, l'articolo di Paolo Valentino dal titolo " Il 'laboratorio Olanda' che si affida al populismo ", preceduto dal nostro commento.
Ecco gli articoli:

Il FOGLIO - " In Olanda fallisce la purga per 'rieducare' il reprobo Wilders "


Geert Wilders con il suo avvocato, Bram Moskowitz

Roma. “Non ha incitato all’odio razziale, né ha discriminato l’islam”. E’ fallito ancor prima dell’esito finale il processo a Geert Wilders, il controverso politico olandese decisivo nel governo di minoranza all’Aia. La procura olandese, dopo aver letto le interviste e gli articoli di Geert Wilders, ha deciso che il leader antislamista non è colpevole delle accuse a suo carico. “Wilders – ha detto a chiare lettere nella requisitoria il procuratore Birgit van Roessel – ha fatto le sue dichiarazioni in quanto uomo politico e riteniamo che, per aver pronunciato certe frasi in un dibattito pubblico, questo non lo renda punibile”. Pur ammettendo che alcune frasi di Wilders “possano ferire e addolorare molti musulmani quando si chiede di proibire il Corano”, ha argomentato il procuratore, “non vuol dire che i sentimenti debbano essere usati per verificare se ci sono estremi penali”. Wilders è l’uomo del momento della politica olandese e il successore ufficioso di quell’altra stella della nuova destra antiislamica olandese, Pim Fortuyn, vittima di un attentato politico nel 2002. Quello che il maggiore quotidiano olandese Der Telegraaf aveva definito “il processo del secolo”, si era da giorni arenato. Poi il procedimento è stato invalidato dalla Corte di Appello di Amsterdam, per irregolarità e vizi di procedura, e dovrà ricominciare da capo con un nuovo collegio di giudici. Wilders rischiava fino a sedici mesi di carcere e una multa di 10mila euro, pur conservando il proprio seggio in parlamento. Il suo avvocato Bram Moszkowicz aveva denunciato che il processo era “un tentativo di imbavagliare uno dei principali esponenti politici olandesi”. Il Telegraaf ha infatti rivelato che l’indagine contro il leader del Partito per la libertà (che ha triplicato i suoi voti nelle ultime elezioni) è stato personalmente voluto e diretto dall’ex ministro della Giustizia e grande avversario politico di Wilders, Hirsch Ballin. La procura durante il processo ha abbandonato la maggior parte delle accuse perché manifestamente infondate. La corte ha rifiutato di sentire un testimone chiave che era stato contattato dall’accusa per convincerlo a volgere la sua testimonianza contro Wilders. Il risultato è che il processo Wilders ha “backfired”, commesso autogol, come ha scritto il Wall Street Journal. Ballin era già finito sotto accusa quando aveva deciso di revocare la protezione ad Ayaan Hirsi Ali, la dissidente somala apostata dell’islam che scrisse il copione del film “Submission”, costato la vita a Theo van Gogh. Sempre Ballin aveva fatto addirittura arrestare il vignettista Gregorius Nekschot, per alcune caricature provocatorie sull’islam. L’arabista Hans Jansen, considerato il massimo islamologo in Olanda e docente all’Università di Utrecht, avrebbe dovuto testimoniare in aula. La sera prima però era stato contattato dall’accusa per “convincermi della correttezza della decisione di processare Wilders”. La purga è così diventata una farsa, mentre dall’Afghanistan arrivavano minacce all’intero paese se al governo fosse passata la linea Wilders (come la messa al bando del burqa). Un portavoce dei talebani, Zabiullah Mujahed, ha avvertito che “se l’Olanda intensifica le politiche contro la popolazione musulmana, subirà attacchi da parte di gruppi jihadisti”. A ottobre anche i talebani pakistani avevano minacciato l’Olanda attraverso il comandante Wali-ur-Rehman. Il processo a Wilders non è l’unico sull’islamofobia in Europa. In Francia c’è stato nel 2002 il processo (poi decaduto) a Michel Houellebecq, il noto romanziere francese che fu trascinato in giudizio dalla Lega araba e dalla Lega islamica mondiale per una dichiarazione sul mensile Lire. Houellebecq aveva attaccato l’ipocrisia del mondo islamico, riferendosi alla condizione della donna e ai turisti sessuali arabi “che quando vanno in Thailandia sono molto più frenetici degli occidentali nella ricerca del piacere”. Poi Houellebecq aveva detto che “l’islam è una religione pericolosa, fin dalla sua apparizione”. Per un vizio di forma un tribunale di Parigi aveva annullato anche il processo contro il libro “La rabbia e l’orgoglio” di Oriana Fallaci. In Danimarca il giornale Jyllands-Posten, che ha pubblicato le vignette su Maometto, è stato scagionato dalle accuse di razzismo perché “ha ritratto figure religiose e non i musulmani in generale”. Uno degli esempi più eclatanti è stato il processo intentato, sempre in Francia, dall’Unione delle organizzazioni islamiche e dalla Grande Moschea di Parigi contro la rivista satirica Charlie Hebdo, “colpevole” di aver ripubblicato le vignette danesi. Nel marzo 2008 la Corte d’Appello di Parigi ha respinto ogni accusa poiché le caricature “non costituiscono un oltraggio, né un attacco personale e diretto contro un gruppo di persone in virtù della loro appartenenza religiosa e non valicano il limite ammesso della libertà di espressione”. Il giurista finlandese Jussi Halla-aho è invece stato riconosciuto colpevole di incitamento all’odio per aver postato sul proprio blog frasi poco benevole su Maometto. In Austria Elisabeth Sabaditsch Wolff, una nota attivista dei diritti umani che ha sempre vissuto nei paesi islamici, è ancora sotto processo per “incitamento all’odio”. La sua “colpa” è stata di aver denunciato il jihadismo in Europa. In Inghilterra decisivo è stato il caso di Rachel Ehrenfeld, la studiosa americana autrice di “Funding Evil”. Aveva venduto appena 23 copie in Inghilterra, tramite Amazon. Sufficienti però affinché un ricco uomo d’affari saudita la denunciasse a Londra e venisse premiato con 130 mila sterline di danni e spese. La dottoressa Ehrenfeld, una delle autorità mondiali in materia di finanziamento occulto al terrorismo, aveva seguito le tracce lasciate dalle varie organizzazioni non governative che servono da facciata per l’incanalamento dei fondi occulti verso al Qaida. Ehrenfeld ancora oggi non può mettere piede nel Regno Unito, dove è in debito di 110 mila sterline. Sempre in Inghilterra ha avuto vita tragica “The Jewel of Medina”, il controverso romanzo della giornalista americana Sherry Jones sulla vita della terza moglie di Maometto. Oltreoceano invece il celebre columnist Mark Steyn, autore del best seller “America alone”, è finito sotto processo (e assolto) per islamofobia in Canada. Il testo incriminato, “The future belongs to islam”, era apparso sulla prestigiosa rivista Macleans, per la quale scriveva anche Mordechai Richler. Se l’Economist aveva parlato di “polizia del pensiero”, l’Ottawa Citizen aveva parlato di tribunali “neo maoisti”, il cui scopo sarebbe la “rieducazione”. In Olanda l’accusa a Wilders era stata messa su dalla crema dell’attivismo progressista.

CORRIERE della SERA - Paolo Valentino : " Il 'laboratorio Olanda' che si affida al populismo "


Geert Wilders

L'antipatia che Valentino nutre per Geert Wilders risulta evidente dalla descrizione che ne fa : " Nell’Europa dei nuovi nazionalismi, che dalla Scandinavia al Danubio vede avanzare partiti e movimenti di estrema destra xenofoba, Geert Wilders è sicuramente il fenomeno centrale, quello più sfaccettato e complesso. ". Il paragone fra Geert Wilders e i partiti di estrema destra xenofoba non regge. Geert Wilders non ha nulla a che vedere con persone come Gabor Vona, fondatore di Jobbik, partito nazionalista antisemita di estrema destra ungherese. Wilders si oppone all'islamismo e alla sua conseguente islamizzazione dell'Europa, al terrorismo islamico.
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Carismatico, elegante, eloquente, narcisista fino a sfiorare il ridicolo con l’ossessione di ossigenarsi la folta criniera di capelli che è ormai la cifra della sua immagine ". Che cosa c'entra la tirata sui capelli? Ammesso che Wilders si tinga di biondo platino, quale sarebbe il nesso con le sue azioni politiche? Valentino continua : "Wilders incarna una speciale qualità di populismo. Quello ferocemente anti-islamico di chi denuncia il Corano come programma politico totalitario, vuole imporre una tassa a chi indossa il burqa e soprattutto bloccare completamente l’immigrazione dai Paesi musulmani verso l’Europa.". Wilders non è un populista, semplicemente è una persona che ci vede bene, che ha compreso che cosa sta succedendo in Europa. Purtroppo sono in pochi ad averlo compreso. Denunciare la violenza connessa all'islam e prendere le dovute contromisure non significa essere razzisti nè islamofobi.
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 Ma identificando il nemico nell’Islam e non negli stranieri, costruendo abilmente la sua retorica in termini di libertà e non di razzismo, egli si accredita a difensore dell’Occidente e dei suoi valori, riuscendo a far propri anche temi tipici della sinistra progressista, come l’emancipazione della donna e la difesa dei diritti degli omosessuali. ". Non è ben chiaro dove voglia arrivare Valentino, prima accusa Wilders di essere di estrema destra per le sue posizioni sull'islam, poi specifica (correttamente) che il politico olandese ha fatto proprie alcune battaglie per i diritti di donne e omosessuali tipiche della sinistra. Non è possibile farlo? Questo dimostra solo che Wilders pensa con il proprio cervello, che non esegue gli ordini del partito, ma che si muove secondo i propri ideali. E' razzista e di estrema destra una persona che auspica che le donne godano degli stessi diritti degli uomini? E' razzista una persona che si batte perchè gli omosessuali non vengano discriminati? E' pericolosa per l'Europa e la democrazia olandese una persona che vuole escludere dal proprio Paese la fonte del terrorismo e dell'odio anti occidentale?
Valentino conclue il suo ritratto con questa frase : "
Di più, Wilders è lontano da ogni sospetto di antisemitismo, con il suo sostegno incondizionato e molto pubblicizzato a Israele.". L'appoggio di Wilders a Israele non è frutto di un calcolo elettorale, ma deriva dal fatto che egli ha ben compreso che lo Stato ebraico è l'unica democrazia in Medio Oriente. Difendere Israele significa difendere le democrazie occidentali.
Ecco l'articolo:

L’AJA — C’era un clima eccitato e nervoso, la settimana scorsa, al Parlamento olandese. Apparivano uno sbiadito ricordo i giorni in cui le dichiarazioni programmatiche di un nuovo governo seguivano rituali dimessi e rilassati, compreso l’arrivo quasi inosservato del Primo ministro in bicicletta. Severissime misure di sicurezza, controlli identici a quelli di un aeroporto. Secondo una procedura introdotta ormai da diversi anni, i pass rilasciati ai visitatori, giornalisti inclusi, si possono usare una volta sola agli sbarramenti magnetici, poi bisogna farli riattivare altrimenti tutto si blocca.

Sono stati necessari quattro mesi di consultazioni, per mettere insieme il primo esecutivo minoritario del Dopoguerra: è toccato a Mark Rutte, 43 anni, guidare una coalizione moderata tra i liberali del suo Vvd e i cristiano-democratici del Cda. Ma l’attesa e il fremito erano tutti per il nuovo padrone della maggioranza, l’uomo che in pochi mesi ha cambiato la politica olandese: forte del 15% ottenuto in giugno dal Pvv, il Partito della libertà che ha fondato e gestisce da monarca assoluto, Geert Wilders ha venduto a caro prezzo l’appoggio esterno al nuovo governo. Gedoogd, tollerato, è la parola olandese che definisce la nuova situazione politica. È la stessa usata per il consumo di marijuana nei coffee-shop di Amsterdam. Ed è un paradosso verbale di rara efficacia: la tolleranza di Wilders, negoziata e accettata da Rutte, segna di fatto lo sdoganamento di un’intolleranza fin qui sconosciuta o quanto meno nascosta dal Paese gentile.

Nell’Europa dei nuovi nazionalismi, che dalla Scandinavia al Danubio vede avanzare partiti e movimenti di estrema destra xenofoba, Geert Wilders è sicuramente il fenomeno centrale, quello più sfaccettato e complesso. Carismatico, elegante, eloquente, narcisista fino a sfiorare il ridicolo con l’ossessione di ossigenarsi la folta criniera di capelli che è ormai la cifra della sua immagine, Wilders incarna una speciale qualità di populismo. Quello ferocemente anti-islamico di chi denuncia il Corano come programma politico totalitario, vuole imporre una tassa a chi indossa il burqa e soprattutto bloccare completamente l’immigrazione dai Paesi mus u l mani verso l’Europa. Ma identificando il nemico nell’Islam e non negli stranieri, costruendo abilmente la sua retorica in termini di libertà e non di razzismo, egli si accredita a difensore dell’Occidente e dei suoi valori, riuscendo a far propri anche temi tipici della sinistra progressista, come l’emancipazione della donna e la difesa dei diritti degli omosessuali. Di più, Wilders è lontano da ogni sospetto di antisemitismo, con il suo sostegno incondizionato e molto pubblicizzato a Israele.

Nessuno ha mai potuto dimostrare che Heinrich Heine abbia veramente detto di voler «andare in Olanda, quando ci sarà la fine del mondo, perché lì tutto accade con vent’anni di ritardo». Vero o falso, è certo che oggi il grande romantico tedesco si sentirebbe smentito dai fatti. Il Paese che ha combattuto una sola, vera guerra, quella con l’acqua per la conquista del suo spazio vitale, diventa una specie di laboratorio. Per assicurarsi i voti del tribuno populista che paragona il libro del Profeta al Mein Kampf di Hitler, Rutte ha promesso molto: dimezzare il flusso di immigrati dai Paesi poveri extra-europei, scoraggiare il ricongiungimento delle famiglie, imporre corsi di lingua obbligatori per chi chiede un permesso di residenza, facilitare l’espulsione di chi commette reati, aumentare i poteri della polizia. E se il nuovo ministro degli Esteri, il liberale Uri Rosenthal, porrà un argine all’antieuropeismo furioso di Wilders, è chiaro che una fase volge al termine nel lungo innamoramento dell’Olanda con l’integrazione europea. «Il Paese si allontana dal solco della sua Storia, diventando meno tollerante, meno europeo, più rivolto su se stesso», dice Henk Overbeek, docente di relazioni internazionali all’Università di Amsterdam, secondo il quale «una parte crescente della popolazione si sente abbandonata dai partiti tradizionali e questo crea un terreno fertile per il populismo di Wilders». Per Overbeek, «la rinascita del nazionalismo ha a che fare con il senso di alienazione pr ovocat o dalla globalizzazione».

Quando Wilders è apparso all’improvviso nel foyer del Parlamento, era protetto da sei agenti. Si è infilato subito in Aula. Vive sotto scorta, abita in una località segreta, nessuno lo ha mai visto in un ristorante, un cinema, un teatro. Molto è cambiato in Olanda dal 2002, quando l’assassinio di un altro leader di estrema destra, Pim Fortuyn, segnò la fine del lungo congedo olandese dalla Storia. Due anni dopo, l’uccisione per mano di un fondamentalista di Theo van Gogh, il regista urticante, che aveva denunciato il trattamento delle donne nel mondo islamico, amplificò a dismisura l’ansia di vasti strati della popolazione verso l’Islam. Ora è Wilders a rischiare.

Nei canali, al porto di Scheveningen, tra le sue strade pulite e ben tenute, nell’apparente e civile mescolarsi di colori ed etnie, L’Aja sembra riproporre il disagio dell’abbondanza che ha reso celebri i Paesi Bassi. Continuano a non esserci tendine alle finestre delle case, perché tutti possano guardare dentro. «Come fallito?», ha titolato lo studioso Frans Verhagen il libro nel quale ha raccontato «i fatti reali dell’integrazione in Olanda». Per lui il voto a Wilders, è voto di protesta: «Contro l’establishment, contro l’eccessivo squilibrio di potere a favore dei protestanti verificatosi negli anni dell’ex premier Balkenende. La polemica sugli immigrati islamici è frutto in buona parte di una percezione negativa, che ha pochi riscontri con la realtà. La prova è che Wilders, cattolico del Limburgo, ha vinto soprattutto in quelle aree dove non ci sono immigrati o ce ne sono pochissimi. Lì la paura è irrazionale, la gente teme ciò di cui sente parlare, di cui si discute nella politica e sui media, anche se non lo conosce». «Questo rimane il Paese più sicuro della storia umana, anche se a chi vota Wilders pare di vivere nel terrore», aggiunge Simon Kuper, il giornalista che ha inventato il «new football writing», il nuovo modo di scrivere di calcio.

Ma è un’impressione tanto forte, da mettere le ali al tribuno. Tanto più ora, che il processo intentatogli per istigazione all’odio si è risolto con un umiliante dietrofront dei giudici. Il suo vocabolario, che definisce l’Islam una malattia, è duro, provocatorio, finora sconosciuto agli olandesi. «Il pericolo è che la sua retorica spacchi il Paese — ammette Ferdinand Mingelen, decano dei cronisti parlamentari — ma non credo che personalmente sia pericoloso. Negoziare con lui è stato inevitabile. E forse la cosa migliore sarebbe non chiedergli l’appoggio esterno, ma farlo entrare nel governo perché si assuma in pieno le sue responsabilità».

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