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Il Giornale - Corriere della Sera - L'Unità Rassegna Stampa
09.06.2010 Flotilla: si può negare a uno Stato il diritto di difendersi? Per i pacifinti sì
Articoli di Fiamma Nirenstein, Francesco Battistini, Umberto De Giovannangeli

Testata:Il Giornale - Corriere della Sera - L'Unità
Autore: Fiamma Nirenstein - Francesco Battistini - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Ora la sinistra ci ripensa: basta fango su Israele - Andrò a fondo nell’inchiesta. Ma i soldati si sono solo difesi - Macché sconfitti. Ora Gaza è sotto gli occhi del mondo»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 09/06/2010, a pag. 13, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " Ora la sinistra ci ripensa: basta fango su Israele ", seguito dal suo comunicato dal titolo " Inserire IHH nella lista delle organizzazioni terroristiche UE ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 17, l'intervista di Francesco Battistini al generale Eiland dal titolo " Andrò a fondo nell’inchiesta. Ma i soldati si sono solo difesi ". Dall'UNITA', a pag. 28, l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Mairead Corrigan-Maguire dal titolo " Macché sconfitti. Ora Gaza è sotto gli occhi del mondo ", preceduta dal nostro commento.
Ecco gli articoli:

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " Ora la sinistra ci ripensa: basta fango su Israele "


Fiamma Nirenstein

Fiamma Nirenstein : " Inserire IHH nella lista delle organizzazioni terroristiche UE "

Israele è una discussione primaria nel mondo odierno, è il pomo della discordia, il pretesto preferito per attaccare l’Occidente, la migliore arma di legittimazione della vecchia bandiera sovietica totalitaria della pace a strisce, è il tarlo che rode l’anima degli ebrei di sinistra che adorano la loro legittimazione narcisistico-diasporica che li esime dalla poco elegante vicenda di essere un popolo, anzi, una nazione; e soprattutto è la questione che dà agli antisemiti la possibilità di esprimersi sotto copertura e alle maggioranze automatiche dell’Onu quella di farsi forti. È anche il migliore degli stendardi rossi da sventolare davanti al toro islamista, come hanno fatto da Istanbul Ahmadinejad, che di nuovo ha promesso di cancellare Israele, Bashar Assad dalla Siria ed Erdogan, il premier turco che sta costruendo una carriera islamista per il suo Paese sulla minaccia a Israele.

Ma il troppo stroppia e l’immensa quantità di fango rovesciata in questi giorni su Israele ha nauseato anche Bernard-Henri Lévy, uno dei critici più attivi (è autore insieme ad altri del documento detto Jcall della sinistra contro il governo israeliano, e ha subito criticato Israele dopo la vicenda della flottiglia) della politica israeliana: proprio su Haaretz, foglio pacifista e ipercritico, pur conservando le sue riserve sulla «stupidità» dell’operazione e del governo Netanyahu, condanna la disinformazione e la criminalizzazione antisraeliana.

Il mondo ci ripensa, e forse è anche perché la lenta presa di coscienza indebolisce la pressione, Israele si fa coraggio sulla questione della commissione. Gerusalemme ha molte buone ragioni perché Israele rifiuti una commissione internazionale che, secondo il Consiglio per i diritti umani dell’Onu (l’Italia ha votato contro), dovrebbe indagare sul comportamento dello Stato ebraico durante lo sfortunato arrembaggio alla nave Marmara. Il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner la trova una buona idea e per rafforzare il senso della commissione chiede che ne faccia parte la Turchia. Strano, dato il ruolo certo non neutro della Turchia nella vicenda e dato che Erdogan soffia sul fuoco e minaccia, insieme ad Ahmadinejad, di andare sulle coste di Gaza con le proprie navi, e addirittura personalmente.

In genere, le esperienze di Israele con le commissioni di inchiesta, e per di più con le istituzioni dell’Onu, sono disastrose: valga per tutti quella che, diretta dal giudice Goldstone, ha utilizzato solo fonti simpatetiche con i palestinesi per stilare un rapporto devastante sulla guerra di Gaza. Di fatto, esso proibisce a Israele di difendersi e cita solo i testimoni-attivisti che chiamano «civili» corpi armati e scudi umani di Hamas. Israele, che sa giudicarsi molto severamente da sola, come dimostra la commissione Winograd che fu spietata sulla guerra in Libano del 2006 e fece dimettere molti civili e militari, pianifica dunque al momento due commissioni di indagini indipendenti, anche se Netanyahu sta ancora aspettando l’approvazione americana per la seconda: la prima, militare, sarà guidata dal generale Giora Eiland, un personaggio pacato, ammirato per la sua cultura; la seconda dovrebbe essere formata da giuristi locali esperti in legge internazionale e marina e da due giuristi internazionali, di cui uno americano, come osservatori. Non sarà loro compito interrogare i soldati, che Bibi si guarda bene dal mettere sotto accusa direttamente. La commissione dovrebbe esaminare le condizioni dello scontro sulla nave Marmara, la legalità del blocco navale, la questione della “proporzione” nello scontro.

In realtà col passare delle ore, via via che molti osservatori internazionali, la stampa, le tv, Bernard-Henri Lévy e compagni fanno il mea culpa, le circostanze della vicenda della Marmara sono sempre più chiare. Si critica, come molti fanno, la modalità militare dell’attacco, ma che la nave dei «pacifisti» trasportasse dei ceffi armati appartenenti a un’organizzazione che ha fornito armi a Hamas, alla Jihad Islamica e anche ad Al Qaida e che fosse punteggiata di personaggi che volevano guadagnarsi il paradiso diventando shahid, è certo.

Quello che non si riesce a chiarire bene invece è il ruolo della Turchia, che ha varato la flotta benché avvertita del pericolo che comportava; che sapeva chi fossero gli uomini dell’IHH e che tuttavia ha lasciato che si imbarcassero in numero cospicuo senza check in da un porto diverso, che cavalca adesso la vicenda nel modo più plateale, usando Istanbul come piattaforma di lancio di operazioni bellicose. La Turchia agisce con foga in ogni campo: si è presa una reprimenda da Angela Merkel per essersi definita primo ministro dei turchi che vivono in Germania; ha fatto sollevare qualche sopracciglio quando di fatto ha cercato di salvare l’Iran dalle sanzioni offrendosi di arricchirne l’uranio; quando un’installazione di radar dentro la Turchia è crollata improvvisamente mentre la Nato avrebbe avuto bisogno di informazioni sulla Georgia, raggiunta dal radar.

Di grande rilievo il fatto che Abu Mazen si sia recato personalmente da Erdogan per spiegargli che ciò che sta facendo avvantaggia Hamas contro il suo peggior nemico, Fatah. Un incendio come quello che la Turchia minaccia di voler appiccare ai danni di Israele può diffondersi anche a danno degli incendiari.

www.fiammanirenstein.com

Comunicato dell'On.Nirenstein:

"L'organizzazione turca IHH (Insani Yardim Vakfi), che ha organizzato la spedizione tutt'altro che pacifica della "Mavi Marmara", ha tutte le caratteristiche storiche e operative per essere inserita nella lista delle organizzazioni terroristiche europee, così come suggerito ieri dall'European Jewish Congress". Lo dichiara in una nota l'On. Fiamma Nirenstein (Pdl), Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera.

"La definizione dell'Unione Europea di 'terrorismo' - sottolinea Nirenstein - si riferisce a tutti gli individui, gruppi o entità che hanno commesso, tentano di commettere, o agevolano l'attuazione di atti terroristici. Con ’atti terroristici' si intende anche 'la partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, compreso il finanziamento delle sue attività o la fornitura di risorse materiali'.

"Stando a quanto emerso in questi giorni a seguito dei tragici eventi del 31 maggio, come ormai è possibile leggere in numerosi rapporti, l'IHH mantiene stretti legami con Hamas, che è inclusa nella lista delle organizzazioni terroristiche dell'UE dal 2003, e fa parte della "Union of the Good", una organizzazione ombrello islamica affiliata ai Fratelli Mussulmani, che nel 2008 è stata inserita dagli Stati Uniti nella propria black list.

"Negli anni '90 - continua Nirenstein - il governo turco allora in carica indagò l'IHH per i suoi legami con Al Qaeda e per supporto della lotta armata in Afghanistan, Cecenia e Iraq. Nel 1997, una perquisizione delle sedi della presunta Ong turca portò alla scoperta di armi, esplosivi e documenti che ne provavano il legame con gruppi terroristici.

“Già nel febbraio 2009, durante una manifestazione a Gaza, il capo dell'IHH, Bülent Yildirim, aveva parlato di "martirio nel nome di Allah" contro l'embargo della Striscia.  Yildirim è stato anche nel mirino dell'intelligence francese negli anni '90 per supporto e finanziamento di gruppi di fondamentalisti islamici in paesi mussulmani.

"Da ultimo, il terribile atteggiamento aggressivo del gruppo che era presente sulla nave Mavi Marmara - l'unica sulla quale si sono registrate violenze - come documentato dai video, conferma l'atteggiamento aggressivo degli appartenenti all'organizzazione IHH, che con spranghe di ferro, coltelli e da quanto si può vedere nelle foto, anche pistole forse sottratte ai militari, hanno aggredito i soldati israeliani.

"Credo che queste preoccupanti informazioni - conclude Nirenstein - vadano tenute in seria considerazione per valutare lucidamente quanto avvenuto il 31 maggio e che non sia possibile accettare la definizione di Ong pacifista per una organizzazione che per anni ha usato una veste umanitaria per nascondere azioni di supporto al terrorismo e di destabilizzazione dell'area mediorientale".

CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " Andrò a fondo nell’inchiesta. Ma i soldati si sono solo difesi "


Gen. Giora Eiland

GERUSALEMME — Generale Eiland, il governo israeliano l'ha incaricata dell'inchiesta sulla strage della nave Mavi Marmara. Per «esaminare lo svolgimento dei fatti e trarre lezione per il futuro». Qual è stato l'errore principale dei soldati israeliani?

«Non penso ci sia stato un vero errore». Ma hanno sparato sui civili... «C'è una regola che vale in tutto il mondo, per i corpi speciali come per l'ultimo soldato di guardia: in una situazione di pericolo, se non c'è altra scelta, si ha il diritto di difendersi».

Se il mondo si chiede che indagine sarà, quella della commissione militare israeliana nominata dal premier Netanyahu e dal ministro della Difesa, Barak, non deve far altro che ascoltare le parole dell'alto ufficiale che di quella commissione è stato messo a capo: il generale della riserva Giora Eiland, 59 anni, già capo del Consiglio per la sicurezza nazionale, ex consigliere militare del primo ministro Olmert. Il generale Eiland non lavorerà da solo.

«Saremo una squadra di militari ed esperti. Avremo accesso a tutto il materiale disponibile. Dobbiamo consegnare le nostre conclusioni entro il 4 luglio». Su che cosa vi concentrerete? «E' chiaro che c'è stato un errore, ma non dei soldati: lo sbaglio è stato nel sottovalutare chi fossero i passeggeri della nave turca. Negli ultimi due anni, sono state fermate altre sei navi di pacifisti. E anche sulle altre cinque della Freedom Flotilla non c'erano stati problemi: i militari di Forza 13 non avevano motivo d'aspettarsi un comportamento diverso dal solito. State comunque sicuri: verificheremo fino in fondo se non fosse possibile fermare la nave in un altro modo».

Che cosa pensa delle pressioni internazionali per quest'inchiesta? Dall'Onu alla Casa Bianca, dall'Europa al resto del mondo, tutti vorrebbero una commissione internazionale...

«Dico solo questo: se veramente c'è stato un errore, in questa vicenda, è su come ha reagito la comunità internazionale. Fosse successo in qualsiasi altro Paese del mondo, nessuno avrebbe avuto molto da ridire sul comportamento dei soldati».

Però c'è un però: l'operazione è avvenuta in acque internazionali e su territorio turco...

«Ma il problema, più che su com'è stata organizzata o è stata condotta l'operazione, è politico. L'avessero fatto gli americani questo blitz, nessuno avrebbe aperto bocca».

Questa storia è un'altra picconata al mito dell'esercito migliore del mondo?

«Le nostre squadre speciali restano comunque ottime. Si ricorda la nave Karin A, che portava a Gaza un carico d'armi? Intercettarla così lontano da terra, nel Mar Rosso, non fu facile: il merito fu di Forza 13. Molte operazioni che hanno successo non vengono pubblicizzate. Quella dei 7 sub palestinesi fermati lunedì davanti a Gaza, per esempio, è stata un'ottima azione».

E chi dice che questi soldati hanno il grilletto facile?

«Sono uomini che operano con grande professionalità. In Cisgiordania, centinaia di terroristi sono stati arrestati senza ammazzare nessuno: semplicemente, sorprendendoli nella notte».

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : "Macché sconfitti. Ora Gaza è sotto gli occhi del mondo"


Mairead Corrigan-Maguire

Corrigan-Maguire dichiara : " Siamo stati vittime di un rapimento collettivo in acque internazionali. Quello che sta avvenendo a Gaza - denuncia - è un lento genocidio del popolo palestinese ". Rapimento...come quello di Gilad Shalit? Che è prigioniero da quattro anni di Hamas? Stando a quanto scrive Udg nel pezzo, la signora Corrigan-Maguire ora è comodamente seduta a casa sua.
Notiamo anche come Udg non batta ciglio sul presunto geocidio dei palestinesi. Un'affermazione grave che doveva di essere commentata.
"
Quando siamo stati rapiti, perché di ciò si è trattato, dalla Marina israeliana e condotti a forza ad Ashdod, eravamo tristi per non aver raggiunto il nostro obiettivo e pieni di dolore per chi aveva perso la vita. Avevamo generato speranza nella gente di Gaza, la loro delusione era anche la nostra delusione...". Sul fatto che a Gaza la gente aspettasse con ansia la Flotilla ci sono parecchi dubbi. Nelle cronache dei giorni scorsi, i quotidiani hanno riportato alcune dichiarazioni di Hamas che non combaciano con la visione di Corrigan- Maguire.
"
L'embargo non è solo un crimine contro l'umanità. È anche la via per trascinare l'intero Medio Oriente in una nuova, devastante guerra. ". L'embargo ha lo scopo opposto: quello di evitare ad Hamas di armarsi grazie ai suoi alleati (Iran, Siria, Hezbollah, Turchia) e far scoppiare un'altra guerra contro Israele. Ed è pienamente legale !
"
Hamas ha vinto elezioni democratiche (?!?!?!) nel 2006 e da quel momento è iniziata la politica draconiana di Israele. Resta il fatto che non c'è diritto di difesa che possa minimamente giustificare il lento genocidio del popolo palestinese che si sta consumando a Gaza". Non si sta consumando nessun genocidio. Israele, semplicemente, ha preso le proprie contromisure contro i terroristi di Hamas i quali, per altro, non vanno a genio nemmeno all'Anp dal momento che ostacolano in tutti i modi i negoziati. I terroristi di Hamas piacciono solo ai pacifinti della Flotilla come Angela Lano e Mairead Corrigan-Maguire. Chissà come mai...
Ecco l'intervista:

L'avevamo vista a distanza. Con un binocolo. Mentre la Marina militare israeliana «scortava» la “Rachel Corrie” nel porto di Ashdod dopo averla abbordata a largo della Striscia di Gaza. Per qualche secondo eravamo riusciti a stabilire un contatto telefonico: «Stiamo bene,nonci siamo arresi, vogliono liberarsi di noi più in fretta possibile...», poi la linea era caduta. Ma non era «caduta» la determinazione che ha sempre caratterizzato la sua azione, la sua vita, daBelfast al Medio Oriente.Unasfidadi libertà. Quella di Mairead Corrigan- Maguire, Premio Nobel per la Pace 1976, una delle animatrici del «Free Gaza Movement». Ora che ha fatto rientro forzato a Dublino, riusciamo a ristabilire quel contatto interrotto ad Ashdod. Mairead è stanca, provata, ma non rinuncia ai mille impegni in agenda, ai quali strappa qualche minuto per l'Unità.
«Voi - dice - avevate continuato a denunciare quel criminale embargo quando Gaza sembrava non fare più notizia..».
Quando le chiediamo come definirebbe ciò che è accaduto a lei e agli attivisti della «Freedom Flotilla», Maguire non ha un attimo di esitazione:
«Siamo stati vittime di un rapimento collettivo in acque internazionali. Quello che sta avvenendo a Gaza - denuncia - è un lento genocidio del popolo palestinese».
Qual è il sentimento prevalente dopo ciò che ha vissuto e subito a largo di Gaza?
«Rabbia. Dolore. Indignazione. Ma anche orgoglio e fierezza per ciò che tutti assieme abbiamo portato avanti. Come vede, è un insieme di sensazioni forti, e non poteva essere altrimenti. Ricordo la nostra ultima conversazione: avevamo parlato di Gaza, della sofferenza della sua gente, di una punizione collettiva atroce, contraria a ogni codice etico, oltre che ad ogni norma del Diritto umanitario e alla quarta Convenzione di Ginevra, articolo 33. Ma le parole non bastano più. Occorre dimostrare una solidarietà concreta verso quel popolo. Abbiamo cercato di passare dalle parole ai fatti. Pagandone un prezzo atroce. Ma l'abbiamo fatto e lo rivendichiamo a testa alta...».
C'è chi parla di voi della “Freedom Flotilla” come di “sconfitti”...
«Solo chi è imbevuto di una cultura militarista - rafforzata da un'altra non meno deleteria cultura, quella dell'impunità, ed è abituato a pensare in termini di rapporti di forza - può rivendicare quel crimine. È vero, non siamo riusciti nel nostro obiettivo primario, che era quello di far arrivare alla gente di Gaza gli aiuti umanitari. Quando siamo stati rapiti, perché di ciò si è trattato, dalla Marina israeliana e condotti a forza ad Ashdod, eravamo tristi per non aver raggiunto il nostro obiettivo e pieni di dolore per chi aveva perso la vita. Avevamo generato speranza nella gente di Gaza, la loro delusione era anche la nostra delusione...Ma poi, ci siamo detti che qualcosa d'importante era avvenuto: Gaza e il suo assedio che dura da tre anni erano tornati al centro dell'attenzione mondiale. Suquella prigione a cielo aperto e sui suoi carcerieri erano tornati ad accendersi i riflettori. Nessuno poteva e può dire ancora: non sapevo, non ho visto. Tutti sono chiamati a prendere posizione. E alla gente di Gaza che ci aspettava per festeggiare, dico una cosa sola: ci riproveremo. Presto».
E ai Grandi della Terra cosa si sente di dire, quale appello lancia?
«L'embargo non è solo un crimine contro l'umanità. È anche la via per trascinare l'intero Medio Oriente in una nuova, devastante guerra.È tempo di agire. In particolare mi sento di rivolgere un appello al presidente Obama,con cui ho l'onore di condividere un Premio che è anche un impegno di vita: il Nobel per la Pace. Al presidente Obama chiedo di di fare tutto quello che è in suo potere, ed è molto, perché sia posto fine all'assedio per terra, mare ed aria di Gaza. La forza non crea giustizia, non rende più sicuri, ma alimenta solo desiderio di vendetta. È ciò che Israele dovrebbe capire».
Israele continua ad opporsi ad una commissioned'inchiestainternazionale che faccia luce sul blitz sanguinoso contro la “Mava Marmaris”...
«Le autorità israeliane continuano a sentirsi al di sopra della legalità internazionale. Unatteggiamento che dura da troppo tempo. Se ciò è avvenuto è per le coperture internazionali su cui Israele ha potuto contare. Legalità e Giustizia sono parole che devono ritrovare un senso là dove sono state calpestate: a Gaza».
Israele giustifica il blocco di Gaza come difesa da Hamas...
«Hamas ha vinto elezioni democratiche nel 2006 e da quel momento è iniziata la politica draconiana di Israele. Resta il fatto che non c'è diritto di difesa che possaminimamentegiustificare il lento genocidio del popolo palestinese che si sta consumando a Gaza».
Sullo sfondo sentiamo le voci degli assistenti che richiamano Mairead Maguire ai suoi impegni. Il tempo di un saluto. E di una promessa:
«La prossima volta - dice la Nobel irlandese - ci vedremo a Gaza. Per festeggiare la fine dell'embargo».

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