Riportiamo da FONDAZIONECDF.IT l'articolo dal titolo " Iran e Arabia Saudita si incontrano ". Dal SOLE 24 ORE, a pag. 19, l'articolo di Antonella Scott dal titolo " Teheran contro Mosca: amici degli americani ". Da REPUBBLICA, a pag. 36, l'articolo di Vanna Vannuccini dal titolo "Nella città santa ultima speranza contro il regime ", preceduto dal nostro commento. Ecco gli articoli:
FONDAZIONECDF.IT : " Iran e Arabia Saudita si incontrano "
Riavvicinamento di Iran e Arabia Saudita, un altro dei 'risultati polisitivi' della politica estera di Obama.
Iran Arabia Saudita
Il 20 maggio 2010 il ministro degli esteri iraniano Manouchehr Mottaki ha incontrato il ministro degli esteri saudita Nizar Madani in occasione della riunione dei 37 ministri degli esteri dell'Organizzazione della Conferenza Islamica. Secondo fonti ufficiali i due paesi sperano di inaugurare una nuova stagione di dialogo e di avviare nuove relazioni – non solo bilaterali, ma anche con altri stati della regione. Durante l'incontro Madani ha invitato Mottaki a visitare l'Arabia Saudita, e a quanto pare quest'ultimo ha accettato l'invito.
Accade di rado che i funzionari di Arabia Saudita e Iran si incontrino: il fatto che Mottaki abbia deciso di incontrare Madani, un giovane ministro, piuttosto che un funzionario di vecchia data, è degno di nota. Anche il tempismo è interessante: la lista al-Iraqiya, appoggiata dall'Arabia Saudita, ha vinto le elezioni in Iraq, ma non può governare senza il consenso di almeno una delle due coalizioni filo-iraniane pilotate dalla Repubblica Islamica.
Per decenni l'Arabia Saudita si è cullata nell'illusione che gli Stati Uniti avrebbero continuato a combattere per evitare che l'Iraq cadesse nelle mani degli ayatollah iraniani. Recentemente però Riyadh ha capito che Washington vuole ritirarsi dall'Iraq, e che per questo dovrà fare concessioni a Teheran, mettendo a repentaglio gli interessi strategici sauditi. In risposta i Sauditi hanno deciso di riattivare i canali diretti con l'Iran: dato che la lista al-Iraqiya ha vinto le elezioni, Riyadh cerca un accordo con l'Iran che non vanifichi del tutto la vittoria della lista.
Teheran dal canto suo vuole assicurarsi che l'Arabia Saudita non si serva dei suoi legami con i sunniti iracheni per contrastare l'influenza iraniana in Iraq: gli ayatollah sanno che i Sunniti del Medio Oriente sono per la maggior parte finanziati (e armati) dall'Arabia Saudita e dalla Turchia, e potrebbero quindi essere disposti a collaborare per trovare una soluzione condivisa con le altre potenze regionali .
Il SOLE 24 ORE - Antonella Scott : " Teheran contro Mosca: amici degli americani "
Ahmadinejad
Barack Obama non si lasci sfuggire l'opportunità di risolvere il confronto nucleare con Teheran, perché «è improbabile che la nazione iraniana gliene conceda un'altra». Dmitrij Medvedev, invece, sia più prudente quando «prende decisioni che riguardano una grande nazione», l'Iran, se non vuole finire «tra i suoi nemici storici». Dalla città di Kerman, parlando alla folla, Mahmoud Ahmadinejad fa irruzione nella fase delicata in cui Russia e Stati Uniti cercano un approccio comune sull'Iran, e scardina-almeno all'apparenzal'asse che in questi ultimi anni vedeva Mosca, sola con Pechino, al suo fianco.
È uno scambio durissimo, innescato dall'appoggio russo dato al quarto round di sanzioni Onu contro Teheran, proprio quando gli iraniani avevano sperato che la comunità internazionale accogliesse l'accordo di scambio sull'uranio raggiunto il 17 maggio con Brasile e Turchia. Uranio arricchito in cambio di combustibile inadatto allo sviluppo di armi atomiche: tempi e dettagli dell'iniziativa hanno lasciato perplessa Mosca, oltre che americani ed europei. «Se fossi il presidente russo- ha detto ieri Ahmadinejad- agirei con maggiore prudenza, penserei di più. Noi ci auguriamo che le autorità russe si correggano, e non permettano che gli iraniani le inseriscano tra i loro nemici storici».
Immediata e secca la risposta del Cremlino, affidata al primo consigliere di Medvedev per la politica estera, Serghej Prikhodko. «La Russia considera inaccettabile ogni forma di imprevedibilità, di estremismo politico, la mancanza di trasparenza o l'incoerenza nel processo decisionale nessuno è mai riuscito a mantenere il potere con la demagogia politica», ha commentato Prikhodko.
Forse Mosca e Teheran sono a un bivio. Il mondo le ha sempreviste legate dagli interessi comuni di due grandi produttori di energia. «Ci sono miliardi di ragioni per cui la Russia non appoggerà mai le sanzioni », scriveva l'autunno scorso l'Atlantic Council, sottolineando che Mosca ha solo da guadagnare da una crisi tra l'Occidente e l'Iran, a partire dalle spinte al rialzo del barile per arrivare ai 3 miliardi di dollari di scambi e all'avvio della prima centrale nucleare iraniana, a Bushehr. Nel 2008 e 2009, in sede di Consiglio di Sicurezza Onu, Mosca ha sempre stornato la minaccia delle sanzioni dal capo di Teheran, ma piano piano i toni sono cambiati: a partire dall'estate 2009, la prima visita di Obama in Russia.
Il reset muove i suoi passi incerto, ma al di là del buon rapporto personale tra Obama e Medvedev che si rivedranno a Washington a fine giugno - i segnali di riavvicinamento aumentano. L'ultimo è la decisione della Casa Bianca di abolire le sanzioni contro quattro gruppi russi che in passato avevano trasferito tecnologia sensibile o armi all'Iran, una risposta alla sospensione della vendita a Teheran di missili terra aria S-300, contratto firmato dai russi nel 2007 ma di fatto lasciato fermo per le pressioni di Stati Uniti e Israele, un'intesa mai scritta. «La Federazione russa - ha chiarito ieri Prikhodko rispondendo alle accuse di Ahmadinejad per l'"inaccettabile appoggio" dei russi agli americani si fa governare dai propri interessi di lungo termine. La nostra posizione è russa: dunque non può essere né pro-americana né proiraniana ». La fragilità del rapporto tra Russia e Stati Uniti, del resto, è evidenziata proprio in questi giorni dall'arrivo in Polonia di una batteria antiaerea per missili Patriot. L'obiettivo, insiste Washington, è difendere la sicurezza degli alleati dell'Est Europa di fronte alla minaccia iraniana, ma Mosca non riesce ad accettare la presenza di sistemi anti- missile che limiterebbero le sue possibilità offensive a 60 chilometri dall'énclave di Kaliningrad. «Questo non aiuta a costruire un clima di fiducia nella regione », ha reagito un portavoce del ministero degli Esteri russo. Mentre Konstantin Kosachev, presidente della commissione Affari esteri alla Duma, ha sottolineato il disgelo in corso tra Russia e Polonia: il dispiegamento dei Patriot, ha detto, «è un progetto ereditato dal passato. Ora che i legami sono diversi, mi auguro che i polacchi avvertano la dissonanza».
La REPUBBLICA - Vanna Vannuccini : " Nella città santa ultima speranza contro il regime "
Forse Vannuccini era distratta quando è stato scoperto un sito atomico sotto la città di Qom. Dato che Qom ha un ruolo nel programma nucleare di Ahmadinejad, è difficile credere che gli ayatollah siano ostili al regime...
Qom
Sulla porta, l´hojatoleslam (un titolo che è un gradino sotto quello di ayatollah) guarda perplesso il piccolo gruppo di turisti occidentali di fronte a lui: le donne impacchettate alla meglio in uno chador appena preso in prestito che scivola da tutte le parti, gli uomini in magliette di cotone colorate a maniche corte. Ma sulla perplessità fa premio la tradizionale ospitalità iraniana, e l´hojatoleslam ci fa entrare per il colloquio promesso. Siamo nel mausoleo di Fatemeh, detta Masoumeh, l´innocente, uno dei luoghi più sacri dell´Islam, meta di pellegrini da tutto il mondo, e soprattutto delle donne musulmane. Fatemeh era la sorella dell´Ottavo Imam, ed è per via della sua tomba se Qom, una città riarsa in mezzo al deserto, attraversata da un fiume prosciugato, è diventata il centro più importante di studi sciiti nel mondo.
Oltre l´atrio, però, non andiamo. Dev´essere difficile di questi tempi, anche per il direttore delle relazioni internazionali del mausoleo di Masoumeh, essere sicuro di non fare qualcosa che possa dispiacere ad autorità governative o a qualche drappello di bassiji. Negli ultimi mesi diversi religiosi sono stati aggrediti, la casa dell´ayatollah Sanei, un riformatore che sostiene la parità tra uomini e donne, è stata attaccata, i basiji hanno spaccato a sassate i vetri delle finestre e picchiato i suoi sostenitori. Il regime aveva cercato di impedire che il conflitto interno provocato dalla truffa elettorale del 12 giugno raggiungesse Qom; ma con la morte di Ali Montazeri le manifestazioni di protesta si sono estese anche alla città santa. A dicembre, i funerali del novantenne grandayatollah, considerato la coscienza critica della Repubblica islamica, diventarono una prova di forza dell´opposizione: centinaia di migliaia di persone di tutti gli strati sociali arrivarono a Qom.
Dei grandi ayatollah, si diceva a Qom dopo le elezioni nel giugno scorso, nessuno aveva votato per Ahmadinejad. Sembra che un certo numero mantenga da sempre una silenziosa distanza dall´idea centrale della Repubblica islamica, il velayat-e faqih, il potere assoluto del leader supremo instaurato da Khomeini: agli occhi di molti, una malsana mescolanza di politica e religione che non potrà che nuocere all´islam. Ma quando il candidato sconfitto Moussavi esortò Qom a prendere posizione contro la truffa elettorale, l´invito cadde nel vuoto. Montazeri restò l´unico a schierarsi pubblicamente con il "movimento verde". Gli altri non presero partito. Sebbene, a quanto si sente dire, sotto le volte delle scuole coraniche si sarebbe acceso il dibattito se il leader supremo Khamenei non andrebbe sostituito da un consiglio di giuristi, com´è nella tradizione sciita. Sarebbe stato questo l´argomento dei recenti colloqui di Rafsanjani a Qom. Rafsanjani però non è riuscito a mettere insieme una maggioranza.
Restiamo nell´atrio, forse perché l´incontro appaia quasi casuale (l´atrio è continuamente attraversato da studenti col turbante che si stupiscono alla vista dei forestieri e rimangono poi in ascolto dietro qualche colonna). «Nel mausoleo di Masoumeh tutti sono ammessi - dice l´hojatoleslam dandoci il benvenuto - musulmani e cristiani, uomini e donne. Otto dei grandi marja e taqlid, i "modelli da imitare" del mondo sciita, risiedono a Qom».
Sono otto dopo la morte di Montazeri?, gli chiedo. Ha un leggero sussulto. «Come mai le è venuto in mente Montazeri?» domanda a sua volta. Perché è morto pochi mesi fa, ed era un grandayatollah molto amato, se, come si è letto sui giornali, i guardiani del mausoleo di Masoumeh dovettero chiudere i portoni per impedire a una folla oceanica di entrare. «Anch´io sono stato un suo studente», ammette. Gli chiedo se sia stato allora compagno di studi di Mohsen Kadivar, un allievo di Montazeri molto noto, che ha passato più di un anno in prigione e poi ha lasciato l´Iran. Altro impercettibile sussulto, poi spiega con voce calma: «Kadivar è un teologo illuminato che ha commesso degli errori. Non tutto quello che dice è condivisibile, ma non per questo deve essere condannato. In ogni momento ognuno di noi cerca la giusta via, la verità; e fino a quando non l´abbiamo trovata nessuno può essere condannato. È come se uno guidasse in una strada a senso unico senza che un segnale lo indicasse. Non potrebbe essere multato». Chi stabilisce nell´islam qual è la verità? «L´imam Khomeini era del parere che ogni giurista religioso può arrivare a una propria interpretazione», è la risposta. E se l´interpretazione dei princìpi religiosi è in qualche modo libera, perché le donne sono obbligate a portare l´hejab? «L´hejab è una legge dello Stato».
Chediamo allora se ci può spiegare che cosa significa esattamente mohareb, nemico di Dio. Questa è l´accusa che è stata fatta a molti giovani che hanno partecipato alle manifestazioni. Nello Stato di Dio è una condanna a morte. L´hojatoleslam fa appello a tutta la sottigliezza appresa nelle scuole coraniche per dire che alla fine, è il popolo che conta: «Se uno è scelto dal popolo non può essere mohareb. Io per esempio non potrò mai pensare che Karroubi o Moussavi (i due leader dell´opposizione) siano mohareb».
A trent´anni dalla rivoluzione islamica, i pensieri dei religiosi restano imperscrutabili. Stupefacente resta la loro capacità di coesione quando l´interesse lo richiede. La cosa che li tiene legati a questo governo non è solo l´interesse economico, è la paura dell´emancipazione femminile, la loro maggiore ossessione, sostiene il filosofo Dariush Shayegan. La non parità tra uomini e donne resta un articolo di fede, una convinzione religiosa. A Qom, è difficile incontrare per strada donne che non siano intabarrate nei loro neri chador. «Tieni lo sguardo basso e fai attenzione che gli uomini non posino gli occhi su di te», afferma, citando una sura del Corano, un cartello alla stazione degli autobus. Esiste anche un hejab degli occhi, che impone agli uomini di abbassare lo sguardo, ma non è molto praticato.
È venuto il momento del congedo. «Voi in occidente - conclude l´hojatoleslam - cercate da secoli di misurare i comportamenti umani e di classificarli come universalmente validi, e non vi accorgete che questo, dal resto del mondo, è visto come un gesto di superbia e di superiorità».
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