Prima consigliere di Arafat, poi di Hezbollah e Hamas Ecco chi è l'opinionista tanto pubblicizzato sul quotidiano della confindustria ieri
Testata: Il Foglio Data: 18 marzo 2010 Pagina: 3 Autore: La redazione del Foglio Titolo: «Ma chi è che vuole arruolare contro Israele pure il gen. Petraeus?»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 18/03/2010, a pag. 3, l'articolo dal titolo " Ma chi è che vuole arruolare contro Israele pure il gen. Petraeus? ".
E' possibile leggere la critica di IC all'articolo di Mark Perry di ieri cliccando su link sottostante:
Dopo aver letto l'articolo del FOGLIO che segue, si spiegano molte delle assurdità contenute nel pezzo di Perry. Un ex consigliere di Arafat non può avere una visione lucida e imparziale della situazione in Medio Oriente. Invitiamo i lettori di IC a scrivere a Gianni Riotta, direttore del SOLE 24 ORE per chiedergli se, per caso, gli capita mai di verificare le fonti degli articoli pubblicati sul suo quotidiano. In questo caso, l' 'esperto' Mark Perry si è rivelato essere uomo di parte. Cosa che andava scritta. Ma che il SOLE24ORE si è ben guardato di fare, disinformando i propri lettori. letterealsole@ilsole24ore.com
Ecco l'articolo del FOGLIO:
Arafat
Roma. Due giorni fa il generale americano David H. Petraeus è apparso a Washington davanti alla commissione Forze armate del Senato per fare rapporto sul Centcom, il comando centrale del Pentagono che sorveglia l’Asia dal Mediterraneo all’Afghanistan. Il rapporto del capo del Centcom arriva quattro giorni dopo le indiscrezioni raccolte da Mark Perry e apparse sabato scorso sul sito di Foreign Policy, poi riprese anche da alcuni giornali italiani. Secondo Perry, e secondo le versioni del suo articolo che ora circolano in rete – deformate da un effetto “telefono senza fili”–, Petraeus “sfida Israele” e dice che “Tel Aviv fa il gioco dei nemici”. A metà gennaio il generale avrebbe mandato una squadra dei suoi dal capo di stato maggiore, l’ammiraglio Mike Mullen, con un rapporto in Power Point di 45 minuti dal contenuto politico fortissimo: l’intransigenza di Israele, che non vuole trattare con i palestinesi, mette a repentaglio la vita dei soldati americani impegnati nella guerra al terrorismo in Asia, fomenta il sentimento antiamericano e umilia l’America, considerata troppo debole e remissiva dai suoi alleati arabi nella regione. Per questo Petraeus avrebbe chiesto di sussumere nella sua area di responsabilità anche i territori ora amministrati in autonomia dall’Autorità palestinese. Mullen, al rapporto, sarebbe balzato sulla sedia. L’autore del presunto scoop Mark Perry è un ex consigliere di Yasser Arafat ai tempi dell’Olp, che frequentava con regolarità nella sua villa di Tunisi. Dopo Arafat, divenne mediatore del movimento sciita Hezbollah in Libano e del gruppo palestinese Hamas, di cui conosce personalmente i capi Ismail Haniyeh e Mohamed al Zahar. Oggi lavora per un think tank di Beirut, Conflicts Forum, ma lui preferisce definirlo “action tank”, perché nutre la speranza di condizionare effettivamente gli eventi. Conflicts Forum promuove il dialogo con i due gruppi terroristici, che, dice lui, a differenza di al Qaida sono alla fine riconducibili alla democrazia. Due mesi fa è uscito il suo ultimo saggio: “Talking to Terrorists”, parlare ai terroristi. Il rapporto ascoltato due giorni fa dai senatori americani non è lo stesso ascoltato a gennaio da Mullen ma è un’esposizione chiara dello stato delle cose da parte di Petraeus: e non nomina la questione della pace tra Israele e palestinesi così come l’ha raccontata Perry. Petraeus si occupa soprattutto di Iran, Afghanistan, Pakistan e Iraq, le aree di maggiore instabilità, e poi affronta a margine un’altra serie di problemi d’area, tutti noti, tra cui la pirateria somala e appunto “il progresso insufficiente nel processo di pace in medio oriente”. Non prende posizione contro Israele: scrive che in generale è il conflitto ad alimentare l’antiamericanismo arabo, e a limitare la profondità e la forza dell’intesa con gli alleati arabi e che è sfruttato da al Qaida e da altri gruppi militanti per mobilitare i propri sostenitori. L’analista americano Max Boot ha contattato un membro dello staff di Petraeus e gli ha chiesto se è vero che davanti a loro il generale ha accusato Israele di alimentare la tensione con la sua politica: la risposta è che Petraeus, come la maggioranza degli osservatori, considera la questione degli insediamenti israeliani soltanto un fattore della questione, e che altri fattori sono il rifiuto dei gruppi palestinesi di riconoscere lo stato di Israele e il loro rifiuto di isolare i gruppi estremisti. Venti pagine dopo, Petraeus stesso spiega che sta rafforzando quella che chiama Architettura di sicurezza regionale, con sistemi di protezione missilistica, ovvero che sta continuando ad armare Israele “per dissuadere l’Iran”. Su Israele e i Territori palestinesi Petraeus non avanza alcuna richiesta – il rapporto li colloca correttamente nell’area di competenza del comando europeo, dove sono sempre stati. Mark Perry ha dovuto correggere nel suo articolo l’indiscrezione per cui il generale ha chiesto alla Casa Bianca il cambio di assegnazione di Israele e dei territori. Il generale in audizione ha smentito di avere mai fatto una richiesta del genere. “Non ho mai fatto una raccomandazione formale perché avvenisse questo cambiamento, e non c’era nel rapporto che ho compilato quest’anno. Né l’ho mai fatta alla Casa Bianca”. L’ammiraglio Mullen smentisce di essere persino mai balzato sulla sedia: il rapporto ricevuto da lui a gennaio non era rivoluzionario, anzi era “out of date”, un po’ vecchiotto. Durante l’audizione al Senato Petraeus ha detto che nel suo settore le minacce dirette all’America arrivano da tre direzioni: dai movimenti islamisti come al Qaida e gruppi associati, dall’Iran che ha un programma d’armamento atomico – ma la bomba non sarà pronta entro il 2010 – e che continua a usare al Qaida come un asset per la guerra irregolare e dallo Yemen, che ospita una forte presenza di al Qaida. Il comandante americano gode di un capitale politico altissimo, dopo la vittoria in Iraq con la sua campagna contro le milizie sciite e al Qaida. Ma la sua strategia di dialogo con i nemici è talvolta forzata da cattivi interpreti: “Certe volte – dice uno dei suoi motti meno citati – le armi migliori sono proprio quelle che fanno boom”. Il ruolo del comandante Petraeus è preparare ogni opzione militare possibile al servizio della politica. Anche la più dura. Tre giorni fa 10 container carichi di 387 speciali bombe antibunker sono partiti dalla California per la base nell’Oceano indiano di Diego Garcia, in previsione di un possibile attacco contro l’Iran, nel cuore del suo settore.
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