Costruire una barriera fra Israele ed Egitto per aumentare la sicurezza Cronache di Redazione del Foglio, Francesco Battistini
Testata:Il Foglio - Corriere della Sera Autore: La redazione del Foglio - Francesco Battistini Titolo: «Quando i muri portano la pace: nuova barriera tra Israele ed Egitto - Netanyahu e il nuovo muro: Scelta strategica»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 12/01/2010, in prima pagina, l'articolo dal titolo " Quando i muri portano la pace: nuova barriera tra Israele ed Egitto ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 21, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Netanyahu e il nuovo muro: Scelta strategica ", preceduto dal nostro commento. Ecco i due articoli:
Il FOGLIO - " Quando i muri portano la pace: nuova barriera tra Israele ed Egitto"
Gerusalemme. Sull’agenda di Benjamin Netanyahu, premier israeliano, c’è la costruzione di un altro muro per aumentare la sicurezza d’Israele. I suoi ministri hanno approvato una barriera lungo il confine con l’Egitto, più a sud rispetto alla Striscia di Gaza. Il Cairo ha fatto sapere che la decisione è un affare che riguarda soltanto i vicini. Servirà – ha spiegato il premier israeliano – a contenere il flusso di immigrati clandestini in arrivo dall’Africa, ad “assicurare il carattere ebraico e democratico dello stato”, mantenendo però aperte le porte ai rifugiati politici. Israele in passato ha chiesto all’Egitto un controllo più capillare lungo il poroso confine desertico attraverso cui passano clandestini, droga, armi e terroristi. Negli ultimi anni, 17 persone sono state uccise dalle guardie di frontiera del Cairo mentre cercavano di infiltrarsi e i due paesi sono stati criticati aspramente dalle organizzazioni umanitarie internazionali. In Israele ci sono circa 15 mila persone che richiedono asilo politico, ma non è soltanto l’immigrazione a spingere il governo di Netanyahu alla creazione di un nuovo muro. Dei 250 chilometri di confine, 170 saranno dotati di nuove strutture che costeranno 400 milioni di dollari: ci sarà una barriera poco più a sud della Striscia di Gaza e una vicino a Eilat. Si tratta di due punti critici, sprattutto per il timore di infiltrazioni di terroristi, e i primi a rilevarlo sono i residenti della zona. Nella cittadina di Eilat, sul mar Rosso, nel 2007 un abitante di Gaza passato in Egitto attraverso i tunnel lungo la frontiera e rientrato in Israele dal Sinai si fece saltare in aria uccidendo tre persone. “Il timore è proprio quello di infiltrazioni di abitanti di Gaza dal confine con l’Egitto – spiega al Foglio Herb Keinon, giornalista del Jerusalem Post ed esperto di sicurezza – escono dalla Striscia e rientrano dal Sinai”, come accaduto nel 2007. E secondo l’esercito israeliano, le attività lungo quella frontiera si sono intensificate. A novembre, i soldati di Tshaal hanno fatto brillare 15 chilogrammi di esplosivo trovati nella zona. Erano in una borsa abbandonata da un uomo che cercava, prima di essere scoperto dai militari, d’infiltrarsi dal Sinai. Qualche mese prima, un abitante di Gaza che cercava d’entrare in Israele è stato arrestato. Durante gli interrogatori avrebbe dichiarato di voler compiere sequestri. Secondo i militari, scrivono i media israeliani, i gruppi terroristici avrebbero aumentato le attività nella zona a causa del maggior numero di controlli sul confine tra Gaza ed Egitto. Ora che lì il Cairo sta costruendo una barriera di metallo sotterranea per bloccare il contrabbando di armi e uomini attraverso i tunnel, l’accesso dal Sinai per Israele rischia di diventare una zona troppo sensibile. L’alternativa al piano Mitchell La decisione dell’Egitto di mettere un muro alla porta di casa con Hamas ha creato tensioni inedite tra il Cairo e il gruppo palestinese. La settimana scorsa ci sono stati scontri tra uomini armati nella Striscia e poliziotti egiziani e un agente è morto. Il regime di Hosni Mubarak non ha digerito l’accaduto. Non soltanto gli imam vicini al governo hanno emesso editti religiosi in favore della barriera, ma in molte moschee Hamas è stato criticato nei sermoni del venerdì. Il quotidiano al Gomhuria, vicino al governo, ha pubblicato un editoriale in cui accusa il movimento armato, con l’aiuto dell’Iran, di voler estendere il proprio potere su Egitto, Giordania, Siria e Libano. “All’inizio Israele aveva preoccupazioni sull’operato del Cairo lungo il confine con la Striscia – spiega Herb Keinon – ma con il passare del tempo l’Egitto ha deciso di mettere fine al contrabbando di armi per preservare il suoi interessi. Non vuole vedere attivisti di Hamas infiltrarsi sul suo territorio e avvicinarsi ai Fratelli musulmani puntando a destabilizzare il regime”. Anche per questo, al Cairo conviene che israeliani e palestinesi riprendano le trattative. Netanyahu è stato da poco al Cairo, come il rais palestinese Abu Mazen. Il ministro degli Esteri Ahmed Abul Gheit e il capo degli 007 egiziani Omar Suleiman sono volati a Washington per mostrare, secondo quanto riportato da al Gomhuria, un’iniziativa di pace firmata da Egitto e Arabia Saudita. L’hanno presentata mentre l’inviato americano George Mitchell prepara le valigie: sarà in Europa prima e poi in medio oriente. In valigia porta un piano che prevede la pace entro due anni.
CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " Netanyahu e il nuovo muro: Scelta strategica "
Battistini scrive : "(...) dopo gli Anni Zero dei kamikaze e il serpentone di cemento che chiude quasi tutta la Cisgiordania ". Non esiste nessun serpentone di cemento. La barriera difensiva è di cemento solo per il 5% della sua lunghezza. E il suo scopo non è "chiudere la Cisgiordania", ma difendere la popolazione civile israeliana dagli attacchi dei terroristi suicidi palestinesi. Battistini, poi, riporta le dichiarazioni di Eitan Haber, editorialista di Yedioth Ahronot, il quale confesserebbe un'angoscia diffusa : "ogni bambino israeliano, ogni bambino ebreo del mondo è nato con le immagini delle barriere nei lager ". Le barriere erette da Israele servono a proteggere, non a imprigionare. Questa visione suggerisce che, per Battistini, Cisgiordania e Gaza siano due lager. Visione totalmente distorta. In quei luoghi non c'è nessun genocidio in atto. Anche Umberto De Giovannangeli sull'Unità e Michele Giorgio sul Manifesto disapprovano e criticano aspramente la decisione di creare una nuova barriera al confine con l'Egitto. Stupisce che Battistini ne abbia sposato le posizioni. Sulla Stampa, la cronaca di Aldo Baquis, che non riportiamo, è sostanzialmente corretta. Ecco la cronaca di Francesco Battistini:
La barriera difensiva
GERUSALEMME — Muro dopo muro. Frontiera dietro frontiera. Israele sigilla le paure. Dopo la rete ormai arrugginita che corre a Est e da più di quarant’anni tiene lontana la Giordania; dopo il filo spinato del Nord, con le torrette spaventate dal Golan e dal Libano; dopo gli Anni Zero dei kamikaze e il serpentone di cemento che chiude quasi tutta la Cisgiordania; domenica sera, Bibi Netanyahu ha deciso di sbarrare anche il Sud. Due grandi barriere lungo il confine dell’Egitto. 50-60 km l’una. Un prolungamento dello scudo d’acciaio che Mubarak sta costruendo di fronte ai tunnel di Gaza: «Sarà la nostra porta — ha detto il premier— per controllare gli immigrati illegali e i terroristi».
Una porta ben chiusa. Niente cemento, niente impulsi elettronici. Solo una doppia fila di reti alte e di radar. Costo, 300 milioni di euro. Tempo previsto, due anni. Il primo tratto andrà dal valico di Rafah, l’altro da Eilat: in mezzo, 180 km di barriera naturale, dove basterà pattugliare. Il progetto sonnecchiava dal 2005, dagli attentati sul Mar Rosso, quando ci si rese conto che il Sinai, terra di nessuno, era un viavai di tutto: 17-18mila clandestini negli ultimi cinque anni, perlopiù eritrei e sudanesi, e poi droga, prostituzione, armi, per non dire di quel che passa per i tunnel di Gaza. Ora, la destra al governo ha anche altri timori: «È una decisione strategica per assicurare il carattere ebraico d’Israele — dice il premier —. Non possiamo permetterci un’invasione d’immigrati. Resteremo aperti ai profughi di guerra. Ma alla fine non avremo altra scelta che chiudere ogni lato, perché siamo l’unico Paese del Primo Mondo dove si può entrare a piedi dal Terzo».
Tutto chiuso. Per terrore. Israele è «un’enclave separata dal Medio Oriente», fa notare padre Pierbattista Pizzaballa, il francescano Custode di Terrasanta. Ehud Barak, il ministro della Difesa che un tempo stava a sinistra, la spiega così: «Le buone barriere creano buoni vicini: se vogliamo difenderci dal terrore, abbiamo bisogno solo di tirarle su. L’unico posto dove non ci servono, è il mare». Eitan Haber, editorialista di Yedioth Ahronot, confessa un’angoscia diffusa — «ogni bambino israeliano, ogni bambino ebreo del mondo è nato con le immagini delle barriere nei lager» — e infine, sconsolato, osserva: «C’è un intero Stato circondato da un oceano di nemici. La costruzione d’una nuova, moderna Sparta è completata. E pensare che sognavamo ci fosse un’Atene, qui».
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