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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Libero-Corriere della Sera Rassegna Stampa
24.11.2009 Sharia e Burqa, in Germania e Francia qualcuno apre gli occhi
Le cronache di Enzo Piergianni e Massimo Nava

Testata:Libero-Corriere della Sera
Autore: Enzo Piergianni-Massimo nava
Titolo: «Via dalla Germania chi non abiura la sharia-Besson, non c'è posto per il Burqa in Francia»

Una rondine non fa primavera. Nemmeno due. E' presto per prevedere una inversione di tendenza, ma qualcosa comincia  a muoversi, almeno in Germania e in Francia, come dimostrano i due articoli che pubblichiamo. Il primo da LIBERO, di oggi 24/11/2009, a pag.21, di Enzo Piergianni, dal titolo "  Via dalla Germania chi non abiura la sharia ". Il secondo dal CORRIERE della SERA, a pag.23, di Massimo Nava, dal titolo "Besson, non c'è posto per il Burqa in Francia".

Libero- Enzo Piergianni: " Via dalla Germania chi non abiura la sharia "

Per stabilirsi in Germania, gli extracomunitari dovranno firmare un “contratto d’integrazione” con il paese d’accoglienza. Lo ha annunciato ieri il ministro Maria Böhmer, incaricato speciale del governo federale e braccio destro della cancelliera Angela Merkel per le questioni dell’immigrazione. Sarà un vero e proprio documento, con sopra, nero su bianco, i diritti dell’immigrato, ma anche tutti i suoi doveri civili. «Chiunque vuole vivere e lavorare da noi deve dire di sì al nostro paese, deve accettarlo - ha spiegato Maria Böhmer - Questo presuppone una comune base di valori, la padronanza della lingua tedesca e la partecipazione alla società».

Nel “contratto d’immigrazione” i nuovi arrivati dovranno impegnarsi a comportarsi anche nella propria famiglia secondo le consuetudini occidentali, pena l’espulsione nei casi gravi. Quindi, parità di diritti e assoluta libertà di scelta per la donna e per i figli, a cominciare dalla religione e dalla scuola.

Il provvedimento dovrebbe diventare legge entro la corrente legislatura del Bundestag. La grande coalizione con i socialdemocratici è stata liquidata dalle elezioni di settembre. Ora gli alleati della cancelliera democristiana sono i liberali dell’Fdp e il patto della nuova maggioranza prevede espressamente la radicale novità del “contratto d’integrazione”. Non che i socialdemocratici fossero molto permissivi. I respingimenti alla frontiera e il reato di immigrazione clandestina con relativa pena detentiva furono codificati cinque anni fa, quando ancora governava il socialdemocratico Gerhard Schröder. Però i controlli non hanno funzionato bene e gli arrivi negli ultimi anni troppo spesso hanno ingrossato la società parallela, oscura e impenetrabile degli stranieri incapaci o contrari all’integrazione. La loro paura è di finire “germanizzati”, di perdere l’identità nazionale e religiosa. È un terreno fertile per i fanatismi politici e religiosi. «Benvenuto l’Islam, ma non all’islamismo», è la parola d’ordine del nuovo ministro dell’Interno democristiano Thomas De Maiziere. Circa la metà dei 15 milioni di stranieri in Germania ha il passaporto tedesco, ma anche tra i “naturalizzati” è marcata la diffidenza verso il modo di vivere e la mentalità dei padroni di casa. «In Germania vivono quattro milioni di musulmani - è la preoccupazione palese del ministro Böhmer - Per questo è importante che l’insegnamento della religione islamica avvenga nella scuola tedesca e nella nostra lingua, secondo le nostre regole, con insegnanti possibilmente formati in Germania».

Corriere della Sera-Massimo Nava: " Besson, non c'è posto per il Burqa in Francia "

PARIGI — Ex socialista, responsa­bile del ministero dell’Immigrazio­ne e dell’identità nazionale voluto dal presidente Sarkozy, Eric Besson sarà a Venezia per partecipare al ver­tice dei ministri europei sulla que­stione dei flussi migratori. Dice al Corriere : «La risposta europea è ne­cessaria e passa dal rafforzamento della vigilanza delle frontiere, in par­ticolare dell’area mediterranea. Su proposta congiunta di Francia e Ita­lia, i capi di stato e di governo euro­pei hanno deciso di rinforzare l’agenzia Frontex, sia per le opera­zioni marittime sia per i voli di rim­patrio dei clandestini. Gli stati occi­dentali che si affacciano sul Mediter­raneo devono coordinarsi meglio nel controllo dei confini. La Francia punta a costruire uno spazio di sicu­rezza e prosperità comune nel Medi­­terraneo, anche con la lotta all’immi­grazione clandestina. Ma dobbiamo anche proporre nuove prospettive: proporrò un piano ambizioso a favo­re della mobilità dei giovani nello spazio mediterraneo».
In Italia è stato creato il reato di clandestinità. Si tratta di una solu­zione applicabile anche in Fran­cia?  «Il Patto europeo sull’immigra­zione e l’asilo, adottato all’unanimi­tà dai 27 Paesi membri costituisce la nostra linea comune. In questo patto, ogni Paese declina misure na­zionali. In Francia, il reato d’entrata e soggiorno irregolare esiste, ma è di rado portato nei tribunali che pre­feriscono far gestire il problema a li­vello amministrativo. Ogni Paese deve tener conto della propria situa­zione. Determinare chi ha il diritto di soggiorno dipende dalla sovrani­tà di ciascuno Stato».
Quali le ragioni del dibattito sul­l’identità nazionale in Francia?
«La nostra coesione nazionale è messa di fronte a sfide di vario tipo: discriminazioni, comunitarismo, in­tegrazione europea, mondializzazio­ne. Nella storia francese, è lo Stato che ha creato progressivamente la Nazione, fondandola su valori uni­versali. Questo dibatto costituisce l’occasione di riaffermare il legame che ci unisce e la fierezza di essere francesi, ma anche la nostra apertu­ra sul mondo. Il dibattito sta riscuo­tendo un grande successo popola­re » ,
Ma come si può definire un te­ma che va dalla Marsigliese allo champagne? «L’identità nazionale non si defi­nisce per decreto. Spetta ai francesi farla propria. È alla base di ogni pro­getto politico identificare ciò che unisce, nella storia, nella cultura, nei valori e nelle ambizioni per il fu­turo. Ognuno può prendere in con­siderazione un film, una canzone, un’opera, un elemento del nostro patrimonio culturale, architettoni­co o gastronomico. L’identità nazio­nale è un’eredità di valori — liber­tà, uguaglianza, fraternità, laicità  e di cose molto concrete. Cosa vogliamo per il nostro domani e per quello dei nostri figli: non è una domanda secondaria».
Crede che la questione del bur­qa (da lei sollevata) vada risolta con una legge?
«Il burqa è un segno esteriore di asservimento della donna. È incom­patibile con i nostri valori repubbli­cani e si scontra con due pilastri del­la nostra costituzione: i principi di uguaglianza e laicità. Il burqa degra­da la dignità umana. Stiamo valu­tando se sia necessaria una legge o un regolamento, ma è certo che non c’è posto per il burqa in Fran­cia » .
Lo smantellamento degli accam­pamenti di clandestini a Calais è stato un vero successo? L’impres­sione è che il problema rimanga aperto.
«Sì, si può parlare di successo. Il numero di immigrati illegali presen­ti nella regione di Calais è passato da 2.000 a 200. Certo, l’operazione non ha stroncato l’immigrazione clandestina, ma non dobbiamo mai abbassare la guardia».
Lei è passato dal partito sociali­sta al governo di Sarkozy. Con qua­li motivazioni?
«Può essere considerato di de­stra Sarkozy quando promette di re­golare il capitalismo finanziario, quando ricompensa il lavoro, quan­do aumenta i redditi minimi degli anziani? Si può considerare di sini­stra quando favorisce l’investimen­to nelle imprese? La distinzione è superata. Sono stato motivato dalla sua volontà riformatrice della socie­tà e dello Stato francese. Mi hanno colpito il suo temperamento e la vo­lontà di mobilitare e rinnovare il Paese». Perché i giovani delle banlieues fischiano la Marsigliese?
«Si tratta di una minoranza e di un fatto inaccettabile. È un fenome­no motivato dalla sensazione che la Repubblica non riconosca le lo­ro aspirazioni. Dobbiamo rafforza­re una vera uguaglianza delle op­portunità. È quello che sta facendo il governo. Personalmente, sosten­go un label della diversità per le im­prese che è una grandissima esi­genza per incitarle a rafforzare la diversità nel reclutamento e la loro gestione delle risorse umane. E fun­ziona » .

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