Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 14/10/2009, a pag. 1-3, l'articolo di Vittorio Emanuele Parsi dal titolo " Non è stato il gesto di un pazzo ".
Vittorio Emanuele Parsi
Può darsi che Mohamed Game sia uno scapestrato senza legami organici con l’internazionale jihadista. Ma intanto due suoi complici sono stati arrestati.
In casa sua sono stati trovati 40 chili di materiale idoneo a ricavare esplosivo. Non solo. Quello che sembrava essere un piccolo ordigno, si è rivelato essere una bomba grande dieci volte tanto. Game - come altri inquisiti, arrestati e incarcerati prima di lui - frequentava il centro islamico di viale Jenner, finito nel mirino degli inquirenti fin da quando delle investigazioni sul terrorismo islamista (prima dell’11 settembre) si occupava in maniera quasi solitaria un magistrato proveniente dall’antimafia siciliana, Stefano D’Ambruoso.
In questi ultimi anni tante cose sono cambiate a Milano e in Italia, anche nella direzione di una ricerca di maggior dialogo tra le comunità di migranti di fede islamica e gli apparati di sicurezza. Ancora pochi giorni orsono, un importante imam della capitale ricordava come la collaborazione tra le comunità dei credenti e le autorità repubblicane, sulla falsariga di quanto da tempo avviene in Francia e sulla scorta di quanto il ministro Maroni ha sostenuto più volte, fosse determinante innanzitutto per difendere i nostri concittadini di fede islamica e i tanti stranieri musulmani dall’azione culturalmente violenta di improvvisati e improbabili cantori di una presunta «purezza» originaria della fede, dalla loro arrogante fitna contro tutti coloro che essi ritengono «apostati».
Tra queste voci, informate e accorate, quella del centro culturale islamico di viale Jenner a Milano è sempre stata la più flebile e ambigua, continuamente attenta a elevare capziosi distinguo, quasi che avesse più a cuore la tutela degli elementi meno integrati nel tessuto sociale cittadino piuttosto che la sorte di migliaia e migliaia di fedeli di Allah, che ogni giorno offrono il loro sincero contributo alla convivenza, svellendo quei muri di diffidenza reciproca che non saranno certo abbattuti da quel provincialissimo snobismo culturale e civile da cui è afflitto il nostro Paese, che con stanco autocompiacimento si manifesta nei talk show televisivi e nella retorica del politicamente corretto. La strada l’ha indicata con chiarezza il presidente Fini: tempi rapidi e certi per l’acquisizione della cittadinanza che accompagnino tempi rapidi e certi per l’applicazione rigorosa delle leggi della Repubblica.
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