Riportiamo dal RIFORMISTA di oggi, 14/10/2009, a pag. 12, l'articolo di Anna Momigliano dal titolo " Israele ora spia anche i suoi arabi ".
Nel finale dell'articolo si legge la notizia che Abu Mazen ha ritrattato la sua decisione di rinviare a marzo la discussione del rapporto Goldstone. Oggi il documento verrà discusso dal Consiglio di Sicurezza, domani invece sarà il turno del Consiglio per i Diritti umani. Invitiamo i lettori di IC a firmare con urgenza la petizione del Simon Wiesethal Center contro la discussione del Rapporto Goldstone all'Onu. La petizione è indirizzata a Susan Rice, ambasciatrice Usa all'Onu ed è possibile firmarla cliccando su questo link:
http://www.wiesenthal.com/siteapps/advocacy/ActionItem.aspx?c=lsKWLbPJLnF&b=5520409
Ecco l'articolo di Anna Momigliano:
Richard Goldstone
La notizia è saltata fuori nel momento peggiore, quando la tensione tra le autorità israeliane e la minoranza araba del Paese è già altissima. La polizia israeliana ha creato un'unità d'intelligence sotto copertura per raccogliere informazioni nelle comunità arabe israeliane su possibili attacchi terroristici: «L'esistenza di questa unità prova che Israele vede i suoi cittadini arabi come una minaccia» ha commentato Jamal Zahalka, presidente del partito Balad. L'attività di spionaggio nei villaggi e a Gerusalemme Est andrebbe avanti da almeno due anni, ma la cosa si è venuta a sapere solo ieri. E il contesto, si diceva, non è dei migliori: nelle ultime settimane infatti si è sfiorato il rischio di una Terza intifada, a causa degli scontri sulla Spianata delle Moschee di Gerusalemme.
La guerriglia nella capitale era cominciata a ridosso dello Yom Kippur (27 settembre), quando un centinaio di fedeli musulmani hanno preso a sassate alcuni giovani ebrei che volevano accedere alla Spianata. La violenza sarebbe scaturita dalla voce, diffusa da alcuni predicatori musulmani, secondo cui dei fanatici ebrei avrebbero tentato di "conquistare" il luogo sacro. Gli scontri si sono protratti per settimane. La polizia aveva arrestato con l'accusa di incitamento alla violenza religiosa lo sceicco Raed Salah, leader del Movimento Islamico in Israele - organizzazione che, come suggerisce il nome, si rivolge agli arabi israeliani. Salah è poi stato rilasciato.
Lo Stato di Israele fa sempre più fatica a gestire il rapporto con la minoranza di lingua e cultura araba. Un problema che va al di là delle antiche tensioni con i palestinesi, che abitano nei Territori occupati, perché divide la società israeliana al suo stesso interno. Un deterioramento che si trascina da anni, e che si riflette persino nella lingua. Fino a poco tempo fa i cittadini arabi di Israele si definivano semplicemente "arabi israeliani", ma adesso si sente spesso parlare di "arabi del 1948" (in contrapposizione con gli "arabi del 1967" che vivono nei Territori occupati), o addirittura di "palestinesi con cittadinanza israeliana".
E adesso questa notizia sulla task force della polizia rischia di gettare benzina sul fuoco. Non farà piacere a molti arabi israeliani sapere che il loro stesso governo sta spiando i loro villaggi, anche se per prevenire attacchi terroristici. Infatti la polizia aveva finora mantenuto il massimo riserbo su questo tipo di operazioni d'intelligence. Anzi, solo due mesi fa, il commissario David Cohen aveva negato che questo tipo di unità esistessero tout court.
Ieri, invece, sono arrivate indiscrezioni bene informate, diffuse dal quotidiano Haaretz: "un'unità segreta di polizia per monitorare i cittadini israeliani" esiste eccome, si chiama Lahav 433, era nata per spiare le famiglie mafiose, ma più recentemente si è concentrata sui villaggi arabi e la zona orientale di Gerusalemme. Di fatto i poliziotti opererebbero allo stesso modo dei cosiddetti "mistaravim", ossia le unità d'élite dell'esercito addestrati a travestirsi da arabi. Con una bella differenza, però: i "mistarvim" dell'esercito agiscono nei Territori occupati, tra i nemici; mentre l'unità di polizia si occupa di cittadini israeliani a pieno titolo. Come reagirano gli arabi d'Israele?
La tensione potrebbe comunque salire nei prossimi giorni, mentre due dei massimi organi delle Nazioni Unite discutono il rapporto Goldstone, che accusa le forze armate israeliane e i miliziani palestinesi di crimini di guerra e contro l'umanità durante il conflitto a Gaza dello scorso inverno. Israele ha già rigettato le conclusioni del team di investigatori dell'Onu, che considera manipolati dalla propaganda palestinese.
Oggi il documento verrà discusso dal Consiglio di Sicurezza, domani invece sarà il turno del Consiglio per i Diritti umani. La discussione al Consiglio di Sicurezza avverrà a porte chiuse, e non è chiaro a che cosa possa portare. Si tratta di per sé di un evento irrituale (visto che il rapporto Goldstone era stato commissionato dal Consiglio per i Diritti umani), richiesto dalla Libia.
Quanto alla discussione nel Consiglio per i Diritti umani, che dovrebbe durare due giorni, è possibile che produca una dichiarazione di condanna nei confronti di Israele. Si sono già pronunciati contro Israele 18 dei 47 membri dell'organo: Arabia saudita, Bahrain, Bangladesh, Bolivia, Cina, Cuba, Djibouti, Egitto, Filippine, Gabon, Giordania, Indonesia, Mauritius, Nicaragua, Nigeria, Pakistan, Qatar, e Senegal.
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