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Informazione Corretta Rassegna Stampa
11.10.2009 11 ottobre, ricordiamo l'attentato contro la sinagoga di Roma
con l'intervento di Bruno Zevi in memoria di Stefano Gaj Taché

Testata: Informazione Corretta
Data: 11 ottobre 2009
Pagina: 1
Autore: Bruno Zevi
Titolo: «Noi, popolo di Israele, protestiamo e accusiamo»

Quello che segue è il testo del discorso pronunciato l¹11 Ottobre 1982 in
Campidoglio da Bruno Zevi, a nome della Comunità ebraica romana, dopo l' attentato contro la sinagoga nel quale venne ucciso il giovane Stefano Gaj Taché.

Bruno Zevi

Noi, popolo di Israele, protestiamo e accusiamo

L¹antisemitismo ha una storia millenaria, ma quello culminato nella strage
di sabato scorso alla nostra sinagoga ne ha anche una specifica, le cui
componenti furono denunciate qui in Campidoglio nell¹ottobre 1976,
esattamente sei anni fa. Qualcuno di voi forse ricorda quell¹avvenimento.
Giulio Carlo Argan era stato eletto da poche settimane sindaco di Roma. Si
avvicinava il 16 ottobre, trentatreesimo anniversario del giorno in cui i
nazisti accerchiarono il ghetto e 1.259 ebrei furono deportati. Argan volle
che la ricorrenza fosse celebrata in Campidoglio, e questo costituì
l¹occasione per esaminare le cause di un nascente antisemitismo,
manifestatosi poco tempo prima con il lancio di bottiglie incendiarie contro
la sinagoga, in strumentale concomitanza con un comizio di sinistra.
Furono spregiudicatamente individuate tre cause, dirette e indirette, di
questo nuovo antisemitismo.
La prima riguardava lo Stato d¹Israele, la campagna antisionista, già allora
estesasi in maniera abnorme e velenosa. Avvertimmo che l¹antisionismo non
era altro che una mascheratura dell¹antisemitismo, com¹era e come è divenuto
sempre più evidente dai paesi arabi all¹Unione Sovietica.
La seconda causa poggiava sul secolare antisemitismo cattolico, che il
Concilio Vaticano non era riuscito a debellare, pur sollevando finalmente
gli ebrei dalla turpe condanna di popolo deicida. Rilevammo allora come
fosse urgente, per l¹indipendenza e il carattere laico della repubblica
italiana, procedere ad una profonda revisione del Concordato firmato dal
fascismo e dei relativi Patti Lateranensi.
Terza causa la posizione marxista sulla questione ebraica, posizione
inquinata dall¹«odio ebraico di sé» di Carlo Marx, dall¹ostilità di Lenin
nei confronti del bund ebraico, e dall¹atteggiamento illuministicamente
antisemita di molti leaders che si richiamavano al marxismo. Chiedemmo
allora che, alla luce del pensiero di Gramsci, si pervenisse ad una svolta
decisiva del pensiero marxista ufficiale sulla questione ebraica.
Sono trascorsi sei anni, e queste tre cause dell¹antisemitismo, già allora
evidenti, non sono state rimosse. Anzi si sono aggravate a tutti i livelli,
dalle scuole elementari all¹università. Dalle fabbriche ai palazzi del
potere economico condizionati dai petrodollari.
Se gli ebrei romani, l¹altro giorno e ieri, hanno scelto di vivere il loro
lutto da soli, rifiutando lo spettacolo di una passerella di uomini
politici, di giornalisti e di intellettuali, che si offrivano di venire in
ghetto per esprimere il loro sdegno e la loro solidarietà, è perché
ritengono che non sia oltre accettabile una solidarietà che si concreta
soltanto quando ci sono ebrei morti, bambini di due anni assassinati.
E¹ gravissimo dirlo, e per me liberal-socialista particolarmente angoscioso,
ma quanto è accaduto l¹altro giorno nella tragica realtà era stato
prefigurato, quasi simulato qualche mese fa, durante una manifestazione
sindacale. Tra ignobili urla «gli ebrei al rogo!» e «morte agli ebrei!», dal
corteo sindacale era stata scaraventata una bara contro la lapide della
sinagoga che riporta i nomi dei martiri del campi di sterminio e delle Fosse
Ardeatine. Alle proteste contro tale aberrante, preordinato, inconcepibile
episodio di delirio antisemita fu risposto in maniera sofisticata ed
equivoca, naturalmente deplorandolo ma capziosamente spiegandone i moventi
con la politica dello Stato d¹Israele. Ennesima conferma che
dall¹antisionismo si passa automaticamente all¹antisemitismo.
Quella bara simbolica oggi è diventata reale. Contiene un bambino crivellato
di colpi, caduto insieme ad oltre trenta persone all¹uscita della sinagoga.
Non può quindi meravigliare che, dopo un¹indiscriminata campagna contro lo
Stato e il popolo di Israele e le comunità della diaspore, dopo gli attacchi
feroci ed isterici contro i cosiddetti «olocausti», stermini ed eccidi che
gli israeliani avrebbero compiuto, gli ebrei di Roma si siano chiusi per due
giorni in un silenzio peraltro politicamente significativo.
In questi mesi, hanno avuto pochissimi veri amici, tra i partiti minori
dello schieramento democratico. I partiti di massa, la stampa con rarissime
eccezioni, la radio e la televisione di Stato in tutti i suoi canali hanno
invelenito l¹atmosfera e creato un terreno fertile per l¹antisemitismo. Di
fronte ai fatti, le lacrime esibite oggi sembrano davvero tardive.
E¹ inutile affermare che In Italia, che a Roma non c¹è antisemitismo. Al
massimo, si può dire che non c¹era mai in questa forma virulenta, perché
neppure durante il fascismo, neppure durante l¹occupazione nazista, furono
attaccate le sinagoghe come è accaduto a Milano e a Roma. Ma chi di voi ha
ascoltato le radio e le televisioni private nelle scorse settimane è
rabbrividito di fronte alla incredibile quantità di testimonianze d¹odio
antisemita. Ancor più inquietante il fatto che, a parte la radio e la
televisione dei radicali, ben poche trasmittenti private ribattevano e
combattevano questo livore.
Dopo la tragedia dell¹altro ieri, i giornali, le radio < e teletrasmissioni
< le dichiarazioni di uomini politici sono unanimemente solidali con gli
ebrei, ma non c¹è giornale, né radio, né televisione, né uomo politico che
abbia detto: «Una parte, sia pur minima e indiretta, della responsabilità di
quanto è accaduto ce l¹ho anch¹io!».
Perciò noi accusiamo:
1) II Ministero degli Interni e i dirigenti delle forze dell¹ordine per non
aver apprestato dispositivi difensivi nel ghetto e intorno alla sinagoga,
malgrado fossero stati insistentemente richiesti, a seguito delle continue
minacce dirette agli ebrei. (Durante una cerimonia in sinagoga) è stato
osservato che l¹Italia manda i suoi bersaglieri in Libano per proteggere i
palestinesi, ma non protegge i cittadini ebrei italiani;
2) il mondo cattolico per il modo pomposo in cui ha ricevuto Arafat in
Vaticano e per aver quasi ignorato che il massacro nei campi palestinesi è
stato compiuto da cristiani, mentre all¹esercito di Israele può essere
ascritta, se provata la sola colpa di una corresponsabilità morale,
3) la classe politica e sindacale, con ben poche eccezioni, da alcune delle
massime autorità dello Stato ai leaders di molti partiti e a numerosi
amministratori locali, per il comportamento tenuto durante la visita di
Arafat a Roma, per la gara di strette di mano, di abbracci, di baci, di
relative accoglienze fraterne verso il capo di un¹organizzazione che, se
oggi si presenta con un ramoscello d¹ulivo, nel passato ha perpetrato
innumeri stragi terroristiche contro Israele e contro gli ebrei, e non ha
ancora riconosciuto il diritto all¹esistenza dello Stato d¹Israele, anzi
anche ultimamente ha confermato di volere non la pace, ma una «guerra
santa»;
4) la stampa e la radiotelevisione che, salvo rare eccezioni, hanno distorto
fatti e opinioni, confondendo volutamente lo Stato di Israele con la
politica del suo attuale governo, con il popolo e le comunità ebraiche,
determinando un clima incandescente, entro il quale si è inserita la strage
dell¹altro giorno;
5) i molti, moltissimi intellettuali, giornalisti o meno, che in questi mesi
si sono divertiti ad esaminare i risvolti psicologici, le «malattie» di
Israele, i moventi segreti della politica di Begin e di quella dei suoi
oppositori, facendo sfoggio di elucubrazioni e sofismi tutti adducenti,
magari contro il loro proposito, all¹antisemitismo.
Noi accusiamo. In un mondo sconvolto dalla violenza, con 30.000 persone al
giorno che muoiono per fame, i nostri mezzi di informazione di massa hanno
dato il massimo rilievo solo alle azioni dell¹esercito israeliano. I morti
in Afganistan, i morti in Iran, i morti in Siria, le decine di migliaia di
morti in Libano dopo l¹arrivo dei palestinesi, i bambini della Galilea
bombardati, questi morti non valgono, e anche i terroristi palestinesi sono
considerati mansueti, pacifici: avevano immensi arsenali di armi in Libano,
ma solo per giocare. Signori consiglieri regionali, provinciali e comunali;
noi siamo sinceramente commossi dalle manifestazioni di solidarietà emerse
in quest¹aula. Lo siamo come ebrei romani, e lo siamo ancor più in quanto
cittadini italiani che sanno come l¹antisemitismo sia un preciso sismografo
della civiltà di un paese.
Nessuno ci chieda di distinguerci dal popolo di Israele, di accettare una
differenziazione manichea tra ebrei e israeliani. Noi apparteniamo al popolo
di Israele che comprende le comunità disperse in ogni parte del mondo, a
cominciare dalla più antica, quella di Roma, e la comunità di coloro che
hanno fatto ritorno alla terra degli avi. Inoltre, lo Stato di Israele,
indipendentemente dal giudizio che possiamo dare sul suo governo, vale per
un¹altra ragione: perché è uno Stato democratico esemplare.
In quale altro Stato sarebbe ammesso che militari, anche di alto grado,
rifiutassero di combattere una guerra di cui non condividono le finalità e,
invece di essere processati e fucilati per tradimento, sono tranquillamente
mandati a casa?
In quale democrazia in stato di guerra si istituirebbe una commissione
d¹inchiesta sul comportamento dell¹esercito?
In quale democrazia in stato di guerra si potrebbe svolgere una
manifestazione di 400.000 persone che protestano contro la guerra, senza
alcun atto repressivo da parte del potere?
E concludo. L¹antisemitismo è esistito per duemila anni, non dal 1948, dalla
proclamazione dello Stato di Israele. Non crediamo all¹antisionismo
filosemita: è una contraddizione in termini.
Abbiamo espresso con franchezza la nostre accuse. Siamo preoccupati,
allarmati come ebrei, come antifascisti, come democratici, come uomini della
sinistra. L¹antisemitismo, come tutti avete affermato, è un segnale
inequivocabile di corrosione democratica. Ebbene, in Italia, a Roma
l¹antisemitismo emerge in forme inedite nella storia del nostro paese. Era
un segnale già chiaro sei anni fa, ma oggi esplosivo. Insieme, teniamone
conto e corriamo ai ripari.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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