Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 07/10/2009, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " I magistrati europei vanno a caccia dei “most wanted fugitives” d’Israele".
Giulio Meotti
Roma. Due settimane fa nel cuore di Londra, a Covent Garden, militanti filopalestinesi hanno costretto alla chiusura il negozio della linea di bellezza israeliana Ahava. Intanto i principali sindacati inglesi approvavano il boicottaggio delle merci d’Israele. Pochi giorni più tardi, il vice premier israeliano Moshe Yaalon veniva “consigliato” di non recarsi a Londra per il rischio di essere arrestato con l’accusa di “crimini di guerra”. Yaalon era stato invitato a un evento di beneficenza che si terrà nella capitale britannica a novembre. Anche il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, è appena tornato dalla capitale inglese e anche su di lui pendeva la minaccia di arresto (si è parlato di un rientro precipitoso a Tel Aviv). Sono i primi frutti del rapporto Goldstone per il Consiglio dell’Onu sui diritti umani, che accusa Israele di “crimini di guerra” a Gaza. Da anni ormai la magistratura inglese si è arrogata il diritto di agire da tribunale internazionale contro i “crimini israeliani in Palestina”, perseguendo i militari israeliani esattamente come la Corte dell’Aia ha fatto con quelli serbi e croati. Il 10 settembre 2005 il generale Doron Almog stava atterrando a Londra con un volo El Al, quando l’ambasciata israeliana lo avvertì che c’era un ordine di arresto emesso da un magistrato inglese per violazioni della convenzione di Ginevra. Almog tornò a casa, senza neppure scendere dall’aereo e Downing Street fu costretta a porgere le proprie scuse. Sul generale Almog pende un mandato d’arresto di un magistrato londinese per l’accusa di aver distrutto 59 case di palestinesi – vuote – durante un’operazione a Gaza. Procedura inaugurata in tutta la Palestina proprio dalle truppe inglesi tra il 1918 e il 1948. L’ex ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni a gennaio ha rischiato di non arrivare a Bruxelles per illustrare l’operazione israeliana a Gaza, a causa delle voci di un arresto pendente nei suoi confronti. Il giudice spagnolo Fernando Andreu ha appena aperto un’inchiesta sull’ex ministro della Difesa israeliano Benjamin Ben-Eliezer e su sei alti funzionari militari accusati di aver organizzato nel 2002 un bombardamento nella Striscia di Gaza contro l’esponente di Hamas Salah Shehadeh. Nel dicembre 2007 il ministro israeliano per la sicurezza interna Avi Dichter rinunciò a partecipare a una conferenza in Gran Bretagna sulle prospettive del processo di pace per non rischiare di essere arrestato. L’ex premier Ariel Sharon è stato per anni braccato dal Belgio e nel 2005, durante l’Assemblea generale dell’Onu a New York, non accettò l’invito di Tony Blair per una visita di stato in Gran Bretagna: temeva di essere arrestato dalla polizia inglese all’aeroporto per presunti reati commessi in Israele durante la sua azione di contrasto al terrorismo. Il generale israeliano Aviv Kokhavi nel 2006 progettava di andare in Gran Bretagna per alcuni corsi di un’accademia militare britannica, ma ha rinunciato al suo progetto per paura di essere arrestato per “crimini di guerra”. Intanto i comandanti di brigata israeliani devono celare il volto in pubblico o quando sono in uniforme. Soltanto i vertici dell’esercito devono poter affrontare le conseguenze giuridiche. “Finita la guerra vera, inizia quella legale”, dice Gerald Steinberg della Bar Ilan University e direttore di NGO Monitor, il quale spiega che la guerra legale fa parte della “strategia Durban”: “Israele è come il Sud Africa dell’apartheid e i suoi criminali di guerra non devono poter essere parte della società globale”. Quest’offensiva legale internazionale ha lo scopo di intimidire, isolare e strangolare la libertà di movimento israeliana, come si fece con quella sudafricana. Giorno dopo giorno, Israele diventerà sempre più debole, come accadde al sistema dell’apartheid. In Spagna un sito web pubblica le versioni in ebraico e inglese degli avvisi di garanzia per una dozzina di politici israeliani. Il sito lancia un appello a chiunque “abbia informazioni sulla presenza dei sospetti fuori dai confini di Israele e di notificarlo al Prosecutore dell’Aja”. Le schede hanno cenni biografici e descrizioni fisiche dei “sospetti”. In Spagna così si faceva anche durante l’Inquisizione.
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