Quante divisioni ha padre Gumpel ? Questo gesuita, che si muove da sempre guidato da sentimenti anti-ebraici, non si ferma di fronte a nulla, nemmeno davanti alla decisione del Papa di non firmare la beatificazione di Pio XII. Di potere ne ha, questo è fuor di dubbio, almeno quanto l'astio, tipico di alcuni convertiti, nei confronti della fede abbandonata. Ha dell'incredibile il fatto che la spiegazione di una decisione del Papa, venga fornita dallo stesso postulatore della beatificazione di Pacelli. Non siamo sicuri che cosa finisca qui, in Vaticano Gumpel sta in buona compagnia. Ci saranno altre puntate, ma di questa parte della storia, speriamo sia l'ultima puntata. Pubblichiamo dalla STAMPA di oggi , 20/06/2009, a pag.35, la cronaca di Giacomo Galeazzi, dal titolo - molto scorretto - " Pio XII santo,stop dagli ebrei ", i commenti di Arrigo Levi dalla STAMPA, e Vito Mancuso da REPUBBLICA, sullo stesso giornale l'intervista al rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni di Orazio La Rocca.
La Stampa-Giacomo Galeazzi: " Pio XII santo, stop dagli ebrei "
Padre Peter Gumpel
Niente onori degli altari per Pio XII. «Le organizzazioni ebraiche hanno detto chiaro e tondo a Papa Ratzinger che i rapporti tra la Chiesa e gli ebrei ne sarebbero compromessi per sempre», denuncia padre Peter Gumpel, relatore della causa di Pacelli. Benedetto XVI «è convinto della santità ma non firma la beatificazione in quanto impressionato dai recenti incontri con con gli ebrei». Insomma, la descrizione di un ricatto, dal quale però prende le distanze la Santa Sede, mostrando insofferenza e fastidio per le esternazioni «non concordate» del postulatore. «Nella guerra contro la figura di Pio XII - stigmatizza il gesuita Gumpel - rispondiamo puntualmente a tutti gli attacchi sulla base di documenti, ma si continua a offrire all’opinione pubblica una visione distorta. Appare sempre più evidente che l’intento della campagna contro Pio XII è colpire la Chiesa intera». Riguardo l’iter della causa «dal punto di vista scientifico i dati sono chiari, quanto doveva essere fatto è stato fatto», assicura Gumpel. Né ci sono dubbi neppure sull’«autenticità dei miracoli che sono necessari all’avanzamento del processo».
Immediata la replica della comunità ebraica, che protesta per essere stata indicata dal postulatore come l’origine di una decisione tutta e solo interna alla Chiesa. «Se Pio XII non sarà santo e se non se ne viene a capo, la responsabilità non è certo delle associazioni ebraiche che hanno espresso riserve sulla beatificazione - ribatte il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni -. La procedura nei confronti di Pio XII riguarda prima di tutto un problema interno della Chiesa. Si tratta evidentemente qualche cosa di troppo sofferto, che divide la Chiesa stessa, al di là dei grandi movimenti apologetici che ci sono stai in questi ultimi tempi nei confronti di papa Pacelli». Inoltre, precisa il rabbino, «le organizzazione ebraiche ogni volta che incontrano Benedetto XVI sono in genere molto ossequiose».
Ma le parole di padre Gumpel sono pietre. «Papa Ratzinger ha una grande ammirazione per Pio XII, anche per quello che egli ha realizzato durante la guerra e favore degli ebrei e non ha personalmente nulla contro la causa». Tuttavia, il Pontefice non firma il decreto sulle eroiche virtù di Pio XII. E ciò nonostante la Congregazione per la causa dei santi abbia approvato in via definitiva la «positio» (cioè la raccolta delle prove) ormai più di due anni fa, l’8 maggio 2007. Non lo fa, è il «J’accuse» di Gumpel, perché «è impressionato» dai diversi incontri che ha avuto con l’Antidefamation league. Inoltre il postulatore stigmatizza «ideologie anticattoliche» che negano «la corretta interpretazione sui meriti di Pacelli di fronte alla Shoah malgrado i fatti storici siano indiscutibili». Poi punta l’indice contro gli ambienti ebraici contrari a Pacelli santo. «Queste persone si convertiranno? Riusciremo a far capire loro che sbagliano?», si domanda. A questo proposito, la didascalia sul «silenzio» di Pio XII al memoriale della Shoah di Gerusalemme, lo «Yad Vashem», secondo Gumpel, è «vergognosa». Promuovere migliori rapporti «tra la Chiesa e gli ebrei è un intento lodevole, però la riconciliazione deve avvenire dalle due parti».
Il gesuita attacca al contempo la commissione che Benedetto XVI ha costituito per compiere un supplemento di istruttoria sulla causa dopo i tre livelli di approvazione da parte della congregazione per i Santi (gli storici, i teologi e i vescovi e cardinali). Un delicato lavoro di approfondimento affidato dal Vaticano al domenicano Ambrosius Eszer. «La cosiddetta commissione è circondata da mistero - insorge Gumpel -. Padre Eszer è totalmente a favore della causa e non esistono zone d’ombra». I 13 cardinali e vescovi che hanno dato il via libera alla causa di Pacelli due anni fa «all’unanimità», rappresentano del resto, «una decisione a livello molto più alto di padre Eszer, il cui compito non è mettere in dubbio quello che hanno fatto i vescovi e cardinali, ma rispondere ai recenti attacchi». Quanto appunto al miracolo necessario alla beatificazione, «abbiamo prove di guarigioni inspiegabili che valgono dal punto di vista medico».
Basta pressioni, risponde il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi: «Se il Papa pensa che lo studio e la riflessione sulla causa di Pio XII vadano ancora prolungati, questa sua posizione va rispettata senza interferire con interventi non giustificati e inopportuni». E a padre Gumpel che nel convegno alla Libreria Editrice Vaticana aveva condannato un tentativo di ricatto da parte di ambienti ebraici, padre Lombardi chiarisce che «la firma dei decreti che riguardano le cause di beatificazione è di esclusiva competenza del Papa, che deve essere lasciato completamente libero nelle sue valutazioni e nelle sue decisioni».
La Stampa-Arrigo Levi: " E' la chiesa che dubita "
Arrigo Levi
iE’ un fatto che i giudizi del mondo ebraico sul comportamento di papa Pacelli al tempo della Shoah siano molto cambiati. All’indomani della sconfitta del nazismo, non soltanto l’ebraismo italiano ma l’ebraismo mondiale furono molto generosi di complimenti e parole di gratitudine verso il papa, per l’azione del mondo cattolico al fine di salvare le vite di ebrei. Col tempo, è però emerso un giudizio assi più critico, che si è riflesso nella didascalia di condanna senza riserve apposta nello «Yad vashem» a Gerusalemme accanto alla fotografia di Pio XII.
Ma non tutti gli ebrei condividono questo giudizio: non esito a dire che a me appare eccessivo. Ignora l’opera del clero per salvare gli ebrei. Liliana Fargion, che ha dedicato anni di lavoro a ricostruire la storia dei quasi 10 mila ebrei italiani vittime della Shoah, e di quelli (forse più di 20 mila) che si salvarono grazie all’aiuto di uno stuolo impressionante di «giusti», ha riassunto la sua opinione scrivendo: «La carità cristiana fu dispiegata durante la guerra in maniera non specifica nei confronti degli ebrei, ma sicuramente in maniera speciale, per motivi di quantità e di particolare allarme per le loro vite. Il rifugio nei conventi e nelle case religiose, l’aiuto dei parroci nei piccoli centri, la disponibilità e il soccorso prestato da esponenti o semplici iscritti ad Azione cattolica fu di tale proporzione da assumere un aspetto corale».
Anche se non vi fu un testo scritto con la firma di papa Pacelli che sollecitasse questo aiuto, esso non avrebbe potuto assumere proporzioni così vaste se non vi fosse stata da parte del papa un esplicito consenso a questa opera «corale». Sicuramente, l’assenso e l’incoraggiamento vi furono. Ho scritto, e non ho cambiato idea, che se il papa fosse sceso per le strade del ghetto per fermare la caccia agli ebrei, avrebbe forse compiuto un atto di martirio destinato ad essere ricordato nei secoli: ma il risultato sarebbe stato di provocare l’invasione dei tanti luoghi di rifugio e la fine di decine di migliaia di ebrei e dei loro salvatori. Da ebreo, non posso non giustificare la maggior prudenza del Vaticano.
Ritengo che possa essere invece motivato un giudizio negativo per la mancanza di una coraggiosa ed esplicita condanna del regime nazista da parte del papa. Il papa ne era certamente al corrente, e la sua «prudenza» appare eccessiva. Ma non convincono le parole di padre Gumpel, che scaricano l’intera responsabilità delle difficoltà trovate dal processo di beatificazione su non identificati «rappresentanti delle organizzazione ebraiche». Con un pizzico di ironia, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni ha ricordato che quando avvengono questi incontri col papa le delegazioni ebraiche «di solito sono molto ossequiose». Non credo proprio che nessuno possa aver minacciato una crisi «definitiva e permanente» nei rapporti fra gli ebrei e la Chiesa, rapporti che hanno conosciuto, a partire dal Concilio Vaticano II, uno straordinario miglioramento.
Sono d’accordo col rabbino di Roma anche quando egli dice di dubitare che, se non si viene a capo del processo di beatificazione, la responsabilità sia delle «associazioni ebraiche», ricordando che «la procedura rimane un problema interno della Chiesa». Forse il giudizio sul merito e sull’opportunità della beatificazione di Pio XII non è unanime all’interno della Chiesa stessa?
La Repubblica-Vito Mancuso: " Il rispetto di Ratzinger "
Vito Mancuso
Prescindo dal controverso problema del comportamento di Pio XII durante la Seconda guerra mondiale, se occorra più sottolineare i suoi silenzi pubblici a proposito della Shoah (di cui certamente aveva sentore) o piuttosto le efficaci indicazioni pratiche per salvare nelle strutture cattoliche non pochi ebrei (che effettivamente ebbero salva la vita). In Pio XII c´è l´uno e l´altro aspetto e per questo gli storici su di lui si dividono, ma ora il problema non è lui, bensì il suo postulatore, il gesuita tedesco padre Gumpel. Il problema che sollevano le sue dichiarazioni è quello della logica seguita dalle gerarchie ecclesiastiche nel decidere di dichiarare beato e santo un cristiano, non solo Pio XII ma qualunque cristiano ritenuto meritevole di tale onore. La logica vorrebbe che il criterio fosse solo e unicamente uno: l´effettiva santità del soggetto, accertata da testimonianze oggettive e convalidata da uno o più miracoli. Se questo c´è e se la gerarchia ecclesiastica risulta convinta della santità del soggetto, non dovrebbe procedere, senza se e senza ma, avendo a cuore sola gloria di Dio e l´edificazione degli uomini? Padre Gumpel dice però che il Papa non procede per timore delle pressioni che il mondo ebraico eserciterebbe.
Ciò che tali dichiarazioni rivelano è che nelle decisioni sulle beatificazioni entrano in gioco anche altre logiche, oltre quelle di tipo spirituale. La cosa non sorprende, perché è solo così che si spiega come mai non siano stati beatificati personaggi grandissimi della Chiesa contemporanea, come per esempio l´arcivescovo Oscar Romero e l´arcivescovo Helder Camara, entrambi encomiabili nella lotta evangelica a favore dei poveri. Occorre del resto riconoscere che in ordine a Pio XII l´ingresso di altre logiche è inevitabile, e che padre Gumpel dice verosimilmente qualcosa di vero con le sue dichiarazioni.
La domanda a questo punto è: fa bene Benedetto XVI, pur convinto della santità personale di Pio XII, a non far procedere la beatificazione per rispettare il mondo ebraico? Sì, io penso che faccia benissimo e che così compia esattamente il suo dovere di pastore del popolo di Dio, che ha a cuore la pace nel mondo (per la quale il dialogo interreligioso è di un´importanza fondamentale). Se Benedetto XVI sa che facendo procedere la causa di beatificazione di Pio XII si comprometterebbe il dialogo col mondo ebraico (essenziale dopo duemila anni di ostilità con ripercussioni purtroppo note a tutti), è giusto che la tenga ferma. Penso che lo stesso Pio XII, «dal cielo», sia il primo a rallegrarsene, perché non c´è nulla di più importante della pace tra i popoli, e la pace tra le religioni ne è condizione essenziale.
Del resto se Pio XII è stato effettivamente un santo, lo è comunque di fronte a Dio, l´unica realtà che conta, alla quale i giudizi degli uomini non aggiungono e non tolgono nulla.
La Repubblica-Orazio La Rocca: " E' il solito trucco, incolpare noi per le divisioni interne alla Chiesa "
Rav Riccardo Di segni
ROMA - Maestro Di Segni, cosa pensa dell´accusa dello storico gesuita Peter Gumpell?
«Benedetto XVI impressionato dagli ebrei contrari alla beatificazione di Pio XII? Ma quando mai? È il solito trucco col quale qualcuno, in questo caso padre Gumpel, tenta di far addossare le divisioni interne alla Chiesa a presunte colpe di qualche ambiente ebraico». Il rabbino capo della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, non sembra impressionato dalla nuova sortita di padre Gumpel, il gesuita che, proprio in relazione al suo ruolo di relatore della causa di beatificazione di Pacelli, è uno dei più strenui sostenitori delle sue doti di santità. «Non è la prima volta che padre Gumpel - ricorda Di Segni - dice queste cose. In realtà, Benedetto XVI non si fa impressionare da nessuno: è stato recentemente in Terra Santa, mi ha anche scritto una lettera rispondendo al mio invito a visitare la sinagoga di Roma in autunno. E sarà un momento alto e storico. Senza nessuna impressione».
Ma allora, rabbino Di Segni, per quale motivo lo storico gesuita dice queste cose?
«La verità è che sul processo di beatificazione di Pio XII nella Chiesa cattolica si stanno scontrando due posizioni contrapposte tra favorevoli e contrari. E la causa, fatalmente, non progredisce. E chi accusa gli ebrei di tutto questo lo fa per scaricare le colpe su altri. Ma è un tentativo che non produrrà nessun effetto».
Al di là delle polemiche sollevate da padre Gumpel, cosa pensa di chi accusa Pio XII di essere stato «in silenzio» di fronte alla tragedia dell´Olocausto?
«È una questione lunga e complessa che va affrontata con serietà e, certamente, non dal punto di vista apologetico. Certamente Pio XII ha salvato degli ebrei, nessuno lo può negare. Ma il silenzio, come si sa, non sempre è d´oro e tantomeno sacro».
È un fatto, però, che non sono pochi gli ebrei che riconoscono che papa Pacelli ha fatto molto per loro durante la seconda guerra mondiale.
«Ripeto, e chi lo nega? Come è vero che tra gli ebrei ci sono quelli che criticano l´operato di Pio XII, ce ne sono altri che si dichiarano apertamente pacelliani e lo dicono pubblicamente. Come pure il problema della targa dello Yad Vaschem: anche in questo caso la discussione tra gli ebrei è aperta tra favorevoli e contrari. Sento che c´è grande attesa sui documenti che potrebbero venir fuori dagli archivi del pontificato pacelliano. Vedremo, anche se dubito che ci potranno essere grandi sorprese. Al di là di queste cose, è innegabile che i rapporti tra ebrei e cattolici siano buoni. Quando il Papa si incontra con le comunità ebraiche il clima è sempre ottimo. E lo sarà certamente anche a novembre quando visiterà la nostra sinagoga di Roma».
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