Sul FOGLIO di oggi, 28/03/2009, a pag.4, con il titolo " Cassese, l'accusatore di Israele, che andrà al Tribunale contro la Siria ", una accurata biografia di un giurista dalle forti pregiudiziali ideologiche anti Usa e anti Israele. Ecco l'articolo:
Bruxelles. Antonio Cassese, il professore di Diritto internazionale nominato presidente del Tribunale speciale per il Libano, autorizzerebbe un’eventuale richiesta di arresto del presidente siriano Bashar al Assad? La domanda per ora è una lontana ipotesi: la nuova Corte dell’Aia, che dovrà giudicare i responsabili dell’assassinio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri e di altre personalità anti siriane, è stata inaugurata soltanto da pochi giorni. Ma, dato che le prove finora raccolte dimostrano il coinvolgimento del regime siriano, un “legittimo sospetto” sul giudice Cassese c’è. Perché l’ex presidente del Tribunale internazionale per i crimini commessi nella ex Jugoslavia ha una concezione della giustizia a geometria variabile: punire i deboli e lasciare impuniti i forti. A meno che non siano americani o israeliani, che Cassese non esita a sospettare di “crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità” nella guerra al terrorismo qaidista o palestinese. Quando si tratta di dittatori, il professore ha un approccio realista. Basta guardare a quanto ha detto e scritto a proposito del mandato d’arresto emesso a inizio marzo dalla Corte penale internazionale contro il presidente del Sudan, Omar al Bashir, per i crimini commessi nel Darfur: “Una misura enorme e derisoria”. Il Darfur e l’incriminazione di Bashir non sono estranei a Cassese. Fu lui nel 2004 a guidare la commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite che raccolse le prime prove formali sugli oltre 400 mila morti e 2 milioni di sfollati nella provincia occidentale del Sudan. Pur escludendo il crimine di genocidio – ci furono solo “atti di genocidio”, disse Cassese – il suo rapporto al segretario generale dell’Onu evidenziò la responsabilità di “alti funzionari del governo” del Sudan per “crimini di guerra”. Bombardamenti, villaggi bruciati, stupri, attacchi contro i campi profughi: sono innumerevoli le violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale di cui fu accusato il regime di Bashir. La richiesta di Cassese di “deferire immediatamente la situazione del Darfur alla Corte penale internazionale” venne accolta dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. Ma, ora che le prove per portare Bashir all’Aia sono state convalidate dai giudici internazionali, Cassese ha cambiato linea. Il mandato d’arresto contro il dittatore sudanese “è una decisione discutibile (...), una misura al contempo enorme e derisoria”, ha spiegato a Libération: è impossibile arrestare un dittatore che “regna da vent’anni” sul Sudan e gode del “sostegno di Pechino”. Secondo Cassese il caso di Slobodan Milosevic, l’ex presidente serbo tradotto all’Aia con l’accusa di genocidio in Kosovo, è diverso perché “era isolato”. A un dittatore decaduto si possono mettere le manette, mentre il mandato d’arresto contro Bashir “rafforza la sua posizione internazionale”. Conclusione di Cassese su Repubblica del 5 marzo: “La giustizia internazionale non dovrebbe ostacolare soluzioni politiche di complesse crisi internazionali nell’ambito delle quali vengono perpetrati crimini gravissimi”. Applicato al Tribunale sul Libano, il ragionamento di Cassese porta all’impossibilità politica di accettare un’eventuale richiesta di arresto di Assad. Poco importa se una commissione d’inchiesta dell’Onu abbia indicato tra i principali sospetti dell’omicidio Hariri il capo dell’intelligence siriana, Assef Shawkat, e il cognato del dittatore, Maher al Assad. Ora che la Siria è stata riammessa nella comunità internazionale ed è considerata un interlocutore nelle crisi mediorientali, Assad può dormire sonni tranquilli. La storia del giurista Cassese è di tutto rispetto: non si discutono né le credenziali accademiche – è considerato uno dei migliori giuristi internazionali, anche se propenso al baronato tipico delle università italiane – né il curriculum – è stato il primo presidente del Tribunale dell’Aia per l’ex Jugoslavia. Ma c’è un’altra ragione tutta politica di “legittimo sospetto”: le sue pregiudiziali ideologiche, in particolare in medio oriente. Da anni, su Repubblica, Cassese pontifica contro gli Stati Uniti e Israele. “Guantanamo passerà alla storia come tante località diventate tristemente famose per le gravissime violazioni che vi sono state compiute: Marzabotto, Oradour-sur-Glane, Soweto, My Lai, Sabra e Chatila, Srebrenica” (10 dicembre 2008). “Come tutti sanno, il terrorismo è anche la risposta perversa e fanatica (...) alla drammatica arretratezza dello sviluppo economico e sociale di molti paesi del terzo mondo e alla questione palestinese” (19 ottobre 2004). La reazione di Israele contro Hezbollah in Libano, “se inizialmente legittima, è poi andata al di là di ciò che è consentito dal diritto umanitario” (31 luglio 2006). Nel giugno del 2003, Cassese presentò una memoria legale alla Corte suprema di Israele, affermando che gli assassini mirati contro i sospetti terroristi di Hamas sono da considerare crimini di guerra. Forse è per questo che quella di Cassese “non è stata una candidatura del governo italiano, ma di un gruppo di organizzazioni nongovernative”, come spiega al Foglio una fonte diplomatica. Nel 2003, quando si trattò di scegliere un giudice per la Corte penale internazionale, il governo del Cav. preferì un altro giurista, Mauro Politi. Oggi l’Italia si limita a prendere “atto della nomina”.
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