Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/02/2009, l'articolo " Un nazista tra i Giusti, polemica a Gerusalemme " di Francesco Battistini sulla decisione del museo della Shoà di Gerusalemme di conferire il titolo postumo di "Giusto fra i popoli" a Wilm Hosenfeld, ufficiale della Wehrmacht che, durante la guerra, aveva aiutato due ebrei a evitare la deportazione nei campi di concentramento. Ecco l'articolo:
GERUSALEMME — Non lo ringraziò nessuno. E anche nel film gli fanno dire che non importa se non ci dicono grazie, perché «è Dio che ci salva, è lui che dobbiamo ringraziare, o almeno è così che dobbiamo credere ». Cinquantasette anni dopo la sua morte, qualcuno ha pensato che un po' di gratitudine forse non guastava: Yad Vashem, il museo dell'Olocausto di Gerusalemme, ha conferito il titolo postumo di «Giusto fra i popoli » al nazista Wilm Hosenfeld. Quello del «Pianista», l'ufficiale della Wehrmacht che nelle rovine della Varsavia 1944 si commuove, sentendo un musicista ebreo suonare Chopin, e decide di salvarlo, dandogli un nascondiglio, una coperta, del cibo e tanto sostegno. Il film di Roman Polanski con Adrien Brody, anno 2002, premiato a Cannes e dagli Oscar, non esitò a raccontare la singolare figura di questo Hosenfeld, che dopo la guerra fu arrestato dai sovietici, processato, condannato prima alla fucilazione e poi a 25 anni di carcere, morendo dimenticato in una cella di Mosca.
Invece, a Yad Vashem finora non erano sicuri d'assegnare questa medaglia. Perché è vero che su Hosenfeld convergevano le testimonianze del musicista salvato, Wladyslaw Szpilman, e pure d'un altro polacco (Leon Wurm) che era riuscito a scappare da un treno diretto al lager di Treblinka ed era stato nascosto proprio dall'ufficiale tedesco, con un impiego al Centro sportivo della Wehrmacht. Nulla però provava che, militare per quattro anni nella Polonia occupata, Hosenfeld non avesse mai partecipato a rastrellamenti d'ebrei. A far cadere ogni dubbio, dicono ora al Museo dell'Olocausto, sono state nuove carte: lettere alla moglie, diari e documenti dove si dimostra «la profonda ripugnanza dell'ufficiale tedesco nei confronti della politica di sterminio hitleriana».
Un nazista fra i Giusti, dunque. Nella galleria dei 22mila non ebrei che Israele ha premiato in questi decenni. Il riconoscimento non convince tutti, però. Dice Pinchas Wagner, che allora era un bambino e nel ghetto di Varsavia fu aiutato da una famiglia polacca, i Rosciszenskis: «Non c'è paragone fra quello che fecero i Rosciszenskis e quel che fece Hosenfeld. Il suo fu solo un atto di decenza umana. Non merita un titolo tanto alto ». È d'accordo Rina Sagi, che al museo accompagna spesso le comitive: «Il suo fu certo un encomiabile atto d'umanità. Ma i Giusti furono degli eroi, salvarono centinaia di vite, rischiando la propria. Lui rischiò molto meno. Non credo che sia mai stato in reale pericolo». Ma non diceva qualcuno che chi salva una vita, salva il mondo? «Lui ne salvò almeno due», va controcorrente l'ultima figlia dei Rosciszenskis, Jansna, 77 anni: «E queste cose non si possono quantificare. Il gesto di Hosenfeld ha ancora più valore, visto oggi, perché l'uomo era un nazista addestrato a vedere negli ebrei soltanto dei subumani. La sua mente fu più forte».
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