Il CORRIERE della SERA di oggi, 11/01/2009, dedica molti servizi legati al conflitto. Pare che gli italiani siano in maggioranza dalla parte di Israele nell'articolo di Renato Mannheimer. Se questo è avvenuto occorre dire chiaramente che il merito va ai servizi di Claudio Pagliara sulla Rai, di Mediaset con Toni Capuozzo, non certo di TG3, che può essere accostato alla Tv di Hamas. E fra i quotidiani va detto che gli erticoli equilbrati si sono trovati su Corriere della Sera, Il Giornale, Il Foglio, Libero, l'Opinione e altri che non appartengono all'area di sinistra con i quali ci scusiamo per la mancata citazione. Se era per Repubblica, Manifesto, Liberazione, Unità,Messaggero,Stampa e molti altri, avremmo avuto la più raffinata disinformazione. Nei servizi che seguono, leggiamo della partecipazione di Fassino all'incontro con i sostenitori di Israele ieri a Roma. Ce ne felicitiamo. Aspettiamo dunque che ci dica perchè uno dei quotidiani del PD, l'Unità, sembra essersi adagiato sulla linea degli oppositori di Israele. Ci pare una domanda legittima, a meno che Fassino non adoperi diversi linguaggi a seconda del luogo in cui si trova. Vedremo l'Unità nei prossimi giorni, ma conoscendo bene quel giornale non ci facciamo illusioni. Ecco i servizi:
Renato Mannheimer - " La maggioranza degli italiani con Israele "
Gli italiani sono sempre più colpiti — e coinvolti — dalle vicende del conflitto israeliano- palestinese e, in particolare, dagli episodi di guerra che hanno sconvolto la striscia di Gaza. Questi ultimi — grazie anche all'ampio rilievo che ne hanno dato gli organi di informazione — hanno aumentato fortemente l'interesse verso tutta la questione. E contribuito alla formazione e al consolidamento delle posizioni al riguardo.
Lo mostrano anche i sondaggi di opinione. Ad esempio, dai dati rilevati in una ricerca condotta qualche giorno fa, emerge come, alla richiesta di una preferenza verso l'uno o l'altro dei contendenti, i cittadini si esprimano in misura assai più precisa e diffusa di quanto non accadesse solo quattro mesi fa. Con la conferma delle tendenze principali, ma anche con qualche cambiamento in alcuni orientamenti.
La maggioranza relativa (22%) continua infatti a dichiarare di sentirsi più vicina agli israeliani che ai palestinesi. Lo affermano in misura maggiore i maschi, i residenti al Nord e, com'era prevedibile, gli elettori del centrodestra. Ma la numerosità di chi, viceversa, manifesta più simpatia per i palestinesi è di poco inferiore (18%). E raggiunge quote molto più elevate (31%) nell'elettorato di centrosinistra (con una ulteriore forte accentuazione nella sinistra radicale), ove arriva a costituire la maggioranza relativa. Insomma, l'atteggiamento prevalentemente filo-palestinese degli elettori per l'opposizione continua a permanere come tratto caratterizzante, malgrado la recente evoluzione in senso più moderato di una parte della leadership di quest'area.
Ma c'è, come si è detto, una significativa evoluzione nell'arco di soli 4 mesi. Diminuisce significativamente, infatti, la percentuale di chi si definisce «vicino a nessuno» e si accresce al tempo stesso quella di chi si dichiara «vicino ai palestinesi ». Questi ultimi parrebbero dunque avere raccolto consensi tra chi un tempo era indeciso o equidistante, specie, ancora una volta, nell'ambito della sinistra (anche se il quadro delle opinioni è relativamente diverso tra il Pd da una parte e i restanti partiti del centrosinistra dall'altra).
Ciò nonostante, la netta maggioranza della popolazione (57%) continua a giudicare Hamas un movimento di carattere terrorista. Solo grossomodo il 13% lo definisce «un movimento nazionalista legittimo »: quest'ultima posizione è assai più diffusa tra chi possiede un titolo di studio elevato (23% tra i laureati).
In conclusione, benché rimanga prevalente, il carattere più filo-israeliano della popolazione italiana sembra man mano erodersi a causa dei consensi che i palestinesi di Hamas — malgrado siano, nella maggior parte dei casi giudicati dei terroristi — riescono a conquistare tra chi solo qualche mese fa si era dichiarato senza opinione, specie nell'ambito della sinistra. Un fenomeno dovuto in buona misura anche alla difficoltà di mutamento e alla viscosità degli orientamenti tradizionali e consolidati di quest'area.
Davide Frattini - " Volantini su Gaza, al via la fase tre, mettevi al sicuro "
YAD MORDECHAI — La «fase 3» dell'operazione Piombo fuso per ora è solo annunciata dal cielo. L'aviazione israeliana ha lanciato migliaia di volantini su Gaza. «I raid verranno intensificati. Non stiamo combattendo contro la popolazione della Striscia, ma contro Hamas. Seguite i nostri ordini per essere al sicuro. State lontano dai miliziani, non aiutateli. Se vivete vicino a loro, andatevene », avvertono in arabo.
La «fase 2» è andata avanti come ogni giorno. I jet hanno bombardato quaranta obiettivi, centrando ancora una volta i tunnel per il contrabbando al confine con l'Egitto. Le truppe di Tsahal sono penetrate alla periferia della città di Gaza. Negli scontri sarebbero stati uccisi quindici miliziani (tra loro Amir Mansi, capo delle cellule lancia-razzi), trecento da quando è stata lanciata l'offensiva di terra, calcolano le forze armate. «I soldati di Hamas sono spossati e non vengono in battaglia», spiega un ufficiale.
I combattimenti non si sono fermati neppure durante le tregua umanitaria. L'artiglieria israeliana ha continuato a bombardare, raccontano fonti palestinesi. «Tre ore di stop non sono abbastanza», denuncia Salam Kanaan di Save the Children. «Riusciamo a distribuire cibo a 9.500 persone, dovremmo raggiungerne 150 mila». L'Onu sta usando le riserve già accumulate a Gaza. L'ingresso dei camion con gli aiuti è stato bloccato, dopo che giovedì un autista palestinese era rimasto ucciso. I portavoce dell'esercito hanno negato di aver colpito il convoglio.
Un obice sparato da un carrarmato è esploso nel giardino di una casa a Jabaliya, ammazzando nove palestinesi. Dall'inizio dell'operazione, i
854
I morti palestinesi nell'offensiva israeliana a Gaza.
Almeno metà sono civili. I militari dello Stato ebraico stanno per lanciare la «fase 3»: dopo i raid e l'operazione di terra, l'ingresso delle truppe nel cuore dei centri abitati
morti sono 854, tra loro 270 bambini e 98 donne, stima Mouawiya Hassanein, che guida i servizi di soccorso nella Striscia.
I generali israeliani hanno preparato per il governo un piano in quattro fasi. La terza prevede di estendere l'invasione di terra. Le brigate di riservisti hanno completato l'addestramento nella base di Tzeelim, nel deserto del Negev, dov'è stata riprodotta strada per strada la città di Gaza. «Lo Stato Maggiore ha presentato due alternative al premier e ai suoi ministri — scrivono gli analisti militari del quotidiano Haaretz — con la conquista e il controllo di aree differenti. In ogni caso, i comandanti preferirebbero non dover passare a questo stadio. Il passo successivo — quello finale — implica l'occupazione di tutta la Striscia, una decisione che tutti sperano di non prendere».
L'esercito di Hamas — rivela il giornale libanese Al Akhbar —
sarebbe stato preparato da Imad Mughniyeh, il comandante militare di Hezbollah, ucciso da un'autobomba a Damasco. Mughniyeh avrebbe incontrato i leader palestinesi per trasmettere le lezioni imparate dal movimento sciita nei trentaquattro giorni di conflitto contro gli israeliani, nell'estate del 2006. «Decine di combattenti palestinesi si sono addestrati in Siria, Libano e Iran. In un anno, le capacità militari di Gaza sono state trasformate».
I fondamentalisti avrebbero costituito unità militari autosufficienti, protetto le scorte di armi e realizzato una propria rete di comunicazione. «L'arsenale di razzi accumulato è sufficiente per tre mesi e il confronto con Israele può essere trasformato in una lunga guerra d'attrito».
Ieri sono stati lanciati almeno venti missili, che hanno ferito quattordici israeliani. Hamas ha proclamato sul suo sito web di aver raggiunto anche una base dell'aviazione, a ventisette chilometri da Tel Aviv.
Francesco Battistini - " Nel salotto Tv la satira (amara) sulla guerra "
GERUSALEMME — «Sì, lanciamo le bombe al fosforo. Aiutano la memoria. Così si ricordano di non comprare più Qassam». «Inventata una nuova arma: il missile Omov, One Member One Vote», una testa (centrata) un voto. «Due signore di Sderot: "Hai visto mio figlio ferito su
Canale 10?". "E con ciò? Il mio stava su Bbc, Nbc e Cnn!" ». Gli sms piovono come Grad, le battutacce perforano come la testata d'un F-16. Piombo fuso, riso amaro. Quel che si riesce, dopo due settimane di raid aerei e attacchi di terra, ottocento e passa morti, migliaia di feriti, sirene, convogli umanitari, negoziati di pace. Non c'è guerra senza satira e Gaza non fa eccezione. Si ride perché s'è già pianto. Alla vignetta d'un barbuto di Hamas che pesca pesciolini israeliani sparando nell'acqua, finché non li trasforma in feroci piranha che saltano fuori e l'addentano ( Jerusalem Post). O su Haaretz, due caschi blu che esaminano un Katiusha lanciato dal Libano e placidi alzano la cornetta: «Chiamate Sarkozy». La demenza dei bollettini: «Un medico di Ashkelon guarda l'ambulatorio sconsolato: decine di pazienti, neanche un ferito da razzi». La scemenza dei jihadisti: una donna kamikaze che si trucca allo specchio, lenta e accurata, il giubbotto esplosivo addosso, fra le imprecazioni spazientite del regista che l'aspetta a girare il video prima del martirio. Perché alla fine, se è vero che combattere per la pace è come fottere per la verginità (John Lennon), «combattere in nome di Dio è come stuprare per amore » (blogger Tapuz).
Ridere, che male ci fa. Stavolta era destino: poche ore prima che partisse l'attacco, il 27 dicembre, la più popolare trasmissione satirica della tv israeliana, «Eretz Nehederet», «Paese meraviglioso», ospitava in studio il ministro della Difesa, Ehud Barak, sghignazzi e cuori leggeri senza che si facesse un cenno a quello che stava per scatenarsi. L'Antonio Ricci di qui, Muli Segev, non l'ha presa molto bene e nell'ultima puntata del programma ha pensato di vendicarsi un po'. Mandando in onda un finto Barak che organizza una conferenza stampa, dà un nome alla prossima fase della campagna militare («Fuoco libero: a chi tocca, tocca») e risponde infastidito alle domande sui danni collaterali: «Come potevamo sapere che quello era un asilo? Mica ce l'avevano scritto sopra in ebraico!». Il salotto di «Eretz Nehederet» sta diventando un piccolo caso per le sue feroci ironie sulla tragedia di Gaza, in un Paese che nei sondaggi sostiene all'80 per cento la guerra e manda i suoi ragazzi a morire.
C'è l'esaltato corrispondente di guerra che irrompe con le sue breaking news in stile telecronaca di basket («500 morti per gli ospiti, 4 per la squadra di casa! Il risultato è buono, ma non ci si deve distrarre, il vantaggio va aumentato!... Ecco, scusate, 501: hanno appena colpito un salone di moda!»). Oppure i collegamenti live dalle capitali straniere, come si trattasse del voto all'Eurofestival della canzone: «Qui Roma: i giurati ci danno un bonus di 800 palestinesi da ammazzare. Qui Berlino: ce ne danno uno da seimila». Cattivo gusto? «Il nostro lavoro è bilanciare l'informazione della propaganda militare — dicono gli autori del programma —, dicendo anche cose che al pubblico non piace sentire». Chi critica, dalla destra Likud soprattutto, riconosce che queste cose le fa Israele perché è una democrazia. Yael Dayan, deputata della sinistra radicale, non apprezza per altre ragioni: «Facile fare satira, quando a morire sono soprattutto i palestinesi».
Di là, nel disperato (e censurato) Hamastan, c'è poco da ridere. Né tempo, né voglia. Solo dalla Cisgiordania, dove c'è ormai un'antologia popolare dedicata al giornalista che lanciò la scarpa a Bush, l'ultima freddura è sui tre delegati di Hamas arrivati al Cairo per negoziare la tregua: «Prima di sedersi al tavolo, Mubarak ha posto un'unica condizione: che siano scalzi».
Francesco Battistini - " Appello di Abu mazen, Forza internazionale nei territori palestinesi " Ma Hamas respinge subito la proposta.
GERUSALEMME — Dice che era un viaggio già programmato. Ed è vero. Dice che la Nato ci verrebbe di corsa a fare da peacekeeper. Ed è probabile. Ma quando chiedono al segretario dell'Alleanza, Jaap de Joop Scheffer, se per caso oggi atterra in Israele per parlare di questo, e se non è di loro che si sta trattando al negoziato del Cairo, l'olandese volante della diplomazia atlantica ha un sussulto: «Magari... Ma temo che siamo ancora distanti da questo».
Distanti da tutto, per la verità. Khaled Meshaal, dalla Siria, ha solo da ridire che non si può discutere di niente, finché Israele non cessa l'offensiva su Gaza. Tzipi Livni, da Gerusalemme, non fa che ripetere l'opposto: «Prima di smettere con l'operazione Piombo fuso, vogliamo raggiungere i nostri obbiettivi. Non vogliamo che s'arrivi a condizioni che permettano in futuro il riarmo di Hamas».
Nato o non Nato, i caschi neutrali sono l'unica carta in gioco. La possibilità d'una forza internazionale al valico di Rafah è il punto su cui poggia un possibile accordo per il cessate il fuoco. Una squadra di poliziotti palestinesi dell'Anp, supervisione d'Onu e Ue. Comando francese, contingente d'olandesi, turchi, danesi, italiani, chi ci sta. A parole, nessuno rifiuta l'idea.
Nei fatti, la bombardano coi distinguo. Israele non può dirlo, ma non si fida molto degli egiziani che hanno lasciato passare di tutto per i tunnel, per anni, dalle armi al viagra, e ora sostengono che «il contrabbando di Qassam dal Sudan non passa via terra, ma via nave». Mubarak non tollera l'idea che stia sul suo territorio una forza militare straniera, «il nostro esercito è perfettamente in grado di garantirci sicurezza». E il suo plenipotenziario, il capo dei servizi segreti Omar Suleiman, ascolta chi gli dà ragione. Abu Mazen, presidente dell'Autorità palestinese, dice anche lui che una forza internazionale la vorrebbe dentro Gaza — «anche dentro la Cisgiordania, perché siamo oggetto continuo d'aggressioni israeliane» —, ovunque ma non sui confini con l'Egitto. E gli emissari di Hamas non parlano della forza sul suolo d'Egitto, ma lasciano che sia Khaled Meshaal a dirlo: niente soldati dentro la Striscia.
Se si superasse questo stallo sui tunnel, e sullo stop al contrabbando d'armi, poi ci sarebbe da affrontare l'altra metà della tregua: il blocco intorno a Gaza, che Hamas vuole rimosso con l'apertura totale dei valichi. La bozza potrebbe essere quella dell'accordo 2005, ampliata, ma prima bisogna sottoporla agl'israeliani: nei prossimi giorni, arriva di nuovo al Cairo il generale Amos Gilad, braccio destro di Ehud Barack. Clausole o poco più, però, che dipendono da un'intesa molto più urgente ed elementare: la fine dei razzi su Israele, la fine dell'invasione della Striscia. Qui, buio fitto.
Gianni Santucci - " Corteo e tensioni, bruciata la stella di David " manifestazioni dei palestinesi, svastiche sui negozi degli ebrei a Roma
MILANO — Un grado sotto zero, cinque e mezza del pomeriggio, corteo appena terminato, gli arabi milanesi prendono la neve dai giardini e si sciacquano le mani per prepararsi alla preghiera. Dopo le polemiche di sabato scorso per le invocazioni ad Allah davanti al Duomo, ieri gli islamici si sono riuniti di fronte alla stazione Centrale. I cortei contro «il massacro israeliano a Gaza» hanno attraversato molte città italiane. E scatenato nuove polemiche per le bandiere di Israele bruciate a Torino, Firenze e Milano (anche se di quest'ultimo caso non esistono prove fotografiche o filmate).
È stata una giornata di «solidarietà per il popolo palestinese » organizzata in tutta Europa, dalla Grecia all'Ungheria. Trentamila manifestanti a Parigi; dodicimila a Londra, dove ci sono stati scontri con alcuni agenti feriti e tre manifestanti arrestati.
Al corteo milanese hanno partecipato circa 5 mila persone. Molte donne con i propri bambini per mano o nel passeggino. Striscioni con le scritte: «Sionismo forma di razzismo» e «Vi lamentate dell'Olocausto, ma nel 2009 Gaza lo subisce». Centinaia di bandiere palestinesi e vessilli di Hamas e dell'Hezbollah libanese.
Bambolotti bendati e insanguinati a simboleggiare i bambini uccisi a Gaza, come quelli mostrati nelle grandi fotografie esposte sui cartelloni durante il percorso. Svastiche affiancate alla stella di David.
Nessuna tensione durante il percorso, mentre a Firenze ci sono stati alcuni carabinieri contusi. La preghiera milanese si è aperta con un'introduzione in italiano: «Pregando davanti al Duomo non volevamo offendere nessuno, chiediamo scusa, il nostro non è un gesto di sfida». Ma il vice sindaco, Riccardo De Corato, attacca: «Mi domando fino a quando la città dovrà assistere impotente a queste pantomime». L'Unione dei giovani ebrei d'Italia condanna i «deprecabili accostamenti tra Israele e il nazismo ».
Su Milano pesano ancora le polemiche per il canto del muezzin in piazza Duomo dello scorso 3 gennaio. Ieri il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha parlato di «provocazioni » e «sfida alla pace». Il ministro è andando anche oltre, manifestando l'insofferenza verso la curia milanese che circola nel Pdl: «A differenza di altri cardinali più loquaci », l'arcivescovo Dionigi Tettamanzi, «ci ha abituato a un'eccessiva prudenza nei confronti dell'Islam».
Alessandro Capponi - " Alemanno: sciacalli. Comunità sotto choc, scritte mai viste "
ROMA — Sono le nove di mattina, è il dieci gennaio: ma che anno è? A leggere queste scritte sui muri — «juden raus», «ebrei fuori dalla galassia», «ebrei a morte», «Israele terra maledetta» — a guardare questi simboli sulle vetrine di negozi gestiti da esponenti della comunità — svastiche, stelle di David — ecco, a camminare per alcune vie di Roma l'impressione è che sì, certo, sono le nove di mattina del dieci gennaio: ma l'anno, quello, non può essere il 2009.
Tic tac, tic tac: nella notte una bomboletta di spray nero imbratta saracinesche, muri e una lapide ai partigiani dall'altra parte della città, ed è così che l'orologio della storia, e la memoria, vanno all'indietro. «Dovrebbero venire di giorno quando siamo aperti — dice uno dei commercianti colpiti, Angelo Moresco —, io non ho paura: mio nonno è morto nel campo di Buchenwald, non voglio certo farlo rivoltare nella tomba». E dice un'altra cosa, anche: «Sono qui dal 1963, mai accaduta una cosa del genere». Sono giorni strani, questi, a Roma. Oggi le vetrine di alcuni negozi ebrei con su la stella di David, gli insulti, le scritte «Hamas vincerà»: ed esattamente come nello striscione ritrovato l'altro ieri, ce n'è anche per il sindaco Alemanno, «topo sionista», «ebreo».
Tutto ciò a tre giorni dal comunicato del sindacato «Flaica» che invitava a boicottare i prodotti israeliani.
Sono giorni strani, questi. Il Campidoglio provvede a far cancellare in mezz'ora le scritte e la Digos, intervenuta nei quartieri colpiti — la zona di piazza Bologna e le ingiurie ai partigiani a Cinecittà — dice chiaramente che si «lavora a tutto campo», perché la matrice potrebbe essere trasversale, e cioè le motivazioni ideologiche alla base potrebbero essere di estrema destra come dell'antagonismo di sinistra.
Chissà. Dice il sindaco: «È vergognoso che nella nostra città ci siano ancora degli sciacalli che cercano di speculare su tragedie immense come quella che sta accadendo in Medio Oriente. Chi se ne va in giro a imbrattare Roma con scritte antisemite strumentalizza i morti in Medio Oriente per tentare di rilanciare vergognose ideologie razziste che la nostra città ha già pagato duramente». Il presidente della Regione Piero Marrazzo esprime «solidarietà», e quello della Provincia, Nicola Zingaretti del Pd, è durissimo: «Giusto esprimere solidarietà, ma non basta più. Da mesi in questa città assistiamo a raid inquietanti, quasi tutti impuniti. Non vorrei che certi episodi si siano compiuti per la percezione di questo clima». Per i Verdi, con Angelo Bonelli, queste scritte sono «agghiaccianti», per il Pdl, con Francesco Giro, «l'odio per la comunità ebraica è sempre più diffuso», e per il senatore del Pd Di Giovampaolo «il problema è culturale, i parlamentari romani s'impegnino a fare conferenze nelle scuole». La lezione data dalla storia, evidentemente, non è bastata.
Fabrizio Caccia - " E Fassino difende Israele, Hamas il primo colpevole "
ROMA — «Dimostriamo a Israele che non è solo», dice rivolta alla platea Joanna Arbib, dell'associazione Keren Hayesod. «Poiché tutti noi condividiamo una storia comune e un comune destino», le fa eco l'ambasciatore Gideon Meir. È questo il senso forte della serata: sentirsi vicini, stare uniti. L'Hotel Parco dei Principi è gremito: dopo lo shabbat sono venuti in tanti, almeno mille persone, per aderire alla manifestazione «Sosteniamo Israele sosteniamo la pace», voluta dal presidente dell'Ucei Renzo Gattegna e da Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma. Il quartiere Parioli è blindato, polizia e carabinieri hanno circondato l'albergo, gli artificieri hanno bonificato la sala, si entra con l'invito: l'incubo terrorismo è tornato.
Manifestazione bipartisan. Il Pd è stato invitato e ora c'è Piero Fassino, il ministro degli Esteri del governo ombra, per lui standing ovation quando dice: «La responsabilità è prima di tutto di Hamas perché continua a negare il diritto di Israele ad esistere. Israele ha il diritto di vivere in pace così come i palestinesi hanno diritto ad avere una patria. La pace negoziata e condivisa è l'unica strada possibile. Ma Hamas scelga: o riconosce il diritto di Israele ad esistere e allora sarà anch'esso attore del processo di pace oppure resterà fuori con tutte le conseguenze ». Serata bipartisan. Il ministro delle Politiche comunitarie, Andrea Ronchi, anche lui applauditissimo: «Gli israeliani sono aggrediti e Hamas è l'aggressore perché ha rotto la tregua. La nostra cultura è contro il terrorismo e contro chi non ha il coraggio di dire che Israele ha ragione, contro gli infami striscioni e gli sciacalli che vogliono boicottare i negozi ebrei. Chi in Italia brucia le bandiere è corresponsabile come Hamas». L'Udc è rappresentata da Ferdinando Adornato. Francesco Rutelli ha mandato un messaggio forte: «È giusto che ci sia una radicale e certa cessazione del conflitto a Gaza. Non posso accettare, tuttavia, che si definisca "cessate il fuoco" solo la cessazione del fuoco israeliano mentre si tollera da parte di taluni la continuità del fuoco verso Israele. Pochi si sono preoccupati di definire "sproporzionati" gli attentati suicidi che colpivano la popolazione civile israeliana sino a pochi anni fa». Parterre di lusso: Giancarlo Elia Valori e Fiorella Kostoris, Olga D'Antona e Furio Colombo, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, Fiamma Nirenstein e Clemente Mimun. In prima fila pure Ottaviano Del Turco, l'ex governatore d'Abruzzo sotto inchiesta per presunte tangenti nella sanità: «Un'associazione terrorista combatte una guerra contro uno Stato democratico. Con chi volete che stia un socialista riformista come me?». Sullo schermo scorrono le immagini di Sderot bombardata dai razzi Qassam, si sente l'urlo della sirena che avverte i bambini israeliani. È l'ora di correre nei rifugi. Ci sono 15 secondi di tempo.
Fabrizio Roncone - " Il PD sceglie i carri armati ? Pensa ai voti "
ROMA — «Me lo conferma, vero? Fassino è andato alla manifestazione in favore di Israele e...».
Sì, Fassino è andato.
«Ah, perfetto... Allora adesso voglio proprio vedere quanti avranno il coraggio di spiegare quali sono le vere ragioni che hanno spinto il Pd a sostenere i carri armati... quei carri che stanno compiendo le stragi nella Striscia di Gaza...».
L'intervista continua se riusciamo a mantenere un poco di equilibrio.
«Equilibrio davanti a una guerra così? Cosa sarebbe accaduto se avessero ucciso ottocento soldati israeliani? Eh? Ma lo so, dico cose strane, faccio ragionamenti politicamente scorretti. In fondo, come hanno capito bene Veltroni e Fassino, stare dalla parte dei più deboli, dei palestinesi, non porta voti. Meglio ingraziarsi le lobby dello Stato di Israele che, oggi più che in passato, influenzano profondamente la politica italiana. E allora eccolo lì, Fassino, che addirittura va a manifestare...».
( Marco Rizzo conosce Piero Fassino piuttosto bene: sono cresciuti entrambi nella Torino plumbea degli anni Settanta, solo che mentre Rizzo era un temuto capo del servizio d'ordine nei cortei extraparlamentari di sinistra, Fassino avanzava, già magrissimo, alla testa di quelli organizzati dalla Fgci, cioè dai giovani del Pci. Rizzo poi ha fatto anche il pugile, e il facchino. Biografia politica: tre volte deputato nazionale, oggi guida la delegazione del Pdci al Parlamento europeo insieme a Umberto Guidoni, l'astronauta comunista).
Par di capire che lei abbia un'idea precisa di ciò che sta accadendo a Gaza.
«Io so ciò che è evidente: c'è un esercito armatissimo che aggredisce e una popolazione che, inutilmente, a giudicare dal numero delle vittime, cerca di difendersi».
Hamas spediva razzi su Israele.
«Su questo dovremmo ragionare. Perché è in corso anche un'altra battaglia».
Sarebbe?
«La battaglia mediatica. Per cui i tigì italiani dedicano dieci minuti a un razzo Kassam che fa un buco di venti centimetri su una parete, e poi ne dedicano altrettanti alle operazioni dell'esercito israeliano, che però sta spianando interi quartieri...
D'altra parte, scusi: ha sentito cosa dice il cardinal Martino? Gaza è diventato un campo di concentramento».
Gaza è anche...
«Glielo dico io cos'è anche Gaza: è un luogo dove è in corso una forma di lotta di classe. Tant'è che Hamas riesce ad avere la meglio sulla corrotta Anp e non su tutta Al Fatah, proprio grazie al fatto che fornisce servizi basilari come le scuole, gli ospedali...».
Lo Stato di Israele considera Hamas un'organizzazione terroristica.
«Terroristi? Ah sì? Beh, lo sono tanto quanto lo furono pure i progenitori di Israele, proprio nel tentativo di far nascere quello Stato».
Lei è un estremista, onorevole Rizzo.
«Senta: se riconoscere dove stanno i torti e le ragioni significa essere estremista... sì, scriva pure che sono un estremista».
Non crede che, davanti alle fiamme di Gaza, si debbano misurare le parole?
«Guardi, sia chiara una cosa: io non sono contro gli ebrei. Lo scriva bene, perché io poi lo so che basta un niente per essere fraintesi. Io sono contro lo Stato d'Israele...».
Non si preoccupi, questo s'era capito. Il guaio è che poi con ragionamenti così si finisce magari per fomentare azioni come quella del sindacato autonomo del commercio che a Roma ha proposto di boicottare tutti i negozi romani gestiti da ebrei.
«Iniziativa assurda. O sono dei dementi, e non hanno capito il genere di piacere mediatico che avrebbero fatto a Israele, oppure...».
Oppure?
«Più probabilmente sono stati imbeccati: dite così, fate così... le guerre si combattono anche con i servizi di intelligence, lo sa?».
Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sulla e-mail sottostante.