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Da Ha'aretz Il Manifesto prende i complottismo 07/09/2009

Navigando tra le news che quotidianamente ci tengono aggiornati sulle vicende di Gaza, ho aperto la pagina web de "il Manifesto", trovando un articolo che riportava un pezzo scritto da Nehemia Strassler dal titolo "Non può essere vero", pubblicato, nella sola edizione in ebraico, da Ha'aretz del 30 dicembre.

Secondo Strassler la crisi internazionale in atto è figlia dell'operazione compiuta il 4 novembre da Tsahal (l'esercito) che penetrò nella striscia per distruggere un tunnel scavato nel settore centrale, un'operazione messa in discussione dal giornalista per la decisione di operare dal lato palestinese facendo saltare un casa e uccidendo un militante di Hamas. Strassler nota che quella fu l'unica incursione dell'esercito durante la tregua e di una visibilità tale da rappresentare una sfida a Hamas.
Quindi secondo Strassler aver impedito che si ripetesse l’azione in cui nel 2006 era stato rapito il caporale Shalit è sinonimo di sfida a Hamas, considerando che se l'esercito era informato della futura sortita dal tunnel avrebbe potuto - sostiene l'articolo - chiuderne l'uscita dal lato israeliano oppure preparare un agguato.
L'articolo prosegue sottolinenando che Israele non si accontentò di distruggere il tunnel, bensì continuò l'operazione distruggendo dal cielo un veicolo con cinque attivisti di Hamas, la logica conclusione - secondo Strassler - è che l'operazione in profondità di Tsahal ha comportato, come risposta, il lancio di razzi e tutto quello che è accaduto fino ad oggi.
Il giornalista sottolinea che "Hamas agì perfino contro quelli della Jihad islamica che sparavano e pianificavano di lanciare i razzi Qassam contro Israele, arrestandone addirittura alcuni".
In sostanza sono due i punti che osserva Nehemia Strassler: a. senza la vistosa operazione del 4 novembre da parte di Israele, la tregua avrebbe potuto essere rinnovata di sei mesi e poi di altri sei mesi; b. l'attacco militare a Gaza avrebbe cambiato gli ordini del giorno della campagna elettorale, deviando il tema della crisi economica e dei licenziamenti e facendo tornare come tema principale quello della sicurezza, con effettivi vantaggi per il ministro della difesa Ehud Barak.
Avere diversi punti di osservazione per valutare qualunque vicenda è sicuramente sinonimo di apertura e dialogo, da qui ad imputare ad Israele la sfida a Hamas mi sembra quantomeno opinabile, citare Hamas che agì contro quelli della Jihad islamica (chi?) arrestandone addirittura alcuni (quanti?chi sono?) si rischia di cadere in una palude dalla quale rialzarsi non si può non rimanere sporchi di fango, esporsi a decretare l'inizio di una guerra, che in 11 giorni di scontri a portato ad un comunque elevato numero di vittime, per il cinismo, ed i vantaggi collaterali, del ministro della difesa Barak, non ha ragione di esistere.
Osservo una cosa anch'io: ogni attacco a Israele è un attacco all’Occidente, non capirlo è come sperare che prima o poi un razzo ti colpisca in pieno.
lettera firmata

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