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Il Foglio Rassegna Stampa
30.12.2008 Gaza è un pericolo per tutto il mondo
L'analisi di Carlo Panella

Testata: Il Foglio
Data: 30 dicembre 2008
Pagina: 1
Autore: Carlo Panella- La Redazione
Titolo: «Abbiamo abbandonato Israele sulla spiaggia di Ahmadinejad "- " La Spia del Cairo "»

Il FOGLIO di oggi, 30/12/2008, dedica una intera pagina alla situzione mediorientale. Tra i vari servizi, pubblichiamo l'analisi di Carlo Panella e una corrispondenza dal Cairo sui servizi di intelligence egiziani.

Carlo Panella - " Abbiamo abbandonato Israele sulla spiaggia di Ahmadinejad "

Gaza non è un problema del solo Israele, Hamas padrona di Gaza è un pericolo per tutto il mondo, ma Israele è lasciato solo a contrastare il virus jihadista di Hamas. Non è la prima volta, non sarà l’ultima che gli ebrei sono lasciati soli a contrastare un insorgenza nazista. E’ già successo a Varsavia; già nel 1948 e nel 1956 e nel 1967. Pure, basta leggere la stampa araba, per capire che Hamas a Gaza è una minaccia jihadista mortale per tutti i paesi arabi. Basta guardare la ferocia con cui la guardia di frontiera egiziana tiene alla larga il palestinesi che vorrebbero lasciare Gaza, per capire che Hosni Mubarak – e con lui re Abdullah dell’Arabia Saudita – sono ben contenti che Israele – al solito – faccia quel “lavoro sporco” che loro per imbelle ignavia non sanno fare: contrastare e combattere l’Internazionale del jihad che ha nell’Iran il suo caposaldo e in Hamas a Gaza la sua testa di ponte sul Mediterraneo. Solo la congenita viltà dell’Europa unita può fingere che Gaza sia problema degli ebrei di Israele e non della sua stessa sicurezza, può far fingere di non vedere che Hamas è parte della strategia dell’atomica iraniana. Solo una diplomazia mondiale ormai indefinibile, alla pari con l’intellighenzia progressista più sterile della storia, può pensare che sia ancora possibile a Gaza,lo schema “pace in cambio di territori”. Hamas incarna la negazione assoluta di quella prospettiva, e l’ha dimostrato a un mondo che non vuole prenderne atto, perché allora dovrebbe agire e reagire. Hamas ha avuto il territorio di Gaza e l’ha usato non per implementare una trattativa che l’avrebbe vista trionfante nel 2006, ma per spiegare a tutto il mondo che la sua strategia è il jihad versione Ahmadinejiad e il suo fine ultimo è la distruzione jihad che ha nell’Iran il suo caposaldo e in Hamas a Gaza la sua testa di ponte sul Mediterraneo. Solo la congenita viltà dell’Europa unita può fingere che Gaza sia problema degli ebrei di Israele e non della sua stessa sicurezza, può far fingere di non vedere che Hamas è parte della strategia dell’atomica iraniana. Solo una diplomazia mondiale ormai indefinibile, alla pari con l’intellighenzia progressista più sterile della storia, può pensare che sia ancora possibile a Gaza,lo schema “pace in cambio di territori”. Hamas incarna la negazione assoluta di quella prospettiva, e l’ha dimostrato a un mondo che non vuole prenderne atto, perché allora dovrebbe agire e reagire. Hamas ha avuto il territorio di Gaza e l’ha usato non per implementare una trattativa che l’avrebbe vista trionfante nel 2006, ma per spiegare a tutto il mondo che la sua strategia è il jihad versione Ahmadinejiad e il suo fine ultimo è la distruzione di Israele, nel nome di un “Uomo nuovo islamico” che mette i brividi, lo stesso che condanna a morte le bimbe che vanno a scuola a Kabul. Hamas ha sempre rifiutato di riconoscere il diritto a esistere di Israele e ha estirpato da Gaza tutti i palestinesi che intendevano perseguire la politica di “pace contro territori”. Dal giugno del 2007, dalle stragi di palestinesi compiute da palestinesi, dal “golpe di Hamas” denunciato da Abu Mazen, tutto il mondo arabo sa, tutta l’Europa sa, che Gaza è in mano ad un partito che predica l’odio jihadista, che vuole distruggere Israele e abbattere tutti i regimi arabi, in piena sintonia con l’agenda della rivoluzione iraniana diretta dall’ayatollah Khamenei. Ma, a fronte dell’evidenza del pericolo universale costituito dai programmi di Hamas, i paesi arabi hanno solo saputo erigere una frontiera di ferro attorno a Gaza (ricordate i palestinesi morti per mano dei mitra egizia Abu Mazen e Hamas. Trattative che Hamas ha sabotato proprio quando ha iniziato a lanciare razzi su Israele. L’Europa ha fatto di peggio, ha mandato un Tony Blair nella veste del costoso e inutilissimo mediatore a fare finta che si possa ancora parlare di “Pace contro territori”, ipocritamente e falsamente sostenendo che un accordo tra Abu Mazen e Israele risolverebbe il “problema Hamas”. Ma Hamas ha come obiettivo prioritario quello di impedire l’accordo tra Gerusalemme e Ramallah, in una continuità di 80 anni con quell’Ezzedin al Kassem che combatté negli anni Venti agli ordini del filonazista Gran Muftì contro i palestinesi Nashashibi che invece cercavano l’accordo con i sionisti. Il mondo intero – Stati Uniti esclusi – ha fatto finta che dei nazisti islamici di Hamas si dovesse occupare solo Israele. Come può. Come deve.

" La Spia del Cairo "

Il Cairo. Al Cairo conoscono tutti il suo nome, eppure un egiziano su dieci non lo riconoscerebbe in foto. Omar Suleiman, lo 007 numero uno del regime di Hosni Mubarak, è noto per mantenere sempre un basso profilo. Appare raramente sugli schermi della televisione nazionale egiziana – come è giusto che sia per un agente dei servizi segreti – e quando parla, parla poco e mal volentieri. Ma questa volta sarebbe stato molto incisivo. Secondo il quotidiano arabo edito a Londra, al Quds al Arabi, Suleiman, grande capo dell’intelligence del Cairo, avrebbe incontrato l’inviato del ministero della Difesa israeliano, Amos Gilad, poche ore prima l’inizio dell’operazione “Piombo fuso” in corso nella Striscia di Gaza. Erano i giorni in cui il responsabile degli Esteri Tzipi Livni era in Egitto per incontrare il rais. Suleiman avrebbe detto al collega che il Cairo non si sarebbe opposto a un’azione limitata contro Hamas. E ancora: “I capi di Hamas sono diventati molto arroganti, è tempo che gli sia impartita una lezione tale da farli svegliare dai loro sogni”. Sempre secondo il giornale, il capo dei servizi “era furioso con il movimento per la sua decisione di boicottare l’ultima iniziativa di riconciliazione egiziana” e parlando del leader del gruppo islamista in esilio a Damasco, Khaled Meshaal, lo avrebbe definito il capo della “banda”. Parole forti, finora riportate soltanto dal quotidiano arabo, grazie a fonti diplomatiche. Resta il fatto che il Cairo si è attirato l’ira prima di tutto dei vertici del movimento islamista a Gaza, poi dei libanesi di Hezbollah e degli iraniani. L’Egitto è “complice”, ha dichiarato il capo del Partito di Dio Hassan Nasrallah. “No, l’Egitto è completamente contrario all’operazione militare”, gli ha risposto ieri il ministro degli Esteri egiziano Abdel Abul Gheit da Ankara, dove si trova per tentare di trovare, assieme agli altri mediatori regionali, i turchi, una soluzione. E ancora: “L’Egitto ha una responsabilità speciale verso il problema palestinese e verso la Striscia di Gaza”. Per questo quindici anni fa il presidente Mubarak ha consegnato il dossier israelo-palestinese nella mani di uno 007 speciale: Omar Suleiman, l’agente che non dimostra i suoi 73 anni. Preferisce i completi eleganti all’uniforme nonostante sia un militare di formazione, come tutti gli uomini di potere in Egitto dai tempi del coup degli Ufficiali liberi del 1952 che mise fine al regno di re Farouk. Ha studiato all’Accademia d’armi egiziana ed è stato addestrato nell’ex Unione sovietica. Entra presto nell’intelligence nazionale e dal 1993 è la voce che sussurra all’orecchio del presidente Mubarak. Chi lo ha avvicinato dice che è un uomo brillante. “Ci ha ingannato prima dei raid” E’ difficile seguire gli spostamenti di Omar Suleiman: è al Cairo, poi a Gerusalemme, a volte a Washington, molto spesso a Gaza. E’ lui che ha mediato la “tregua” cessata da poco tra Hamas e Israele. E’ lui che cerca da mesi di mediare tra il movimento islamico che controlla la Striscia e Fatah, il partito del rais Abu Mazen, al potere in Cisgiordania. Conosce i leader di Gaza, le vie e le strade della Striscia. Il particolare non è sfuggito agli strateghi di Hamas che hanno accusato nelle ore scorse i servizi segreti egiziani di aver nascosto importanti informazioni di intelligence al movimento islamico. Per questo, hanno detto, non abbiamo evacuato i quartier-generali in tempo. A Gaza accusano Suleiman di aver invece avvertito alcuni leader arabi dell’incombente azione. La denuncia accresce la sempre più profonda scissione tra i regimi sunniti “moderati” – Egitto, Giordania, Arabia Saudita – che hanno tiepidamente condannato l’operazione israeliana e che non appoggiano Hamas, e il fronte sciita – Iran e le milizie libanesi di Hezbollah – che si fa difensore del movimento islamista. Lo 007 di Mubarak conosce bene la Striscia e altrettanto bene i movimenti islamici che hanno più volte minacciato la stabilità interna egiziana: non ultimo, quello di Ayman al Zawahiri, destinato poi a diventare il numero due di al Qaida. Per questo, verosimilmente, non apprezza Hamas alla porta di casa. C’era lui assieme al rais Mubarak quel giorno del 1995 in cui il convoglio presidenziale fu assalito dagli estremisti ad Addis Abeba. Morirono due agenti. Da allora il suo nome appare spesso sulla stampa nazionale e internazionale. Suleiman piace in casa, piace agli americani, piace ai palestinesi e ai regimi arabi. Lo fa rimanendo nell’ombra. Eppure da anni il suo nome è sulla lista dei possibili successori del faraone Mubarak. “Darebbe l’impressione di una leadership non militare”, ha detto di lui l’analista Dia Rashwan, dell’Ahram Center for Political and Strategic Studies del Cairo. “La sua elezione sarebbe accolta favorevolmente da molti ambienti”, ha scritto al Dustour, quotidiano indipendente. Per ora, nel bene o nel male, da Gaza a Teheran, dal Cairo a Raid, parlano tutti dell’agente speciale che meglio si muove tra le intricate vie della Striscia sotto il fuoco.

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