Sul FOGLIO di oggi, 24/12/2008, a pag.III dell'inserto, Giulio Meotti recensisce il libro di memorie di Tawfiq Hamid, il terrorista pentito che fu allievo di Zawahiri. Un documento istruttivo, una lettura allarmante.
Sono nato al Cairo da una famiglia atea, mio padre faceva il medico ortopedico, mia madre era un’insegnante di francese molto laica”. Tawfik Hamid, come il suo mentore Ayman al Zawahiri, braccio destro e ideologo di Osama bin Laden, proviene dalla borghesia colta e assimilata del Cairo. Finirà per militare nell’organizzazione responsabile di uno dei più sanguinosi attentati della storia egiziana. Cinquantotto turisti – svizzeri, giapponesi, inglesi e tedeschi – trucidati nel 1997 al tempio di Hatshepsut. Assassinati a pugnalate, falciati dai mitra nelle sale dei templi tebani, inseguiti tra le colonne di geroglifici e le tombe dei faraoni. Queste immagini scorrono mentre si è in ascolto della voce metallica di Tawfik Hamid. E’ ciò che avrebbe potuto diventare se non si fosse fermato. Per questo la sua confessione, che ha consegnato al libro “Inside Jihad” è salutata dal Wall Street Journal come uno dei principali contraccolpi mediatici all’islamismo. “La mia non era una famiglia religiosa”, racconta Hamid in questa intervista al Foglio da Washington, dove oggi vive. “All’età di quindici anni mi sono avvicinato all’islam. Nessuno mi aveva parlato di Dio prima di allora. La Jamaa Islamiya, un gruppo musulmano attivo nella mia scuola medica, si avvicinò sfruttando il mio desiderio di servire Dio. Ci mettevano in guardia sulle punizioni dopo la morte se non avessimo seguito letteralmente l’islam”. Un giorno un uomo con gli occhiali spessi venne a tenere un discorso. “La retorica di Zawahiri ispirava la guerra contro gli ‘infedeli’, i nemici di Allah. Lo chiamavamo con il titolo e il primo nome, Dottor Ayman. Mi metteva la mano sulla spalla: ‘Voi giovani siete la speranza del ritorno del califfato’. Provai un senso di gratitudine e di onore. Iniziai a farmi crescere la barba, smisi di ridere e scherzare. Adottai una postura seria, il mio odio per i non musulmani crebbe rapidamente e la dottrina jihadi divenne la mia seconda natura. Arrivai alpunto di pianificare crimini, volevo partire per l’Afghanistan. Ero pronto a uccidere e a morire per Allah. A far saltare in aria chiese e moschee al Cairo. Sapevo di un piano di rapimento di un ufficiale della polizia per dargli fuoco da vivo. La brutalità non mi scalfiva. Divenni a mio agio con l’idea della morte, credevo che avrei sconfitto gli infedeli sulla terra e conquistato il paradiso”. In questi anni abbiamo visto una massa informe di arabi che hanno lasciato affari, famiglia e affetti per farsi saltare in Iraq. Dalle biografie degli shahid trovati in un villaggio iracheno a Sinjar, si vede come la maggior parte dei kamikaze erano ex militari, poliziotti, insegnanti, commercianti, vigili del fuoco, impiegati e medici. “Conosco molto bene ciò che spinge un tunisino, un egiziano o un algerino a entrare in Iraq per farsi esplodere. Sono persone ingannate da insegnamenti violenti, se fossero nati in una cultura che parla di tolleranza e di amore sarebbero diventati pacifici. E’ in corso una guerra ideologica. E’ l’insegnamento islamista che infiltra la mente del musulmano. Un membro della Jamaa mi spiegò il concetto nell’islam di ‘al fikr kufr’. L’idea stessa del pensiero, fikr, ti renderebbe un infedele, kufr. I terroristi non fanno che personalizzare l’insegnamento mainstream dell’islam. Che dice: nella giurisprudenza islamica c’è scritto di uccidere e muovere guerra ai non musulmani, se non si convertono, devono pagare una umiliante tassa per le minoranze. Da un concetto violento si passa alla barbarie. Quando insegni a qualcuno a percuotere la moglie, a uccidere gli apostati e che le nazioni islamiche devono fare la guerra ai non musulmani, non puoi sorprenderti per quanto sta accadendo. Nel mondo islamico le donne sono lapidate a morte e sottoposte a clitoridectomia. Gli omosessuali penzolano dalle forche sotto gli occhi compiacenti dei promotori della shariah. Le madri palestinesi inculcano nei loro figli di tre anni l’ideale del martirio. Io avvertii l’immoralità dell’uccisione di innocenti e che una ideologia religiosa che fomenta la guerra agli infedeli va sconfitta. Ci troviamo di fronte alla mancanza di un’interpretazione dell’islam teologicamente rigorosa, tale da sfidare gli abusi interpretativi della shariah”. Hamid si rivolge all’occidente: “Svegliatevi, prima che sia troppo tardi. L’islamismo è come un cancro, cresce lentamente e la gente non lo vede prima che sia troppo tardi. Io temo una guerra civile nel futuro dell’Europa. Non sono sorpreso dall’attentato a Mumbai, continuerà fintanto che il mondo libero non prenderà coscienza. Se fosse la povertà a causare Bin Laden o Zawahiri, perché gli attentatori dell’11 settembre provenivano dall’Arabia Saudita, la nazione islamica più ricca al mondo? Se fosse una mancanza di educazione, perché gli attentatori dell’11 settembre erano così colti? I musulmani che hanno colpito l’Inghilterra sono cresciuti in democrazia. Se tutto fosse legato a Israele, perché i musulmani si sarebbero dovuti sbranare in Algeria? Hanno ucciso 150 mila algerini. E migliaia di iracheni. Hanno mutilato i corpi dei musulmani e dato loro fuoco”. Ciò che manca all’occidente è l’expertise culturale per vincere la guerra ideologica. “E’ una nuova interpretazione dell’islam che può salvare il mondo dalla catastrofe. Dobbiamo parlare di ideologia, formazione, istruzione, di come il Corano possa essere interpretato in modo diverso, di come l’istruzione possa giocare un ruolo fondamentale nell’educazione dei ragazzini. Bisogna insegnare l’amore e contrastare le tattiche di lavaggio del cervello”. Poi un bilancio sull’amministrazione Bush. “La strategia dopo l’11 settembre era giusta, l’idea di liberare e riformare il medio oriente. Ma era imperfetta e in un certo senso non strategica. Si deve sconfiggere l’islam radicale collaborando con i governi arabi, educando la popolazione giovanile agli ideali di libertà, modernità e diritti umani. Poi si deve implementare la democrazia. Se si inizia con l’urna, è facilissimo fallire. Come è successo con Hamas e l’Algeria. Se devi scegliere fra la casa reale saudita e i talebani, è con la prima che si deve stare. Se devi scegliere fra Mubarak e i Fratelli musulmani, è con il primo che si deve stare”. Poi i suggerimenti al nuovo presidente. “Obama non ha scelta. Non basta l’attacco militare, pur necessario. Serve un approccio totale, militare, d’intelligence, psicologico, educativo, ideologico. E’ così che l’islam radicale va sconfitto. Se il mondo libero prende coscienza, c’è da essere ottimisti. L’islamismo è indebolito, ma il sentimento violento nella umma è aumentato. Se il cancro diventa piccolo, non significa che non è più pericoloso. Il mondo civilizzato deve essere unito e coraggioso se vuole proteggere i giovani musulmani e il resto dell’umanità dalle conseguenze di questa ideologia”. Hamid è stato invitato a parlare in Israele assieme allo storico Bernard Lewis. “Molti musulmani parlano degli ebrei come ‘scimmie e maiali’. Li considerano traditori del Profeta. In alcuni insegnamenti della letteratura islamica dei primi giorni, più che nel Corano, sta scritto di uccidere gli ebrei fino alla fine dei giorni. E’ un dovere religioso. Usano però Israele per distogliere l’attenzione dalle atrocità commesse nel mondo islamico. E se domani il conflitto israelo-palestinese venisse risolto, questa gente troverebbe altre ragioni per uccidere. Zawahiri lo ha detto chiaramente: convertitevi all’islam o morirete”.
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