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Corriere della Sera Rassegna Stampa
13.12.2008 Suonò per Pio XII, il Papa dei silenzi
parla il violinista ebreo Mordechai Rechtmann

Testata: Corriere della Sera
Data: 13 dicembre 2008
Pagina: 21
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Il violinista ebreo che suonò per Pio XII»

Da pagina 21 del CORRIERE della SERA del 13 dicembre 2008, riportiamo l'articolo di Francesco Battistini "Il violinista ebreo che suonò per Pio XII ".
Il sottotitolo, "«Grazie a lui furono salvati i miei parenti. La sua beatificazione non è affare della mia gente»" fornisce una sintesi molto parziale, se non distorto, delle parole di Mordechai Rechtmann (questo il nome del violinista).
In primo luogo Rechtmann attribuisce la salvezza dei suoi parenti all'eroismo dei benedettini, che agivano secondo lui su ordine di Pio XII, ma "erano stati laciati soli". In secondo luogo afferma, è vero, che la beatificazione di Pio XII "è un affare interno della Chiesa", ma anche che la didascalia di Yad Vashem che condanna il silenzio di Pacelli è "un affare interno di Israele" .
Spiega anche con la necessità politica di perseguire il riconoscimento di Israele da parte della Santa Sede il giudizio favorevole
che le autorità dello Stato ebraico diedero, inizialmente a proposito del comportamento del pontefice durante la guerra. Attribuisce ad una maggiore preoccupazione per il comunismo che per i nazismo i silenzi sulla Shoah, e chiede l'apertura degli archivi vaticani. Non proprio un'assoluzione, ci sembra.

Ecco il testo:

KIRYAT ONO (Israele) — Se lo ricorda, eccome: «Pio XII batteva il piede e noi suonavamo. C'erano Mordechai Rechtmann, il mio amico Breuer... Tutta gente scampata all'Olocausto». Accadde in Vaticano, 26 maggio 1955: «Era una mattina di sole. Il Papa stava seduto fra due cardinali. Teneva gli occhi chiusi, scandiva il ritmo. Avevamo scelto Beethoven, perché sapevamo che Pacelli aveva orecchio per la musica tedesca. Quand'era nunzio a Berlino, lo s'era visto spesso all'Opera. Fu un bellissimo concerto, suonammo tutti bene. Nella grande sala del Concistoro c'era un'acustica meravigliosa, ci si poteva registrare un disco. E poi era un'occasione particolare ». Eravate lì per ringraziare il Papa... «Sì, sapevamo che era una cosa importante. Lo scrissero anche i giornali, guardi: "...L'Orchestra Filarmonica di Israele ha tenuto un saggio musicale alla presenza del Pontefice, in segno di riconoscimento e gratitudine per l'immensa opera di assistenza umana prodigata da Sua Santità per salvare un gran numero di ebrei durante la Seconda guerra mondiale...". Finito di suonare, c'incontrò uno per uno. Qualcuno s'inchinò».
L'ebreo che suonò per papa Pacelli suona ancora. Un'ora e mezzo di viola, tutte le mattine. Un po' d'organo, il Gideon Shayir che tiene in tinello. Poi ramazza le foglie del giardino, fa due passi per la Vallata di Ono, subito fuori Tel Aviv. Fa da bisnonno a otto bambini. Zeev Steinberg ha appena compiuto 90 anni e registrato un ottetto di Schubert per la tv: «È la musica che mi tiene in forma: l'altro giorno ho scoperto d'essere il più anziano concertista d'Israele». Racconta sempre di quando s'esibì con Bernstein, Celibidache, Abbado, Zubin Mehta. Ma di quella mattina vaticana — sul podio un direttore polacco, Paul Kletzki, scampato pure lui ai lager, agli archi i musicisti fuggiti in Israele da quattordici Paesi —, di quel ringraziamento al «Papa del silenzio», di quell'omaggio al Pio XII che il Museo dell'Olocausto di Gerusalemme addita fra coloro che sapevano eppure tacquero, di quel concerto nessuno gli chiede mai: perché lo fecero? Zeev ci pensa, talvolta: «Fu organizzato dall'ambasciata israeliana a Roma. Il Vaticano non aveva ancora riconosciuto Israele e il punto che premeva, allora, era lo status di Gerusalemme. La Chiesa capiva di non poter controllare tutta la Città Santa, gl'israeliani pure». Nessun imbarazzo, dice: «E perché? Sapevamo che Pacelli aveva ordinato a un gran numero di monasteri d'accogliere gli ebrei. I Benedettini sono stati eroici: i miei cugini Bruno e Carlo Steinberg, uno pittore e l'altro studioso di giardini storici a Firenze, furono salvati da loro. Il ringraziamento era dovuto. Ma anche la ragione politica era importante. Solo più tardi sono cominciati gli attacchi, ci si è resi conto che quel Papa non aveva fatto molto altro. I monasteri erano stati lasciati soli ». La Filarmonica d'Israele suonò la Settima, una sinfonia scritta da un uomo ormai sordo e condannato all'incomunicabilità... «Io credo che Pio XII non sia intervenuto pubblicamente perché, in cuor suo, temeva più il comunismo che il nazismo. Pensava che i nazisti non avrebbero toccato un suo prete, anche se li conosceva bene: Von Galen, il vescovo di Münster che attaccava Hitler, era un grande amico del Papa».
Zeev parla con la cadenza
yekke degli ebrei tedeschi. Da ragazzino viveva sulla Mosella, studiava al conservatorio, cantava nel coro e si chiamava Wolfgang, «come Mozart e Goethe», prima di scappare dalla Germania del 1937: «Mio papà, radiologo ebreo, aveva perso tutti i pazienti. Lesse il Mein Kampf e disse: andiamocene subito a Tel Aviv. Mio nonno però non gli diede retta. Diceva: "Chi può aggredire un vecchio come me?". Tornò a Colonia. E morì a Theresien, il lager dei musicisti. A 82 anni». Zeev convive coi suoi fantasmi. Il tedesco gli venne facile, quando toccò a lui stringere la mano di Pio XII: «C'era poco tempo. Gli chiesi di Ludwig Kaas, un amico di famiglia. Era un prete che aveva collaborato con Pacelli a Berlino e poi era dovuto scappare in America. Il Papa fece sì con la testa: se lo ricordava». E oggi? Che cosa chiederebbe oggi a Pacelli? «Nulla, sono solo un piccolo violinista... Magari, ecco, implorerei: non avere paura, dicci che cos'hai fatto o non hai fatto. Nessuno ti ucciderà. Perché sappiamo che la risposta è molto complessa, il giudizio difficile. Farlo beato è un affare interno della Chiesa. Ma è anche un affare interno di Israele togliere quella scritta dal museo dell'Olocausto». Suonerebbe ancora per quel Papa? Sospeso, sospira: «No. Preferirei farlo per Ratzinger, per il suo viaggio in Israele a primavera... Ma solo se aprisse gli archivi vaticani. E facesse finire questa polemica ».

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