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Corriere della Sera Rassegna Stampa
24.11.2008 La minaccia iraniana, il legame tra Risorgimento e sionismo, il pericolo dell'antisemitismo
intervista di Menachem Gantz a Giorgio Napolitano

Testata: Corriere della Sera
Data: 24 novembre 2008
Pagina: 17
Autore: Menachem Gantz - m.ca
Titolo: ««Bisogna fermare la corsa nucleare dell'Iran» - «C'è un legame tra sionismo e Risorgimento»»

Da pagina 17 del CORRIERE della SERA del 24 novembre 2008, riportiamo l'intervista di Menachem Gantz al Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, pubblicata originariamente sul quotidiano israeliano Yediot Ahronoth,«Bisogna fermare la corsa nucleare dell'Iran» .

Ecco il testo:

«Il mio primo incontro col presidente Peres avvenne nell'autunno 1986 a Gerusalemme, nel suo ufficio di ministro degli Esteri. Aveva appena lasciato l'incarico di primo ministro. Quella nostra prima, lunga e schietta conversazione lasciò in me una profonda impressione. Poi ci siamo incontrati tante altre volte, in Italia e all'estero. Si è davvero stabilito tra noi un forte legame di stima reciproca e di amicizia».
Di che cosa parlerete?
«Il messaggio di cui sono portatore è anzitutto una conferma della volontà dell'Italia di continuare a mantenere ed accrescere tutti i legami politici, economici, culturali, oggi esistenti fra Italia e Israele. Nel corso della mia visita avrò numerosi incontri ad alto livello. Darò conferma, a tutti coloro che incontrerò, della volontà dell'Italia di contribuire in tutti i modi possibili, in tutti i campi, dalla politica alla cultura all'economia, al progresso della società israeliana, come pure allo sviluppo e all'auspicabile successo del processo di pace fra Israele e i Palestinesi, fra Israele e tutti gli stati confinanti. Non solo l'Italia, ma l'Unione Europea è egualmente intenzionata a dare crescenti contributi al progresso economico e civile della società palestinese, sicuramente necessario per rendere più solida la pace che tutti speriamo possa essere costruita».
Le relazioni fra l'Italia ed Israele non sono mai state cosi buone...
«Per la verità, penso che le relazioni fra l'Italia e lo Stato d'Israele, fin dalla nascita dello Stato, siano state sempre molto buone, indipendentemente dal colore politico dei governi dell'uno e dell'altro Paese. Ci uniscono antichi ideali. Ed è un fatto che il movimento sionista si ispirò in non piccola parte al pensiero di Giuseppe Mazzini, a una visione universalista delle aspirazioni all'indipendenza nazionale dei nostri popoli, di tutti i popoli».
Israele vede nell'Iran la sua peggiore minaccia. Nel stesso tempo, l'Italia ha grandi interessi economici con Teheran...
«L'Italia ha effettivamente importanti legami economici con l'Iran, come con tutti i Paesi del Medio Oriente. Al tempo stesso, siamo consapevoli delle preoccupazioni d'Israele verso l'Iran, e condividiamo gli sforzi che, nella scia delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, si stanno compiendo per chiarire e limitare i possibili sviluppi dei programmi nucleari dell'Iran, evitando che si passi alla produzione di armamenti. Va assolutamente prevenuta l'ulteriore proliferazione nucleare».
A Gerusalemme ci sarà anche un incontro fra scrittori italiani e israeliani.
«Il dialogo culturale fra Italia e Israele è molto intenso. I vostri scrittori trovano molto ascolto in Italia, li vediamo spesso sui nostri schermi televisivi, i libri dei vostri romanzieri e dei vostri storici vengono tradotti, e sono molto letti, e vi è molta ammirazione in Italia per la nuova cultura israeliana. Come lei ricorderà, l'ultima Fiera del Libro di Torino, un evento che ha grande importanza non soltanto in Italia, ebbe per Paese ospite Israele e la sua cultura e io fui ben lieto di inaugurarla, contro ogni tentativo di contestare l'invito rivolto ad Israele. Fortunatamente, le relazioni culturali fra i nostri due popoli sono così vive da non avere grande bisogno di speciali incoraggiamenti da parte mia. Ma ho voluto partecipare all'evento programmato per i giorni in cui sarò in Israele proprio per sottolineare il grande contributo che la cultura può dare alla comprensione fra popoli diversi, e quindi al progresso della pace fra i popoli».
Lei s'è sempre espresso fortemente contro l'antisemitismo e l'antisionismo, mentre in Italia c'è chi tende a separare questi due elementi. L'antisionismo è la forma moderna dell' antisemitismo?
«Ho pubblicamente condannato l'antisionismo, come subdola forma d'antisemitismo. Purtroppo l'antisemitismo non è un fenomeno storico superato, comunque si travesta, anche se, fortunatamente, credo di poter dire che nel nostro Paese ha manifestazioni molto limitate. La presenza degli ebrei italiani nella vita del nostro paese, con la tragica eccezione del periodo delle persecuzioni razziali del fascismo, è sempre stata intensa e importante in tutti i campi: dalla scienza alla politica, alla letteratura. Gli ebrei italiani hanno pagato un duro prezzo di vite umane alla Shoah: più di ottomila di loro non fecero ritorno dai campi di sterminio, e questo non lo dimentichiamo. Ma è anche vero che furono molte migliaia, fra i venti e i trentamila, gli ebrei italiani e anche stranieri che trovarono accoglienza e protezione dalle persecuzioni, in Italia ma anche nelle zone occupate dall'esercito italiano in Jugoslavia e nella Francia meridionale. Vennero ospitati e protetti, spesso da perfetti estranei, e in grandissimo numero in istituti religiosi. Lei sa quanto sia intenso oggi in Italia l'impegno per rendere le nuove generazioni coscienti di quello che fu l'orrore della Shoah. Sono molto frequenti, anzi, sempre più frequenti le visite ad Auschwitz e ad altri lager di scolaresche italiane. Sappiamo che soltanto mantenendo viva la memoria del passato si può contribuire ad impedire che esso ritorni. Primo Levi, che ebbe la fortuna di ritornare vivo da Auschwitz, è giustamente considerato uno dei massimi scrittori italiani del '900. Le sue opere sono sempre molto lette, e la sua impegnativa riflessione sulle cause della Shoah è sempre presente nella coscienza degli Italiani. Durante la mia permanenza in Israele visiterò il Museo dell'Olocausto: sarà il punto di partenza della mia visita».

«C'è un legame tra sionismo e Risorgimento», conferma lo storico Bruno di Porto, interpellato sulle dichiarazioni di Napolitano in merito.
Sempre da pagina 17 del
CORRIERE

ROMA — (m.ca.) «Non c'è dubbio», dice il professor Bruno Di Porto, storico del Risorgimento di religione ebraica, quando gli si riferisce che Giorgio Napolitano ha definito il movimento sionista ispirato «in non piccola parte al pensiero di Giuseppe Mazzini». «E' così. Mazzini andrebbe considerato un "nazionalitario", non un nazionalista. Per la sua idea di nazione ricorreva a un paragone con le famiglie: io amo la mia famiglia, coltivo il suo orticello, ma voglio vedere felici anche tutte le altre famiglie. E tra i tanti che ammiravano Mazzini c'è stato un movimento ebraico desideroso di tornare a costituire un'indipendenza ebraica nella terra originaria degli ebrei, puntando a una propria realizzazione nazionale nel rispetto delle altre», spiega il professore.
Di un istituto di cultura risorgimentale, la «Domus Mazziniana» di Pisa, Di Porto è stato direttore. La sua sede è nella casa di ebrei nella quale il fondatore della «Giovane Italia», da clandestino, morì nel 1872 mentre era ospite di antenati dei fratelli Rosselli disposti a presentarlo come negoziante inglese.
Ma il collegamento con il sionismo? «Uno dei primi a individuare un modello nell'Italia voluta da Mazzini fu Moses Hess, autore che aveva esordito come idealista-comunista e diventò un teorico pre-sionista. Nel 1862 pubblicò il libro Roma e Gerusalemme: la prima non era ancora capitale d'Italia e Hess guardava alla Roma di Mazzini e Garibaldi come a un esempio, sostenendo che come si era svegliata l'Italia doveva svegliarsi il popolo ebraico », continua Di Porto. E aggiunge: «C'era una differenza: nella terra originaria degli ebrei c'erano anche altri e la ricerca della convivenza pacifica è ancora uno scopo da raggiungere », continua Di Porto. Poi rammenta: «Theodor Herzl, con modestia, affermò che se avesse letto Roma e Gerusalemme non avrebbe scritto Lo stato ebraico, libro del 1896». Herzl fu il fondatore dell'Organizzazione sionista mondiale.
Mazzini piacque non soltanto a Hess, ai sionisti socialisti e alla corrente principale del sionismo, detta «generale» o «liberale». Fu apprezzato anche da quella «revisionista»: «Mazzini e Garibaldi influirono pure su Vladimiro Jabotinski, russo divenuto leader della destra sionista», osserva Di Porto. La premesse del collegamento tra il patriottismo mazzinian- garibaldino e il movimento ebraico che puntava a uno Stato nella Terra promessa non si fermarono alla teoria. Ricorda il professore: «Otto dei Mille erano ebrei».

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