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Il Foglio Rassegna Stampa
13.11.2008 L'illusione dell'accordo con la Siria
l'analisi di Carlo Panella

Testata: Il Foglio
Data: 13 novembre 2008
Pagina: 3
Autore: Carlo Panella
Titolo: «Perché Obama non deve farsi illusioni sul dialogo con la Siria»
Da pagina 3 de Il FOGLIO del 13 novembre 2008, riprendiamo l'analisi di Carlo Panella sulla politica francese e statunitense verso la Siria, che critica come illusori i tentativi di accordo con il regime di Bashar Assad: "Perché Obama non deve farsi illusioni sul dialogo con la Siria".

Ecco il testo:

Una grande – quanto sotterranea – polemica infuria da mesi tra l’Eliseo e i vertici militari francesi sui “fondamentali” della politica di potenza della Francia. Emerge ora – e il dato è indicativo – su posizioni divergenti (e pubbliche) circa la valutazione del ruolo della Siria in medio oriente. Il presidente Nicolas Sarkozy, in sintonia con le indicazioni dei suoi servizi, ha inaugurato il 14 luglio scorso una politica di appeasement con Bashar el Assad, invitato ad assistere alla parata sugli Champs Elysées. Molti alti generali francesi, sia pure rispettosi delle forme costituzionali, non soltanto hanno protestato formalmente per quell’invito, ma hanno fatto di più. Il 17 giugno del 2008, infatti, la commissione mista politici- militari presieduta da Jean Claude Mallet ha pubblicato il Libro Bianco della Difesa, che traccia le future linee strutturali delle Forze armate, in totale revisione dell’indirizzo stabilito nel precedente testo del 1994. A proposito del Libano, della Siria e dell’Iran, la valutazione dei militari è netta: “Il Libano continua a essere vittima di ripetute crisi, in grande parte innescate da agenti esterni, in particolare dalla Siria e dall’Iran. (…) Il programma nucleare e balistico dell’Iran, così come le sue iniziative esterne, si sommano alle minacce contro l’esistenza stessa di Israele”. Poche righe sotto, il Libro Bianco francese evidenzia “l’incapacità delle istituzioni internazionali e delle grandi potenze a imporre una dinamica di regolamento pacifico dei conflitti”. Queste tesi sono allineate con le analisi dell’Amministrazione di George W. Bush, ma sono opposte alle linee ispiratrici della politica mediorientale di Sarkozy a partire dall’inverno 2007, così come alla analisi dei democratici americani. A questa radicale divaricazione di analisi si è sommata in questi ultimi mesi una rivolta sotterranea dei massimi vertici francesi – iniziata con le dimissioni del capo di stato maggiore Bruno Cuche – contro un ridimensionamento tale della ex Force de Frappe da “costringere ormai la Francia a giocare sul piano militare nel girone dell’Italia” (cioè, in serie D). E’ interessante soffermarsi sul fatto che i vertici militari francesi abbiano scelto proprio la valutazione sulla Siria quale unico elemento aperto di divaricazione con l’Eliseo. In realtà, tutte le strategie sul medio oriente da un trentennio sono costrette a passare per Damasco e si differenziano proprio sull’atteggiamento verso la Siria: la Russia la finanza e la arma, la Francia la corteggia (ma senza ottenere nessun risultato), l’Iran la sorregge e la considera pilastro della sua azione rivoluzionaria, l’Arabia Saudita tenta con tutte le forze di attrarre verso di sé il regime (e spinge su questa strada la Francia e anche l’Italia). L’Amministrazione Bush ritiene – a ragione – che non sia scindibile il legame di Damasco con l’Iran, mentre i democratici con la visita di Nancy Pelosi nel 2007 ne hanno fatto il paese simbolo della “svolta obamiana”, della fine dell’aggressività bushiana. Di fatto, la serie di attentati, di “suicidi” e arresti di altissimi esponenti del regime, così come le recenti e autorevoli indiscrezioni circa la collaborazione dei servizi dell’aeronautica siriana col blitz anti al Qaida effettuato da elicotteri americani il 26 ottobre, confermano l’esistenza di una crisi drammatica della leadership di Bashar el Assad. E’ ormai evidente l’azione di una strisciante congiura di Palazzo che coinvolge la stessa famiglia del dittatore, così come è evidente che a tutte le aperture di Sarkozy non è corrisposto un minimo spostamento della politica aggressiva della Siria in Libano o un qualche segnale di incrinatura dei rapporti con l’Iran. Anche Barack Obama, naturalmente, dovrà passare per Damasco, soprattutto se intende dialogare con Teheran e lo farà probabilmente in raccordo con Sarkozy (e con il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini). Sarà l’ottavo presidente americano a tentare – e fallire – un accordo con gli Assad.

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