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Panorama Rassegna Stampa
27.10.2008 La Siria non rinuncia al Libano, né a riconquistare il Golan, né al legame con l'Iran
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Panorama
Data: 27 ottobre 2008
Pagina: 162
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Libano, la vera strategia della Siria»

Da PANORAMA del 24 ottobre 2008, un'analisi di Fiamma Nirenstein:

La Siria è capace di praticare la politica più funambolica del mondo, tenendo il piede in due staffe, ovvero compiendo scelte che sono una il contrario dell’altra. La Francia e l’Europa vogliono redimerla, la Russia armarla, gli Stati Uniti smascherarla, Israele pensa che sia pronta per la pace. E così ognuno dei furbi giocatori internazionali crede che la sua linea sia quella vincente, mentre a vincere è solo quella del presidente siriano Bashar al-Assad, per ora indissolubilmente connessa a quella dell’Iran, che ammicca dietro ogni mossa di Damasco.

La Siria si è resa protagonista, nei giorni scorsi, di due operazioni opposte. La prima riguarda la decisione del 14 ottobre di avviare relazioni diplomatiche con il Libano; da quando ambedue gli stati ottennero l’indipendenza dalla Francia, nel 1940, la Siria si era sempre rifiutata di considerare il Libano un paese autonomo. La seconda operazione, però, è l’ammassamento a partire dal 14 settembre di 6-8 mila soldati della Quarta divisione meccanizzata (che dispone di carri armati e artiglieria) al confine nord del Libano. Altri soldati appartenenti alla Dodicesima divisione sono schierati di fronte alla valle della Bekaa: metà del Libano è così sotto la minaccia di un’invasione militare siriana.

Lo spiegamento di forze viene motivato dal presidente Assad con il rischio di infiltrazioni terroristiche in Siria. Ma il segretario di Stato americano Condoleezza Rice ha lanciato un brusco altolà a Damasco proprio la settimana scorsa, dichiarando che «gli Stati Uniti non permetteranno attacchi militari al Libano». Il monito di Rice è molto serio ed è stato reiterato dal sottosegretario alla Difesa Usa, Eric Edelman, in visita a Beirut. È anche un’implicita critica all’atteggiamento del presidente francese Nicolas Sarkozy, che continua a permettere ad al-Assad di indossare le vesti del pacifista senza pagare alcun prezzo.

Perché, si sta probabilmente chiedendo oggi il dipartimento di Stato Usa, Assad ha deciso proprio adesso di instaurare rapporti con Beirut? Perché di fatto la forza della Siria è assicurata nel paese confinante dall’accordo di Doha del 21 maggio, quando Hezbollah ha ottenuto il diritto di veto e quello di mantenere le armi, in contrasto con la risoluzione Onu che pose fine alla guerra del Libano del 2006 e istituì la missione Unifil. Da allora, attraverso la Siria, i militanti di Hezbollah hanno potuto accumulare una quantità di armi che li rende un amico prezioso per il potere alawita.

Assad non rinuncerà mai all’influenza sul Libano, vuole riconquistare le alture del Golan e non ha rinnegato in alcun modo la sua amicizia con l’Iran, il maggiore sponsor di tutta l’operazione. La Russia, con cui il rapporto si è rafforzato, si prepara, sembra, a gestire sistemi d’armi antimissile direttamente in territorio siriano.

La preoccupazione che si affaccia all’orizzonte è tuttavia quella sintetizzata da un giocatore relativamente nuovo sullo scacchiere mediorientale. Ban Ki-Moon, il segretario generale delle Nazioni Unite, ha affermato che la piena sovranità del Libano è impossibile finché Hezbollah deterrà le armi per metterla in pericolo. A buon intenditor…

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