Sull' UNITA' di oggi, 26/10/2008, a pag.20-21, Umberto De Giovannangeli intervista Elie Wiesel, in un articolo dal titolo " Dobbiamo ribellarci contro chi pretende di cancellare la memoria ". E' questo l'Udg che scrive di Shoà, l'Udg che apprezziamo, al quale rivolgiamo una richiesta. Quando scrive di islam,palestina,mondo arabo, quando intervista i dirigenti dei vari movimenti terrosrist, siano Hamas o Hezbollah, rilegga quanto gli ha detto Elie Wiesel in questa intervista, gli servirà per essere meno sbilanciato verso chi si propone di elimanre Israele. Ci auguriamo anche che le parole di Wiesel illuminino le menti ottenebrate di quanti leggono l' UNITA'e girano con la Keffia e pensano ancora che Arafat era il buon padre dei palestinesi. Che di lettori così l'UNITA' ne abbia sempre di meno, sostituiti da altri capaci finalmente di guardare alla realtà mediorientale senza più i paraocchi dell'ideologia.
Ricordare èun investimento sul futuro e non solo un tributo alla memoria delle vittime di un tragico passato. Non possiamo, non dobbiamo dimenticare ciò che accadde nei lager nazisti. E che al fondo dell'Olocausto vi era il proposito di annientare gli ebrei, colpevoli di esistere: chi continua a negarlo infligge alle vittime dei campi di sterminio una seconda morte. Come non vedere che nel voluto oblio della memoria c'è chi cerca di costruire una nuova pratica dell'intolleranza?». A parlare, è Elie Wiesel, premio Nobel per la Pace 1986, che nei campi di sterminio di Auschwitz (vi perse la madre, il padre e la sorellina) e Buchenwald trascorse undici mesi. Ricordare non è solo un tributo ai milioni di donne e uomini annientati nei lager. «L'antisemitismo e l'odio razziale, riflette Wiesel, segnano anche questo inizio secolo. Non posso perdonare gli aguzzini e coloro che ne esaltano le gesta». Oggi ricorda Elie Wiesel, lo spettro di una nuova Shoah torna ad essere agitato da «una figura che non può avere un posto nel panoramadei leader politici internazionali. Dovrebbe diventare "persona non grata", per ciò che sta facendo al suo Paese, al suo popolo, a tutta l'umanità. Il nome di questa persona èMahmoud Ahmadinejad: costui rappresenta la parte più buia dell'orizzonte politico odierno». «Stiamo lasciando alle nuove generazioni un mondo pieno di paura - riflette il grande scrittoredella Memoria - cosa ne faremo, lo trasformeremo in una fortezza?» ProfessorWiesel,aRomasonoriapparsescrittecontrogli Ebreiecheneganola Shoah.Aun ragazzo di oggi che le chiedesse: cosa è stato l'Olocausto, che risposta darebbe? «È stato il Male assoluto. Ecco cosa è stato. Ciò che ha caratterizzato quel periodo fu una determinazione assoluta nel pianificare e condurre a compimento l'annientamento di unpopolo. Questo è stato l'Olocausto, in questo consiste la sua novità rispetto al passato: per la prima volta nella storia, si intendeva eliminare completamente dalla faccia della terra un popolo. Gli ebrei non furono perseguitati e sterminati per motivi specifici, perché credevano o non credevano in Dio, perché erano ricchi o poveri, o perché professavano ideologie nemiche: no, gli ebrei venivano uccisi, umiliati, torturati per il semplice fatto di essere tali. Perché erano colpevoli di esistere: questo è l'orrore incancellabile della Shoah» La memoria dell'Olocausto sembra smarrirsi: c'è chi afferma che ciò è un bene, che ricordare serve solo a perpetuare antiche divisioni. «No, no, sono assolutamente contrario. Dimenticare le vittime significa null'altro che infliggere loro una seconda morte! Una vera riconciliazione, inoltre, non può avvenire che a partire dal ricordo, preservando la memoria di ciò che furono quegli anni. È vero: oggi c'è chi esalta l'oblio, chi ritiene giunto ilmomento di archiviare il passato. A questa operazione sento il dovere morale di ribellarmi, ieri come oggi: perché per nessuna ragione al mondo è possibile cancellare la distinzione tra il carnefice e la sua vittima. Ed ancor oggi l'Olocausto insegna che quandouna comunità viene perseguitata tutto il mondo ne risulta colpito».Ladiffidenzaversoildiversosembraoggiconcentrarsi sui Rom… «Di nuovo dovrebbe sorreggerci la memoria: ricordo che nei lager nazisti morirono migliaia e migliaia di rom. Morirono assieme a milioni di ebrei. Non intendo entrare in polemiche politiche, ciò che voglio dire è che l'Europa ha un debito verso la popolazione rom. Questa consapevolezza dovrebbe guidare la definizione di politiche di integrazione, il che naturalmente non significa giustificare comportamenti malavitosi che riguardano la persona, il singolo individuo e non l'etnia di appartenenza. Mi lasci aggiungere che la multietnicità propria delle società moderne non va vissuta come un pericolo bensì come un valore, una opportunità comune di crescita, ma perché questa aspirazione si trasformi in realtà compiuta è necessario far vivere una cultura della solidarietà che è qualcosa di più ricco e impegnativo di una cultura della tolleranza. Sento parlare di classi separate per bambini immigrati, di sbarramenti…, ma una società multietnica pienamente democratica, deve abbattere i ghetti e non realizzarne di nuovi. L'inclusione non è nemica di un comprensibile bisogno di sicurezza». Per chi ha vissuto l'esperienza dei lager nazisti ha un senso la parola «perdono»? «È la domanda che ha accompagnato la mia esistenza di sopravvissuto. Ma parole come perdono o misericordia non trovano posto nell'inferno di Auschwitz, di Buchenwald, di Dachau, di Treblinka.... No, non è possibile perdonare gli aguzzini di un tempo e coloro che ancora oggi ne esaltano le gesta. In questi sessantatre anni, ho pregato più volte Dio e la preghiera è la stessa che recitavo quando ero rinchiuso nel lager: "Dio di misericordia, nonaveremisericordia per gli assassini di bambini ebrei, non avere misericordia per coloro che hanno creato Auschwitz, e Buchenwald, e Dachau, e Treblinka, e Bergen-Belsen... Non perdonare coloro che qui hanno assassinato. Ma questo non vuol dire condannare per sempre il popolo tedesco, perché noi ebrei, le vittime, noncrediamo nella colpa collettiva. Solo il colpevole è colpevole. I nostri aguzzini volevano cancellare la nostra identità, prima di negarci la vita, per ridurci solo a numeri, quelli marchiati a fuoco sulle nostre braccia. Ma non ci sono riusciti: hanno ucciso seimilioni di ebrei ma non sono riusciti a cancellare la nostra identità»., Dalpassatoadunpresente inquietante.Leiha usato parole durissime contro il presidente iraniano Ahmadinejad. Perché? «Perché costui, nel ridicolizzare le verità storicamente accertate, nell'offendere la memoria dei sopravvissuti all'Olocausto ancora vivi, glorifica l'arte della menzogna. Da numero uno dei negazionisti al mondo, da antisemita con unamente disturbata, dichiara che la "soluzione finale" di Hitler non è mai esistita. E non basta. Secondo Ahmadineiad, non c'è stato un Olocausto nel passato, ma vi sarà nel futuro. Elucubrazioni di un fanatico?Sì, ma il fanatico si rivolge a folle che plaudono alle sue idee. Parole vuote?Lui non parla per nulla. Sembra impegnato nel mantenere le sue "promesse". Sarebbeun errore mettere in dubbio la sua determinazione. Una persona non predica odio per niente. Appartengo a una generazione che ha imparato a prendere sul serio le parole del nemico. Anche perché queste parole sono accompagnate da fatti: chi c'è dietro l'organizzazione terrorista degli Hezbollah?L'Iran. L'Iran li fornisce di tutte le armi più sofisticate e degli ufficiali che addestrano le loro milizie. Gli Hezbollah non vogliono la nascita di uno Stato palestinese a fianco dello Stato d’Israele. Il loro unico obiettivo - e del presidente iraniano - è la distruzione di Israele. Ecco perché io sostengo che Ahmadinejad nonpuò avere unposto nel panorama dei leader politici internazionali. Dovrebbe diventare "persona non grata", per quello che sta facendo al suo Paese, al suo popolo, a tutta l'umanità». Israele. Cosa rappresenta per Lei? «L'alba dei nostri sogni. L'affermazione del diritto del popolo ebraico ad un suo focolaio nazionale. Un diritto difeso a caro prezzo in questi 60 anni». Israele potrà un giorno vivere in pace con i palestinesi? «È la speranza che so di condividere con la grandissimamaggioranza degli israeliani consapevoli che non esiste altra soluzione che quella di due Stati che vivano fianco a fianco, optando per la pace.Ma perché ciò possa accadere è necessario che i palestinesi comprendano che non è con l'odio e la violenza praticati da gruppi estremisti come Hamas che vedranno realizzate un giorno le loro aspirazioni»
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