Sulle polemiche intorno alla prospettiva di beatificazione di Pio XII, riportiamo un intervento di Danielle Sussmann, seguito da una notizia tratta dal sito web del GIORNALE e da un editoriale di L' UNIONE INFORMA, newsletter dell'Unione della Comunità ebraiche italiane:
“E se ignorassimo la beatificazione di Pio XII ?” titola la lettera di un lettore di Informazione Corretta. A cui fa eco Angelo Salmoni. Magari! risponderei d’acchito. Ma non è così semplice. Perché il punto non è la beatificazione di Pio XII in sè stessa, che è questione teologica che riguarda la Chiesa di Roma, ma il caso sollevato sulla sua fotografia che campeggia in quella che è stata chiamata la “stanza della vergogna” di Yad Vashem, con tanto di didascalia che ricorda il silenzio e l’inazione di quel pontefice durante lo sterminio degli ebrei. E’ importante ricordare la didascalia: «Eletto nel 1939, il Papa (Pio XII) mise da parte una lettera contro l’antisemitismo e il razzismo preparata dal suo predecessore. Anche quando i resoconti sulle stragi degli ebrei raggiunsero il Vaticano, non reagì con proteste scritte o verbali. Nel 1942, non si associò alla condanna espressa dagli Alleati per l’uccisione degli ebrei. Quando vennero deportati da Roma ad Auschwitz, Pio XII non intervenne». Primo Levi si definiva ateo prima della deportazione. Il nazismo gli ha ricordato di essere ebreo. E Primo Levi ha scritto quel libro sublime e doloroso sull’umiliazione dell’essere umano, ancor prima di essere vittima, da parte di altri esseri umani che si sono arrogati il diritto di infangare l’Umanità e la Civiltà. Yad Vashem ha ogni diritto, tanto più in terra ebraica, di valutare i Giusti e i Non Giusti. Cioè, coloro che hanno salvato i loro simili, diversi solo per credo, a rischio della loro vita, e i potenti che non hanno fatto nulla quando avrebbero potuto limitare una tragedia immane. Oggi, forse, avremmo un mondo migliore. Perché la tragedia degli ebrei è l’abisso in cui è sprofondata la civiltà occidentale e da cui non si è rialzata ancora del tutto. Ce ne accorgiamo per il continuo abuso dei simboli ebraici della Shoah nei relativismi politici delle parole e dei cortei di contestazione come tanto significativamente ha ricordato Giorgio Israel. Un uso sistematico che svuota di significato l’insegnamento della Shoah a non ripetere più tragedie simili. Questo favorisce l’appiattimento della coscienza e della responsabilità a completamento di un universo di menti facilmente plagiabili. Questo accade, per l’erroneo convincimento che la Shoah sia stata solo una tragedia ebraica, anziché europea e più ampiamente, universale. Yad Vashem non decide senza aver approfondito, fino all’esaurimento di ogni dettaglio, ogni documentazione storica ed ogni testimonianza. Ma, tant’è, è stata sollevata la polemica dal Vaticano che ha provocato il dibattito. L’opinione pubblica, scrivono i due autori delle lettere, finisce per scegliere – e capire – da sè. Sul capire, nutro molti dubbi, perché buona parte della nostra società vive nell’ignoranza storica e fattuale o nell’ideologia. Inoltre, non ci si rende appieno conto di quanto la minaccia islamica stia esasperando i toni di parte del mondo cattolico tanto fideista quanto poco razionale come altrimenti auspicato da Benedetto XVI. E’ davvero consolante in più di un millennio di dogmatismo cattolico, che un pontefice abbia avuto l’intelligenza di avocarsi un periodo di riflessione su una questione tanto delicata e controversa come la beatificazione di Pio XII. Forse finirà con il beatificarlo e santificarlo. Ma, per ora, tanto di cappello per questa rara autonomia intellettuale e razionale di un papa. Ad ogni provocazione si verificano due reazioni. O si dà importanza alla vox populi, determinando l’esito voluto, oppure si ragiona in termini realistici per dare un profondo segnale di correttezza. Di certo, Yad Vashem che è il museo storico della Shoah, non cambierà posto e didascalia alla foto di Pio XII fino a nuove rivelazioni documentate. Perchè è questo il punto. Mentre da parte vaticana e filovaticana, abbiamo letto solo una debole difesa che si basa su un teorico numero di vite salvate – osando paragonarle al reale numero di Sei Milioni di Vittime! – insieme alla tesi di un dramma teatrale che avrebbe influenzato l’atteggiamento su Pio XII; citazioni pre-durante e subito dopo la guerra di quotidiani ebraici, di due o tre personalità di rilievo e politiche; una documentazione sul periodo 1939-1945 ( Fino al 2001, la Santa Sede aveva pubblicato soltanto un corpus di documenti costituito da 11 volumi, gli Actes et Documents du Saint-Siège relatifs à la Seconde Guerre Mondiale, editi tra il 1965 e il 1981 da alcuni padri gesuiti (!!). Per contro, abbiamo sotanziali documentazioni: le dichiarazioni del Congresso Mondiale Ebraico che si è speso inutilmente con il Vaticano in piena deportazione degli ebrei italiani per salvare almeno quelli nel sud Italia; studiosi di storia – e soprattutto della Shoah – che non possono ancora consultare i secretati Archivi vaticani su tutto il periodo 39-45 (da anni il Vaticano si trincera dietro problemi "tecnici" - catalogazione dei materiali, rilegatura - che ne impedirebbero l'apertura) ma oppongono la documentata posizione di Nunzio Apostolico in Germania, di Segretario di Stato Vaticano fino al 1938 e post IIa Guerra Mondiale, di Mons. Pacelli poi Pio XII; la documentazione degli Alleati sulla liberazione dei lager nazisti, gli atti e documenti nazisti emersi nei Processi di Norimberga e di Eichmann. Il nuovo museo della Shoah di Yad Vashem è stato inaugurato nel 2005. La polemica, scaturita nel 2007 sulla foto e didascalia di Pio XII, è un gravissimo contenzioso sollevato dal Vaticano nella veste di Monsignor Franco, Nunzio Apostolico in Israele. Il precedente N.A., Mons. Sambi, non ebbe nulla a ridire. Come mai? Posizione e scritta sicuramente avranno infastidito anche Mons. Sambi. Solo che il Nunzio ha avuto l’intelligenza politica di non creare alcun caso pubblico. Infatti, il caso è esploso perché la Chiesa – o una sua corrente - ha voluto che: i media segnalassero il gesto plateale di Mons. Franco, che i quotidiani italiani continuassero a scrivere benchè soffermandosi sui deboli costrutti sopracitati; ha aderito a legittimare un seminario ebraico in funzione gratificante per Pio XII; padre Gumpel ha rilasciato dichiarazioni di carattere antigiudaico e ricattatorio per Israele, benché prontamente smentito ufficialmente, ma intanto ha seminato. I gerarchi nazisti a Norimberga e Eichmann in Israele, non sono stati condannati sulla base delle sole testimonianze dolorose dei tanti superstiti dei campi di concentramento nazisti. Ma sulla base di una documentazione dettagliata. Demjanjuk, tradotto dagli USA nel 1986 e processato in Israele, malgrado fosse stato riconosciuto dai superstiti, è stato condannato ma poi rilasciato in Appello nel 1993, perchè le prove a carico non sono state sufficienti a provare la sua identità come boia di Treblinka. Ci hanno pensato gli Stati Uniti ad impedirgli di tornare a casa, poiché era diventato cittadino americano. L’Ucraina l’ha accolto a braccia aperte, nessun altro paese. La storia, come il diritto, si basa unicamente sui fatti documentati, provati. Poi c’è la propaganda storica, ma questa è un’altra cosa. E’ il Far West delle opinioni. Per questo motivo, è necessario parlare dei fatti e contrastare le falsità o i deboli costrutti tesi a sommergere le responsabilità. Pierluigi Battista in un editoriale sul Corriere della Sera, sollevava la questione di Churchill e di Roosevelt. Perchè Pio XII nella “stanza della vergogna” e loro no? Per un semplice fatto. Innanzitutto, sono stati condannati i comportamenti della Gran Bretagna e degli Stati Uniti durante la Shoah, ma sia il comportamento di Churchill che di Roosevelt verso il sionismo, in particolare, è stato estremamente positivo e concreto. Altrimenti, le cifre della Shoah sarebbero state ancora più ampie. Non scordiamo poi la loro posizione nel 1942 e l’integrazione della Brigata Ebraica (all’epoca: gli unici palestinesi, - più esattamente: anglo-palestinesi – riconosciuti, erano gli ebrei! gli arabi venivano definiti genericamente arabi sui documenti, anche quando provenienti dai loro neo-stati) nell’Esercito Britannico che liberò con gli Alleati il sud Italia dove erano concentrati gli ebrei che si sono salvati, grazie a loro, dalle deportazioni del 1943. Se noi ignorassimo la questione su Pio XII, verrebbero divulgate solo falsità o amenità, come fino ad oggi, a distorcere le questioni più sostanziali: quella reale delle vittime e l’ulteriore legittimazione di Israele con il secondo riconoscimento internazionale alla sua esistenza. Inutile dire che la questione ebraica passa da Israele e viceversa. Primo Levi ci ha lasciato un testamento indimenticabile e Elie Wiesel continua a scriverlo. A nome loro e di tutte le Vittime della Shoah.
Danielle Sussmann
Dal sito del GIORNALE, pubblicato alle 11.22 del 23 ottobre 2008, un articolo sulla presa di posizione ufficiale del ministro israeliano per gli Affari sociali sulla prospettiva di una beatificazione di Pacelli:
Roma - "Il tentativo di far diventare santo Pio XII è inaccettabile". Suonano come una scomunica nei confronti di Pio XII le parole pronunciate contro la beatificazione di Papa Pacelli dal ministro per gli Affari sociali di Israele Isaac Herzog, che è anche responsabile degli Affari della Diaspora, della lotta all’antisemitismo e dei rapporti con le comunità cristiane. A riportare le dichiarazioni del ministro è il quotidiano israeliano Hareetz .
Le accuse del ministro israeliano "Durante il periodo dell’olocausto il Vaticano sapeva molto bene quello che stava accadendo in Europa", ha aggiunto l’esponente del governo di Gerusalemme che poi ha spiegato: "Non vi è alcuna prova, per ora, di alcun provvedimento preso dal Papa che, come Santa Sede, avrebbe potuto ordinare". Quindi il ministro ha affermato: "Il tentativo di far diventare santo Pio XII è una forma di 'sfruttamento dell’oblio' rispetto a quei fatti e testimonia una assenza di consapevolezza". "Invece di essere coerente con il verso biblico nel quale si afferma 'Tu non permetterai che si versi il sangue del vicino' - ha detto ancora il ministro - il Papa rimase in silenzio e forse fece anche peggio".
La polemica con la Santa Sede Parole durissime pronunciate questa volta non da un esponente di qualche organizzazione ebraica o da un rabbino, ma da un rappresentante del governo in carica di Israele che, peraltro, ha anche per mandato governativo il compito di gestire le relazioni con le comunità cristiane. Del resto le affermazioni di Herzog arrivano dopo settimane di polemiche intorno alla figura di Pio XII e ai ripetuti interventi del Papa e del Segretario di stato vaticano in difesa di Pacelli e del suo operato durante la seconda guerra mondiale. Sul fronte israeliano la presa di posizione pubblica del Pontefice in favore di Pio XII ha fatto pensare a una sua imminente beatificazione. Da qui una serie di reazioni critiche verso la Santa Sede e la Chiesa cattolica. Ancora, ha destato scalpore l’ipotesi che il Papa non andasse in visita in Israele a causa della didascalia contenuta al memoriale della Shoah di Gersualemme, lo Yad Vashem, nella quale si leggono parole fortemente critiche verso Pio XII e il suo comportamento nel secondo conflitto mondiale. Successivamente è intervenuto anche il Presidente di Israele, Shimon Peres, per ribadire l’invito rivolto a Benedetto XVI a visitare la Terra Santa, tuttavia Peres ha confermato le riserve su Pio XII classificando però l’affaire come vicenda del passato che non può incrinare gli attuali buoni rapporti con la Chiesa di Roma.
La replica del Vaticano Da parte sua la Santa Sede, attraverso il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, provava a spegnere le polemiche specificando che il Papa aveva deciso di approfondire ulteriormente l’analisi su Pio XII - rimandando quindi la beatificazione - e osservando che la didascalia allo Yad Vashem, pur assolutamente non condivisa dalla Santa Sede, non poteva considerarsi un ostacolo al viaggio del Papa. E tuttavia nei giorni scorsi altri episodi hanno complicato la situazione. Un sito internet di sostenitori del partito di governo Kadima ha pubblicato un fotomontaggio raffigurante Benedetto XVI con una svastica. L’immagine è stata prontamente rimossa e il Primo ministro, Tzipi Livni, ha spiegato subito che l’immagine vergognosa non rappresentava in alcuno modo il suo pensiero o quello del suo partito
Da L' UNIONE INFORMA, riportiamo l'editoriale di Sergio Della Pergola, demografo, Università ebraica di Gerusalemme.
Una grande organizzazione religiosa, con sede a Roma, sta compiendo in questi giorni enormi sforzi pubblici per eleggere a un ruolo da essa ritenuto di trascendenza colui che fu il suo massimo leader tra la fine degli anni 30 e gli anni 50 del 20° secolo. La posizione ufficiale dell’ebraismo in questa vicenda dovrebbe essere di neutralità. Come non vorremmo che altri sindacassero i nostri riti e le nostre credenze, così non è giusto che noi interferiamo nei riti e nelle credenze di altri che – va sottolineato – non sono i nostri. Tali riti, estranei alla nostra fede e alla nostra morale, non ci vincolano e hanno per noi ben scarso rilievo. A volte possono suscitare curiosità; a volte un senso di comprensione e solidarietà; altre volte un sentimento di profonda estraneità. Solleva stupore lo sforzo da parte di questa grande organizzazione e dei suoi fiancheggiatori di reperire all’interno dell’ebraismo delle voci a sostegno della procedura di trascendenza. Come se fosse necessaria un’omologazione ebraica, come se fosse in atto una mutua dipendenza. Così assolutamente non è. Anzi, le scelte in corso comportano un consapevole reciproco allontanamento dall’illusione del dialogo, della convergenza, del percorso unitario. Sempre con rispetto, ma ineluttabilmente diversi e separati.
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