Israele: «La comunità internazionale è stata determinata». Un seggio anche a Turchia, Austria, Messico e Uganda DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — L'esito era scontato. Al Palazzo di Vetro l'Iran ieri è stato battuto al primo scrutinio dal Giappone, vedendo naufragare il suo sogno di sedere come membro non permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel prossimo biennio. Oltre a Tokio, l'Assemblea Generale Onu ha assegnato un posto alla Turchia, all'Austria, al Messico e all'Uganda, respingendo anche le richieste dell'Islanda. Principale organo decisionale dell'Onu, il Consiglio di sicurezza si compone di quindici membri, di cui cinque permanenti che godono del diritto di veto (Cina, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Russia). Gli altri dieci sono eletti ogni anno a gruppi di cinque — distribuiti in base a zone geografiche — per mandati di due anni non immediatamente rinnovabili. Lo scrutinio è segreto. Per il gruppo Europa Occidentale quest'anno Austria, Islanda e Turchia erano in lizza per i due seggi che perderanno il Belgio e l'Italia. Non c'era gara, invece, per l'America Latina e l'Africa, perché i rispettivi gruppi regionali si erano già accordati su Messico e Uganda. I riflettori dell'Assemblea erano tutti puntati sulla candidatura della Repubblica Islamica, da anni sotto le sanzioni Onu, che ha ottenuto solo 32 voti contro i 158 del Giappone, che ha immediatamente superato i due terzi dei consensi necessari per essere eletti. Una sconfitta a dir poco bruciante che, secondo l'ambasciatrice di Israele all'Onu Gabriela Shalev «dimostra la determinazione della comunità internazionale contro l'Iran di Ahmadinejad: un Paese che appoggia il terrorismo e minaccia la pace mondiale». «Le sanzioni si riflettono sui pochi voti raccolti dall'Iran — le fa eco Alejandro Wolff, ambasciatore aggiunto degli Usa— la comunità internazionale ha rifiutato questa candidatura». Eppure alla vigilia Teheran aveva ostentato la certezza di una vittoria. «Le nazioni islamiche e i 118 membri del Gruppo dei Paesi non allineati ci appoggiano pubblicamente », ha scritto ieri l'agenzia di stampa iraniana Fars sul suo sito Web, citando, tra gli «alleati sicuri», Pakistan e Tagikistan. Ma dietro le quinte la comunità internazionale ha montato una vasta campagna per stoppare la candidatura. Oltre a perseguire la distruzione di Israele, l'Iran ha più volte denunciato come «illegittimo» il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che negli ultimi due anni ha votato ben quattro risoluzioni contro Teheran cui sono state imposte sanzioni a causa del suo programma nucleare. La crociata ha visto l'Italia in prima fila. Alcuni giorni fa Fiamma Nirenstein (Pdl), vicepresidente della Commissione Esteri della Camera, annunciò l'approvazione all'unanimità di una mozione bipartisan che impegnava il governo ad agire anche a livello europeo contro la candidatura dell'Iran. Sì perché, anche se Teheran è entrata in Consiglio soltanto una volta, nel 1955-56, al tempo degli Scià, alcuni temevano un colpo a sorpresa di certi Paesi, decisi a esprimere il proprio dissenso rispetto alle decisioni dei Quindici. Dei 192 Paesi dell'Onu, 114 non si sono mai seduti in Consiglio o non hanno avuto che un solo mandato di due anni, e Teheran si era appellata a loro per chiedere «una migliore applicazione del principio dell'uguaglianza sovrana di tutti gli Stati membri, sancito nella carta dell'Organizzazione». Ma ben pochi hanno «comprato » quest'argomentazione. «Essere sotto le sanzioni Onu è un problema serio», teorizza l'ambasciatore russo Vitaly Churkin, «l'Iran voleva entrare in un organismo che ha sempre criticato». «Il Giappone era imbattibile», gli fa eco l'ambasciatore indiano Nirupam Sen. «È il secondo contribuente dell'Onu dietro gli Usa ed è in campagna da molti anni per ottenere un seggio permanente al Consiglio». Nei corridoi del Palazzo di Vetro era persino corsa voce di un ritiro dell'Iran. «Nessuno vuole ripetere l'esperienza del Ruanda — scrive sull'International Herald Tribune Neil MacFarquhar — che, in quanto membro non permanente nel 1995-1996, riuscì ad ostacolare i lavori dei Quindici, proprio mentre era in corso un genocidio nel suo territorio ».
Per inviare la prpria opinione al Corriere della Sera, cliccare sulla e-mail sottostante.
|