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Il Messaggero - Il Giornale - La Stampa Rassegna Stampa
24.09.2008 Un leader democratico (Bush) e un tiranno (Ahmadinejad) all'Onu
qualcuno informa, qualcun'altro tifa per il tiranno

Testata:Il Messaggero - Il Giornale - La Stampa
Autore: Anna Guaita - Roberto Fabbri - Maurizio Molinari
Titolo: «Bush mette all'indice Russia, Iran e Siria - Ahmadinejad: il destino di Israele ormai segnato - Bush-Ahmadinejad, sfida all'Onu»

Su Il MESSAGGERO del 23 settembre 2008 Anna Guaita riferisce del discorso di Bush all'Onu.
Il presidente americano, scrive Guaita

ha di nuovo accusato Siria e Iran di continuare a sponsorizzare il terrorismo

Che Siria e Iran sponsorizzino il terrorismo è un dato di fatto, ma il MESSAGGERO
preferisce fingere di non saperlo, e presentare i due regimi come vittime di una persecuzione americana "Bush mette all'indice Russia, Iran e Siria" titola il quotidiano romano. Anche Ahmadinejad è una vittima di fraintendimenti. Anna Guaita si preoccupa del fatto che

era dovuto passare vicino alla folla che fuori dal Palazzo dimostra contro il suo regime repressivo, nemico di Israele. Ma in un'intervista alla National Public Radio aveva precisato di non aver mai auspicato la distruzione di Israele con la forza: "Facevo riferimento alla fine dell'Unione Sovietica - ha detto -oggi non esiste più perché è stata distrutta dal voto dei suoi stessi cittadini.

Se in attesa dell'autodissoluzione per via democratica di Israele Ahmadinejad non si stesse costruendo la bomba atomica, questa dichiarazione potrebbe risultare meno ridicola.
Si deve anche osservare che in Israele si vota liberamente, e che finora le elezioni non hanno abolito lo Stato. E' nella Repubblica islamica di Iran che le elezioni non sono libere, in quanto il potere teocratico degli ayatollah può bocciare le candidature a lui sgradite. Se c'è un incognita in Medio Oriente, è dunque l'effetto che la democrazia avrebbe sulla sopravvivenza del regime fondato da Khomeini, non su quella di Israele, che è una democrazia da sempre.

Sul GIORNALE, Roberto Fabbri riferisce diffusamente delle dichiarazioni non certo pacifiche di Ahmadinejad:

Il presidente dell’Iran Mahmud Ahmadinejad vuole partecipare a un dibattito con i candidati alla Casa Bianca, il democratico Barack Obama e il repubblicano John McCain. Ahmadinejad, parlando durante una conferenza stampa al Palazzo di Vetro, ha detto di essere «disponibile a confrontarsi con i candidati alla Casa Bianca, a patto che sia un dibattito aperto, in presenza di esponenti della stampa, in modo che tutti possano sapere quello che viene detto».
Durante la campagna elettorale per la Casa Bianca, Barack Obama ha detto di essere disponibile a incontrare Ahmadinejad e altri leader «canaglia», sotto determinate condizioni. L’idea era stata criticata da diversi esponenti repubblicani che hanno accusato Obama di ingenuità in politica estera.
Prima dell’intervento, nella notte, al Palazzo di Vetro dell’Onu il presidente iraniano aveva consegnato il suo pensiero al Los Angeles Times, sferrando l’ennesimo attacco a Israele, aggiungendo nuove accuse agli Stati Uniti che avrebbero provocato la crisi finanziaria mondiale con i costi esorbitanti delle loro guerre e - dulcis in fundo - e assicurando che la maggioranza dei Paesi del mondo sostiene il diritto dell’Iran al nucleare.
Mahmud Ahmadinejad, presidente della Repubblica islamica dell’Iran, non delude mai. E non l’ha fatto nemmeno ieri. Sullo Stato ebraico Ahmadinejad, già in passato prodigo di gravi minacce e paragoni offensivi che hanno suscitato ampia indignazione nel mondo, ha proposto al giornale californiano una nuova immagine a effetto: ormai, ha detto, Israele è come un aereo che ha perso il motore in volo e il suo destino è dunque segnato. Poi ha ripetuto il suo cavallo di battaglia: ammesso e non concesso che gli ebrei abbiano subito ingiustizie durante la seconda guerra mondiale, ha detto, queste sono avvenute in Europa e quindi spetta agli europei ospitarli. «Cosa c’entrano i palestinesi? - ha esclamato - Perché devono pagare loro il prezzo?». Al massimo, ha aggiunto, potremmo accettare in Palestina uno Stato misto palestinese ed ebraico, un progetto che gli israeliani e i loro alleati occidentali notoriamente respingono.
Ahmadinejad ha poi colto l’occasione offerta dalla grave crisi internazionale per una stoccata alla Casa Bianca. «Non sono problemi che emergono per caso - ha sostenuto il leader iraniano, che peraltro in casa propria deve far fronte a una crescente impopolarità dovuta proprio a cause economiche -. Il governo americano ha commesso una serie di errori negli ultimi decenni. L’imposizione sull’economia americana di pesanti interventi militari nel mondo... la guerra in Irak, per esempio, questi sono costi pesanti». Poi l’affondo: «L’economia mondiale non può più tollerare i deficit di bilancio e le pressioni finanziarie dai mercati negli Stati Uniti e dal governo degli Stati Uniti».
Il “meglio” di sé, però, Ahmadinejad lo ha dato sul programma nucleare iraniano. Sono anni che le ambiguità di questo progetto, ufficialmente mirato a dotare l’Iran di energia atomica per uso civile, sollevano preoccupazioni in tutto il mondo. Ahmadinejad, però, lo nega: «Prima di tutto, le popolazioni del mondo, la maggioranza attualmente, sostiene la nostra istanza», ha detto al Los Angeles Times, precisando che per «maggioranza» intende i Paesi non allineati e i «57 Stati membri dell’Organizzazione della conferenza islamica». Inoltre, il presidente iraniano sostiene che «otto Paesi del gruppo del G8 attualmente ci sostengono. Così come i quindici Paesi del Gruppo dei 15. È quindi chiaro che le popolazioni e i governi ci stanno sostenendo». Secondo Ahmadinejad, solo «gli Stati Uniti e un paio dei loro amici europei, di cui non ci interessa perché non rappresentano il mondo intero» contestano il diritto iraniano al nucleare.

Da La STAMPA, la cronaca dei discorsi all'Onu di Bush e Ahmadinejad, di Maurizio Molinari:

Duello all’Onu fra George W. Bush e Mahmud Ahmadinejad, di parole come di gesti. L’apertura dei lavori della nuova Assemblea Generale è avvenuta nel segno della rivalità, politica e personale, fra i presidenti di Stati Uniti e Iran.
Ad aprire le ostilità è stato Ahmadinejad con una raffica di interviste al mattino. Al «Los Angeles Times» ha dichiarato che dietro l’attuale crisi finanziaria a Wall Street ci sono i danni causati all’economia da «anni di pesanti e continui interventi militari nel mondo come ad esempio la guerra in Iraq». «L’economia mondiale - ha aggiunto - non può più tollerare la pressione finanziaria che viene dai mercati e dal governo americano». Sul tema delle nuove regole dei mercati finanziariica, il presidente francese Nicolas Sarkozy, nel suo intervento, ha proposto un summit mondiale. Ancora Ahmadinejad, dai microfoni della radio «Npr» ha irriso le sanzioni votate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro il programma nucleare iraniano, definendole «frutto dell’azione isolata di tre o quattro nazioni, guidate dagli Usa e dai loro amici europei».
La risposta del presidente americano è arrivata dal podio del Palazzo di Vetro con un discorso che ha chiamato in causa l’Iran per il sostegno al terrorismo e la corsa all’atomica. «La coalizione degli Stati che combattono in terrorismo negli ultimi sette anni è diventata più forte» ha detto Bush, rivendicando il merito di aver contribuito a costruire quest’alleanza dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 ed additando all’Assemblea l’eccezione di «pochi Stati come i regimi in Siria e Iran che continuano a fomentarlo» in violazione delle risoluzioni Onu. Le nuove democrazie in Iraq, Afghanistan e Libano disegnano per la Casa Bianca una nuova dinamica in Medio Oriente che acuisce l’isolamento di Teheran e Damasco. Poco dopo Bush ha rincarato la dose sul fronte della lotta alla proliferazione nucleare, chiedendo alle Nazioni Unite di «applicare le sanzioni contro l’Iran e la Corea del Nord» perché «non dobbiamo rilassarci su questo fronte fino a quando il pericolo per la nostra civilizzazione non sarà passato».
Ogni volta che ha citato l’Iran, Bush ha marcato il tono della voce come è solito fare nei momenti di maggiore tensione politica e Ahmadinejad, seduto al posto della delegazione iraniana, prima ha ascoltato e poi si è girato verso un diplomatico che aveva a fianco facendo il segno del pollice verso in modo da essere ripreso dalle tv. Qualche ora più tardi è stato proprio il presidente iraniano a salire sullo stesso podio, ribattendo al discorso di Bush con una difesa a spada tratta del diritto a sviluppare l’energia nucleare: «Noi perseguiamo l’energia pacifica, gli Stati Uniti invece sono la nazione di Hiroshima e Nagasaki, vogliono mantenere il monopolio delle armi per opprire gli altri». L’accusa a Washington è di aver causato «disastri e tragedie»: «L’Iraq è sotto potere coloniale, in Afghanistan i civili vengono bombardati dalla Nato che opprime Georgia, Abkhazia e Sud Ossezia, lo scudo antimissile crea instabilità, le ambasciate in Sud America lavorano per la destabilizzazione». Per Ahmadinejad assieme agli Usa sono le «altre potenze» che «tengono in ostaggio l’Onu impedendogli di battersi contro l’oppressione» a cominciare «dalla Palestina dove i legittimi proprietari della terra vengono uccisi da 60 anni». Tutto ciò è possibile grazie «ai leader dei Paesi che vanno a corteggiare il regime sionista pur di avere aiuti finanziari». Sul destino dello Stato di Israele ribadisce di non avere dubbi: «Andrà al collasso così come finirà l’impero americano».

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