Rapporti tra Urss e Israele: una ricostruzione storica di Sergio Romano, insolitamente corretto
Testata: Corriere della Sera Data: 17 settembre 2008 Pagina: 39 Autore: Sergio Romano Titolo: «Perché l'antisemita Stalin ha riconosciuto Israele»
In varie occasioni abbiamo usato la metafora dell'orologio rotto che segna l'ora giusta due volte al giorno per introdurre scritti di Sergio Romano che si discostavano dal suo abituale pregiudizio antisraeliano. Ecco un'altra occasione nella quale tale metafora ci sembra appropriata. Rispondendo a un lettore sui rapporti tra Urss e Israele, Romano avrebbe potuto, giunto a scrivere della crisi di Suez nel 56, ricordare che Israele si difendeva dal tentativo egiziano di isolarla e assediarla. Non l'ha fatto. A parte questa mancanza, però, la sua ricostruzione storica, pubblicata dal CORRIERE della SERA del 17 settembre 2008, appare corretta.
Di seguito, il testo:
Vedendo il film Exodus ho notato la scena in cui gli israeliani seguono in diretta radio la votazione all'Onu per la creazione dello Stato di Israele. Comprendo le ragioni che spinsero l'America, e di conseguenza i suoi alleati, a votare a favore. Meno chiara mi è la ragione per cui anche l'Unione Sovietica votò a favore. Può darmi una delucidazione in merito? Gustavo Schiavone giesse45@libero.it Caro Schiavone,
Nel 1987, quando era presidente del Senato, Amintore Fanfani fece un viaggio a Mosca e chiese d'incontrare Andrej Gromyko, allora presidente del Praesidium del Soviet Supremo dell'Urss (una carica che corrispondeva grosso modo a quella di capo dello Stato). Lo accompagnai al Cremlino e la conversazione durò non meno di un'ora. Fanfani e Gromyko si erano conosciuti in anni in cui erano ambedue ministri degli Esteri, provavano una sorta di rispetto reciproco e discorsero a lungo di vari problemi in un tono disteso e cordiale. Quando la conversazione cadde sul Medio Oriente, Fanfani accennò ai rapporti dell'Urss con Israele, interrotti sin dalla Guerra dei sei giorni (1967) e chiese se Mosca, dopo l'inizio della perestrojka gorbacioviana, avesse l'intenzione di rivedere la propria posizione verso lo Stato ebraico. Gromyko non rispose né sì né no, ma alzò solennemente la mano destra e disse: «Vede questa mano? È quella con cui, il 29 novembre del 1947, ho votato la risoluzione n. 181 dell'Assemblea Generale dell'Onu che autorizzò la nascita di Israele». Con quel gesto un po' troppo enfatico Gromyko voleva dire che l'Urss era stata uno dei maggiori padrini dello Stato ebraico e che non era colpa sua se le relazioni fra i due Paesi erano andate progressivamente peggiorando sino alla rottura dei rapporti diplomatici. Non disse tuttavia quali fossero le reali ragioni del voto. L'Urss non era mossa da una particolare simpatia per la causa sionista, ma riteneva, con ragione, che la nascita di uno Stato ebraico in Medio Oriente avrebbe creato seri fastidi alla politica araba della Gran Bretagna. Non dimentichi, caro Schiavone, che esisteva ancora, in quegli anni, un Impero britannico e che Londra era, agli occhi di Mosca, la maggiore potenza del campo «imperialista » e anticomunista. Che le ragioni del voto sovietico all'Assemblea dell'Onu fossero soltanto strumentali, divenne presto evidente. Le calorose dimostrazioni con cui la comunità ebraica di Mosca accolse Golda Meir quando arrivò in Unione Sovietica come primo ambasciatore d'Israele, infastidirono il sospettoso Stalin, morbosamente convinto che gli ebrei sarebbero stati da quel momento la quinta colonna di uno Stato straniero. Cominciò allora uno strisciante antisemitismo che esplose con l'assassinio di un grande attore del Teatro ebraico, Solomon Michoels, e una virulenta campagna contro i medici ebrei, accusati di una complotto che si proponeva di eliminare la dirigenza sovietica con il bisturi e con il veleno. La morte di Stalin nel 1953 impedì un nuovo pogrom, forse più radicale di quelli che avevano segnato gli ultimi anni del Novecento e il periodo della guerra civile. Ma i rapporti fra l'Urss e Israele erano destinati a peggiorare per altre ragioni. Quando Israele si unì alle vecchie potenze colonialiste per attaccare l'Egitto e riconquistare il Canale di Suez, l'Urss assunse la parte del protettore del mondo arabo e i due Paesi furono da quel momento in campi contrapposti. La situazione accennò a cambiare quando Gorbaciov, nel 1988, ritenne che il sostegno delle comunità ebraiche nel mondo avrebbe giovato alla sua immagine di riformatore illuminato. Fu quello il momento in cui la Russia aprì le sue porte e permise ai suoi ebrei di emigrare. Quelli che scelsero Israele furono circa novecentomila. Dopo l'ebraico e l'inglese, il russo è oggi la terza lingua del Paese.
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