La Fiat non costruisca automobili in Iran lettera aperta a John Elkann
Testata: Tempi Data: 28 agosto 2008 Pagina: 25 Autore: Yasha Reibman Titolo: «Cosa siamo disposti a sacrificare per fermare l'Iran atomico»
Dal settimanale TEMPIdel 28 agosto 2008:
Alcune scelte determinati avverranno in settembre sul caso Iran, coinvolgeranno tutto il Medio Oriente e avranno conseguenze dirette anche in Europa e Italia. In questo mese si capirà la reale capacità di dissuasione della comunità internazionale nei confronti di un paese che mette in atto politiche pericolosissime per la stabilità internazionale. Tutti gli altri staranno alla finestra per capire quale sarà il risultato di questa prova. Mi riferisco alla mobilitazione per fermare la corsa all'atomica dell'Iran, per impedergli di raggiungere la capacità di costruire armi nucleari. E sbaglia chi pensa che la faccenda riguardi solo Israele. Vedremo se l'Occidente, la Cina, la Russia e l'India riusciranno davvero a fare fronte comune, se il regime sciita si piegherà alle sanzioni economiche, o se invece prevarranno gli interessi particolari. Si vedrà in questo mese. La Fiat ad esempio pare abbia intenzione di produrre automobili in Iran, e questo non è un bel segnale. Capiremo dunque se i singoli paesi riusciranno a dissuadere le proprie aziende dall'investire per il momento in Iran. Vedremo naturalmente anche a chi gli israeliani affideranno la guida del proprio paese, una scelta determinante per il futuro di Israele nel caso in cui le sanzioni dovessero fallire e si dovesse ricorrere all'opzione militare contro Ahmadinejad. Gli israeliani si fideranno più dei generali, come il leader laburista Ehud Barak e il candidato alla guida del partito Kadima Shaul Mofaz, oppure dei candidati esperti di intelligence, come gli altri che si propongono per condurre Kadima, Tzipi Livni e Avi Dichter ? Ma oltre a Israele la posta in gioco è proprio la stabilità futura per tutti. La sfida, infatti, è ben più ampia. Se lasceremo che qualunque paese possa accaparrarsi armi nucleari si innescherà necessariamente un'escalation, che comprenderà prima l'Iran, poi l'Arabia Saudita, in una reazione a catena che aumenterà enormemente il rischio per tutti di un conflitto nucleare o della possibilità che gruppi terroristici entrino in possesso di armi atomiche
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