Olmert offre uno Stato ai palestinesi, Abu Mazen rifiuta rassegna di quotidiani
Testata:Corriere della Sera - La Stampa - Il Sole 24 Ore - Il Manifesto - L'Unità - La Repubblica Autore: Davide Frattini - Aldo Baquis - Arianna Garavaglia - Michele Giorgio - la redazione Titolo: «Olmert, ultimo rilancio di pace «Via dal 93% della Cisgiordania» - Lasceremo la Cisgiordania - Pronti a lasciare la Cisgiordania - Piano di pace offresi. La patacca di Olmert - Pronti a lasciare il 93% della Cisgiordania»
Dal CORRIERE della SERA del 13 agosto 2008, la cronaca di Davide Frattini:
GERUSALEMME — Ehud Olmert è ancora convinto di poter raggiungere un accordo con i palestinesi, prima delle dimissioni annunciate. Il primo ministro israeliano ha presentato una proposta di intesa ad Abu Mazen, presidente palestinese, con dettagli sui confini, la questione dei rifugiati e quella della sicurezza. Israele si ritirerebbe dal 93 per cento della Cisgiordania e manterrebbe il controllo dei grandi blocchi di insediamenti. La mappa disegnata da Olmert — rivelata dal quotidiano Haaretz — segue il percorso della barriera di sicurezza. Ai palestinesi verrebbe dato in cambio il 5,5 per cento di territorio israeliano nel deserto del Negev, in un'area tra Gaza e la Cisgiordania. La differenza sarebbe compensata dal collegamento, su terra israeliana, tra le due aree. Il piano è già stato respinto dal raìs. «È un progetto che manca di serietà», commenta Nabil Abu Rudeina, portavoce di Abu Mazen. «Una proposta inaccettabile. Siamo pronti a discutere solo di uno Stato con continuità territoriale, con Gerusalemme come capitale, senza insediamenti e basato sui confini del 1967. Così è una perdita di tempo». Olmert ha annunciato di voler lasciare la guida del governo, dopo che Kadima eleggerà un nuovo leader, sotto la pressione di un'inchiesta per corruzione. Le primarie nel partito sono a metà settembre: se il primo ministro incaricato non riuscisse a formare una coalizione, Olmert resterebbe al potere fino alle elezioni anticipate. Il premier ha incontrato il presidente palestinese pochi giorni fa e prosegue i negoziati, guardando alla data auspicata da George Bush: un accordo entro la fine dell'anno. «È motivato nelle trattative», dice il portavoce Mark Regev. «Lo fa solo perché spera di lasciare un'eredità positiva. Non ci sarà nessuna intesa», commenta un'altra fonte israeliana. Secondo il piano, gli israeliani riceverebbero da subito le aree degli insediamenti, ma la parte di territorio da offrire in cambio ai palestinesi verrebbe trasferita solo quando l'Autorità riuscirà a riprendere da Hamas il controllo della Striscia di Gaza. Anche Abu Mazen aveva parlato di uno scambio di terre, ma basato su una percentuale molto più bassa, attorno al 2 per cento. Il progetto indica anche che il futuro Stato palestinese dovrebbe essere demilitarizzato e senza un esercito. I negoziatori del raìs chiedono invece che le forze dell'Autorità siano in grado di difendersi contro minacce esterne. La formula per risolvere la questione dei rifugiati è dettagliata e complessa. In ogni caso, Olmert respinge il «diritto al ritorno» in Israele e considera possibili solo casi eccezionali di ricongiungimenti familiari. Hamas non ha neppure preso in considerazione la proposta del primo ministro. «È solo un modo per verificare le reazioni dei palestinesi — commenta Mahmoud Zahar, uno dei leader più oltranzisti, da Gaza —. Non perderemo tempo con questo piano, perché il nostro popolo non l'accetterà mai».
La cronaca di Aldo Baquis, pubblicata da La STAMPA, si chiude con le valutazioni dei negoziatori palestinesi. Non è chiaro come si possa sostenere che Israele"cerca di sfuggire dalla visione dei due Stati" nel momento in cui sono i palestinesi a rifiutare, per l'ennesima volta, un compromesso basato sul principio dei due Stati, ma i consiglieri di Abu Mazen lo fanno, e Baquis registra senza commenti. Dall'articolo, stralciamo il passaggio in questione:
I consiglieri di Abu Mazen hanno avuto la sensazione di essersi già imbattuti in proposte israeliane analoghe. Idee molto simili erano state presentate dal premier laburista Ehud Barak al presidente Yasser Arafat nello sfortunato vertice di Camp David (giugno 2000) e poi nella conferenza di Taba (inverno 2000), mentre i Territori erano ormai sconvolti dall’Intifada. Israele, ha stimato ieri Abu Rudeina, «cerca di sfuggire dalla visione dei due Stati». Anche il negoziatore palestinese Abu Ala ha ostentato nei giorni scorsi una dose di pessimismo: se Israele continuerà ad opporsi alla costituzione di uno Stato indipendente in Cisgiordania, Gerusalemme Est e Gaza i palestinesi - ha avvertito - abbandoneranno quel progetto e torneranno a lottare per uno Stato binazionale che riunisca ebrei e arabi in una unica entità politica fra il fiume Giordano e il Mediterraneo.
Arianna Garavaglia sul SOLE 24 ORE scrive
secondo una fonte ufficiale anonima citata da Haaretz Olmert, che a metà settembre lascerà la poltrona di segretario di Kadima, starebbe solo cercando di fissare la sua eredità. "Non ci sarà nessun accordo" ha assicurato la fonte.
Facile profezia, visto l'immediato rifiuto palestinese. Più difficile capire cosa sia una "fonte ufficiale anonima". E' ovvio che una fonte anonima può essere governativa, ma non "ufficiale". Le posizioni ufficiali non vengono espresse da anonimi. La questione non è esclusivamente terminologica, dato che Haaretz è citato per avvalorare le accuse del negoziatore palestinese Erekat ( "Gli israeliani vogliono scaricare su di noi la responsabilità del fallimento del negoziato") e smentire le dichiarazioni del portavoce di olmert Mark Regev, che ha ribadito la volontà del governo di continuare il dialogo per la pace.
L'articolo riporta anche una notizia importante, ignorata dagli altri quotidiani:
il viceministro della Difesa israeliano Matan Vilnai ha annunciato il trasferimento di 23 milioni di dollari di entrate fiscali nella Striscia di Gaza. "Si tratta di denaro che appartiene all'Autorità palestinese del presidente Abu Mazen e che sarà impiegato per pagare gli stipendi degli uomini di Fatah" ha dichiarato Vilnai. I fondi non saranno trasferiti ad Hamas e la decisione di Israele, secondo il ministro, aiuterà Abu Mazen a riprendere il controllo della Striscia.
Il MANIFESTO condanna il piano Olmert come una "patacca". Tra le motivazioni: il mancato riconoscimento del "diritto al ritorno" in Israele dei profughi palestinesi. Un'ennesima negazione del diritto all'esistenza dello Stato ebraico (che sparirerebbe se vi entrassero milioni di palestinesi, tra profughi e discendenti) da parte del quotidiano comunista. Ecco il testo dell'articolo:
Il presidente palestinese Abu Mazen ha respinto ieri un tentativo del premier Ehud Olmert, oltretutto un anatra zoppa che sta per uscire di scena, di ripresentare il «piano di pace» israeliano che circola ormai dal 2000 e che prevederebbe la restituzione ai palestinesi del 93% della Cisgiordania. Un piano che lascia a Israele il controllo di tutta Gerusalemme, inclusa gran parte della zona araba (Est) occupata nel 1967, e che scrive la parola fine sul «diritto al ritorno» per i profughi, senza prevedere alcuna assunzione di responsabilità, anche solo parziale, dello Stato ebraico nella tragedia dei palestinesi costretti a fuggire o espulsi dalla loro terra nel 1948. Il divario tra la posizione israeliana e quella palestinese è ancora «molto grande», ha spiegato il portavoce della presidenza dell'Anp, Nabil Abu Rudeinah, precisando che «non è stata chiusa nessuna delle questioni» affrontate sino ad oggi dalle due parti. Ma Abu Mazen sa che il passo fatto da Olmert avrà comunque delle ricadute negative sull'Anp che, è facile immaginarlo, verrà accusata da più parti di aver detto di «no» alla «proposta generosa» di Olmert, così come accadde ad Arafat quando nel 2000 a Camp David non accettò le offerte altrettanto «generose» dell'allora premier israeliano Barak. Secondo il piano Olmert riferito ieri dal quotidiano Haaretz, in cambio della porzione di territorio (7%) della Cisgiordania che Israele intenderebbe mantenere per i propri insediamenti colonici (illegali per le leggi internazionali), ai palestinesi verrebbero offerti «terreni nel deserto del Negev». I palestinesi avrebbero diritto a spostarsi fra Gaza e Cisgiordania senza controlli israeliani, usando un corridoio sicuro. Le mappe che sarebbero state presentate ad Abu Mazen indicano che Tel Aviv intende annettersi la porzione di territorio cisgiordano oggi delimitata dal tracciato del «muro di separazione», a conferma che la barriera descritta da Israele come una misura di sicurezza contro gli attentati, in realtà è stata costruita per conseguire, prima di ogni altra cosa, un preciso obiettivo politico. «Dal momento che Olmert e il ministro della Difesa Ehud Barak hanno approvato di recente la costruzione di case per coloni israeliani sia a Efrat che a Ariel, due insediamenti relativamente distanti dalle linee di armistizio del 1949 - ha scritto Haaretz -, è ragionevole credere che Olmert voglia includere anche questi insediamenti nel territorio da annettere a Israele». Il piano peraltro non fa alcun riferimento al destino delle decine di migliaia di palestinesi che oggi vivono tra il muro e la «linea verde» (il «confine» tra il 1949 e il 1967). Che fine faranno, verranno espulsi dalle loro case e costretti ad andare nello «Stato palestinese»? L'ipotesi non è remota visto che, ad esempio, per i profughi del 1948, Olmert prevede il loro «rientro» esclusivamente nei territori cisgiordani e di Gaza e non ai loro centri abitati originari, come vuole la risoluzione 194 dell'Onu. Tutto programmato invece per i coloni israeliani residenti negli insediamenti che rimarranno fuori dal nuovo confine. Verrebbero evacuati in due fasi perchè Olmert pensa ad iniziale accordo provvisorio e ad un successivo accordo definitivo senza però fissare scadenze precise. E' la soluzione ad interim che Abu Mazen ha sempre rifiutato perchè i palestinesi, dopo decenni di occupazione, vogliono un accordo definitivo e non a tappe come quello di Oslo del 1993 fallito nel 2000. La seconda fase alla quale pensa Olmert infatti scatterebbe quando i palestinesi avranno completato una serie di «riforme interne»: solo allora il governo israeliano provvederà a evacuare tutti i coloni rimasti a est del nuovo confine. In sostanza ai palestinesi le terre verrebbero restituite solo una volta che l'Anp riprenderà il controllo di Gaza, ossia quando i palestinesi di Hamas e Fatah si affronteranno in una guerra interna sanguinosa e definitiva. «In questo modo - ha spiegato Haaretz - Olmert potrà dire alla sua opinione pubblica che Israele sta conquistando il 7% della Cisgiordania e un confine riconosciuto, mentre gli impegni israeliani verranno rinviati alla fine del potere di Hamas a Gaza». E Abu Mazen cosa dirà ai suoi?
Alla notizia della proposta israeliana e del rifiuto palestinese L'UNITA' ritiene di dover dedicare soltanto una breve, in fondo a sinistra a pagina 12.
La REPUBBLICA, più radicalmente, la ignora del tutto.