Tutti i giornali del 28 luglio 2008 pubblicano cronache e analisi sull'attentato a Istanbul.
Il CORRIERE della SERA, oltre alla cronaca di Paolo Salom ("Doppio attacco a Istanbul: 13 morti", pubblica l'analisi di Guido Olimpio ("Catena eversiva per una strategia della tensione") che indica i possibili sospetti:
La strage segue il sanguinoso attacco contro il consolato americano di Istanbul compiuto da una cellula locale di ispirazione qaedista. Dimostrazione di quanto sia ancora forte la componente islamista. Al tempo stesso le esplosioni si intrecciano con la delicata richiesta su un possibile golpe ultranazionalista. In quest'ottica una serie di eventi eversivi farebbero il gioco della strategia della tensione.
Le autorità, reagendo d'istinto e guardando al modus operandi, pensano ai separatisti curdi del Pkk
Su La REPUBBLICA affiancano la cronaca di Alberto Mattone ("Trappola mortale a Istanbul bombe tra la folla dello shopping" )l'analisi di Marco Ansaldo ("Ora temiamo un attacco kamikaze scatta l'allarme per il premier Erdogan") e l'intervista, sempre di Ansaldo, all'esperto turco di terrorismo Aytunc Aytindal, che conferma: è possibile
anche un attacco suicida contro il primo ministro Recep Tayyp Erdogan
("Un segnale preciso a tutto il paese alla vigilia delle scelte della corte")
La STAMPA pubblica la cronaca di Anna Zafesova ("Due bombe tra la folla a Istanbul") e l'analisi di Claudio Gallo ("La pista curda. La prima ma non la sola"), che come quella di Olimpio riporta i sospetti delle autorità turche sul Pkk e i timori di una "strategia della tensione" facente capo alla presunta rete terroristica Ergenekon:
A rendere più cupa e intricata in questi giorni l’atmosfera politica turca è il processo «Ergenekon», dal nome della organizzazione terroristica di estrema destra di cui facevano parte militari, mafiosi e avvocati ultranazionalisti che avevano nel mirino politici curdi, giornalisti e il premio Nobel per la Letteratura Orhan Pamuk. Tra gli 86 imputati ci sono anche noti generali in pensione, tenuto anche conto che «Ergenekon» era la Gladio turca. Sembra che l’organizzazione intendesse rovesciare il governo islamico dell’Akp con una orchestrata strategia della tensione che comprendeva classicamente 3 fasi: una serie di sanguinosi attentati, il caos e il golpe per instaurare una giunta militare
L'analisi di Mario Arpino pubblicata dal GIORNO difende le ragioni dei militari turchi, impegnati nella difesa della laicità dello Stato.
Per loro, ma anche per la componente elitaria della popolazione, il valore della laicità istituzionale, visto ciò che è successo in altre parti del mondo, evidentemente conta assai più di una democrazia compiuta. E forse, considerato ciò che la "fabbrica" islamica del consenso ha già dimostrato altrove, non hanno proprio tutti i torti.
("Laicità, la Turchia al bivio")
Molto presente sui quotidiani anche la vicenda delle 29 impiccagioni decise dal regime iraniano.
Sul CORRIERE della SERA ("Iran, esecuzione all'alba 29 criminali impiccati")Cecilia Zecchinelli riporta l'appello di Nessuno tocchi Caino affinché contro l'ondata di condanne a morte in Iran intervengano l'Italia e l'Europa.
Su La STAMPA ("Iran, 29 impiccati in un giorno") Gianluca Orsini scrive delle numerose condanne a morte comminate in Iran per "reati sessuali", dall'omosessualità, al sesso prematrimoniale all'adulterio.
Sonia Oranges sul RIFORMISTA ("Teheran horror show: 29 impiccati") riferisce che nuovamente un uomo e otto donne sono stati condannati a morte per "adulterio", mediante lapidazione
In realtà l'uomo è colpevole, si da per dire, soltanto di essere un omosessuale, mentre le donne, tutte appartenenti a minoranze etniche, sono vittime di violenze sessuali, oppure hanno cercato di sottrarsi a mariti carnefici che le costringevano a prostituirsi. Analfabete, senza difensore. allle volte nemmeno in grado di comprendere il farsi, hanno avuto ben poche possibilità di sfuggire alla "giustizia" iraniana che pare avere in cantiere altre atrocità come l'introduzione dell'accecamento tra le amputazioni usate per alcuni reati, oltre all'estensione della pena di morte anche a reati improponibili come la conversione ad altre religioni, la stregonieria e addirittura l'uso di internet.
Un terzo degli studenti musulmani britannici ritiene lecito uccidere se la loro fede è "sotto attacco", per il 4% è lecito uccidere anche per promuovere l'islam, il 40% è a favore dell'introduzione della sharia e dell'apartheid sessuale, il 25% dichiara di non rispettare gli omosessuali.
Sono i risultati di un sondaggio effettuato per conto del Centre for Social Cohesion , un think tank britannico di stampo conservatore. Ne riferisce Monica Ricci Sargentini in un articolo pubblicato dal CORRIERE della SERA ("Londra, studenti musulmani: giusto uccidere per la fede")
Vari intellettuali europei, nonostante l'allarme che sondaggi come quello britannico e altri analoghi dovrebbero suscitare, sostengono il "dialogo" con quanti contribuiscono a diffondere e legittimare posizioni come queste.
In un articolo di Paolo Branca pubblicato da la DOMENICA del SOLE 24 ORE del 27 luglio 2008, per esempio, leggiamo l'elogio di Tariq Ramadan da parte di Franco Cardini, che certo non sorprende
E' oggi indispensabile e perfino inevitabile prestare ascolto alla voce di Tariq Ramdan, uno dei più interessanti e preparati interlocutori sulla questione dei rapporti tra Europa e Islam
Ricordiamo che è stato ampiamente documentato dalla giornalista Caroline Fourest che Ramadan afferma cose differenti quando parla in arabo ai musulmani europei e quando parla in francese o in inglese ai suoi interlocutori "infedeli". Verso questi ultimi, egli esercita l'arte della "dissimulazione", celando attraverso un linguaggio ambiguo le sue vere posizioni. Come sarebbe dunque possibile un "dialogo" su queste basi fraudolente ?
Tre notizie riguadano il cinema.
Polemiche tra Egitto ed Iran per il film "Assassinio di un faraone" con il quale la propaganda degli ayatollah esalta l'attentato contro Sadat (dal CORRIERE della SERA "Sadat contro Khomeini, la guerra dei film" , di Viviana Mazza)
L'addio al regista egiziano Youssef Chahine: criticò il fondamentalismo islamico in film come "Il destino", sulla vita di Averroè, ma ripropose anche stereotipi antiamericani nel suo episodio di un film collettivo sull'11 settembre ( sempre dal CORRIERE Addio a Youssef Chahine regista scomodo in Egitto erede del neorealismo", di Paolo Mereghetti)
Segnaliamo anche, benché molti giornali ne avessero già parlato l'articolo di Francesco Gentile da L'UNITA', sul film Zohan, storia di un agente dell'antiterrorismo israeliano che si trasferisce in america per diventare un parrucchiere. Sbagliato il riassunto del quotidiano "Zohan è un agente del Mossad che, stufo di sparare ai palestinesi scappa negli Usa per fare il parrucchiere". Gli agenti dei servizi segreti e di sicurezza israeliani non sparano "ai palestinesi", semmai ai terroristi. ("Israeliani e palestinesi ridiamo anche di voi, di Francesca Gentile")
Anais Ginori su REPUBBLICA firma un ritratto di Janet Hamlin, la disegnatrice che ritrae i detenuti di Guantanamo ("La matita che svela i segreti di Guantanamo")