Dal sito http://friendsofisrael.go.ilcannocchiale.it/post/1969186.html riprendiamo l'articolo di Giuseppe De Paola sul problema dell'acqua in medio Oriente. Lo pubblichiamo oggi, giorno nel quale sul MANIFESTO appare una pagina intera con il titolo " Apartheid dell'acqua", il cui contenuto è facile immaginare, visto che ne è autore Michele Giorgio. Ne risparmiamo la lettura.
In Medioriente è l'acqua che fa scoppiare le guerre, non solo il petrolio. Nel 1965 i siriani tentarono di deviare il flusso d’acqua del Giordano facendo mancare una parte delle risorse idriche ad Israele. Potrebbe essere stato un casus belli per la guerra dei sei giorni? Lo fu eccome. La Turchia ha costruito una gigantesca diga per bloccare gli affluenti dei fiumi Tigri ed Eufrate il cui volume d’acqua è diminuito sensibilmente, lasciando gli iracheni all’asciutto. Ovviamente nessuna protesta nei confronti della Turchia. Anche fra Turchia e Siria è contenzioso sull'acqua. La Turchia fornisce alla Siria 500 metri cubi al secondo, la Siria ne pretende di più. Fra Messico e Stati Uniti vi sono frizioni a causa dell'acqua, e pure fra India e Bangladesh per il controllo del Gange. Sentiamo proteste? Ovviamente no. Si protesta solo per Israele che secondo i media è "predatrice" d'acqua nei confronti dei poveri palestinesi e di alcuni paesi arabi confinanti. Tutto è utile e lecito per demonizzare lo Stato Ebraico: qualsiasi pretesto è buono per muovere campagne denigratorie e accusatorie nei confronti di Israele. La realtà è completamente diversa. Israele ha investito in potenti impianti di desalinizzazione dell’acqua marina situati ad Eilat (Mar Rosso) e ad Ashkelon (Mar Mediterraneo). L’impianto di Eilat fornisce ben 27.000 metri cubi al giorno di acqua desalinizzata. L'impianto di Ashkelon produce oggi 320.000 metri cubi di acqua pura al giorno e ha ricevuto il Global Water Award nel 2006 quando, dopo solo un anno dall'inizio del progetto, ha desalinizzato con successo 100 milioni di metri cubi di acqua. Solo l’impianto di Ashkelon soddisfa ben il 13 per cento del fabbisogno nazionale. In Israele la ricerca tecnologica idrica è fra le migliori al mondo. Esistono centri di studio (denominati “incubatori”) per sviluppare nuove idee e tecnologie per far fronte al fabbisogno idrico. Il quale è sempre maggiore a causa della demografia crescente, dello sviluppo industriale e del clima della regione che permette coltivazioni di tipo mediterraneo solo grazie ad un’ingente quantità d’acqua per le irrigazioni. Ad Israele si deve la nascita e la creazione del sistema d’irrigazione a microgoccia, che fa risparmiare tantissima acqua e permette coltivazioni di parecchi tipi di prodotti (La CEO Netafim, leader mondiale dell'irrigazione goccia a goccia, e' stata progettata nel lontano 1965 nel kibbuz Hatzerim e oggi il sistema israeliano Netafim è usato in tutto il mondo). Insomma il fabbisogno israeliano d’acqua viene soddisfatto dalle falde acquifere e dal lago Kinneret (Tiberiade) ma anche dall’inventiva e creatività delle quali gli ebrei pare non siano proprio sprovvisti.
Per tornare al fantomatico “ladrocinio d’acqua” che Israele commetterebbe nei confronti dei palestinesi, in base agli accordi di Oslo Israele rende disponibili ai palestinesi della Cisgiordania 50 milioni di metri cubi d’acqua l’anno, invece dei 40 stipulati nell’accordo. L’ottanta per cento del fabbisogno idrico della Cisgiordania proviene dalla società israeliana Mekorot, nonostante gli agricoltori israeliani abbiano dovuto subire una riduzione a causa della siccità. Ovviamente nei media occidentali e arabi non trova spazio la notizia che circa il quaranta per cento di questa fornitura viene rubata dai palestinesi delle zone agricole di Hebron e Bethlem. Parlando di storia, anche le accuse mosse ad Israele di aver deviato il corso del Giordano a spese delle nazioni confinanti sono assolutamente false. E’ se mai vero il contrario; già nel 1964 (e quindi prima della guerra dei sei giorni) la Lega Araba progettò di deviare l'Hashbani (affluente del fiume Giordano) all'interno del Libano, incanalandone le acque in eccesso verso il Banias (altro affluente) in Siria, nonché di deviare le acque del Banias verso lo Yarmuk a vantaggio della Giordania. Vi furono persino scontri militari fra siriani ed israeliani dopo la conferenza d’Alessandria nel 1964, giacché fu affidato all’Egitto il comando militare per mettere in atto il piano della Lega Araba senza ostacoli. Dopo la vittoria della guerra dei sei giorni dove Israele fu attaccato proprio da Siria e Giordania, furono trovati accomodamenti sulla spartizione idrica con la Giordania, che espresse il desiderio di riconoscere lo stato Ebraico sino alla sottoscrizione, il 26 luglio 1994, del vero e proprio trattato di pace tra i due Stati (con il quale le due nazioni hanno deciso la riallocazione delle acque dei fiumi Yarmuk e Giordano). La Siria invece perse le alture del Golan, posizione strategicamente importante per Israele e da dove, non dimentichiamo, venivano lanciati missili sul nord del paese. Il Golan è il punto di confluenza di circa 1/3 delle risorse idriche israeliane. Senza un trattato di pace e cooperazione con la Siria, restituire le alture del Golan sarebbe assolutamente pericoloso per la sopravvivenza dello stato Ebraico ma anche per quella del futuro stato Palestinese.
Queste difficoltà e parecchie dispute sulla spartizione dell’acqua potrebbero essere risolte diplomaticamente, ma solo con la precisa volontà degli stati arabi di non continuare la loro politica di aggressione verso Israele. Riconoscere lo stato Ebraico, sedersi ad un tavolo di trattative e cooperare per la soluzione anche di questo aspetto sarebbe foriero di nuove possibilità e soluzioni per tutto il Medioriente, che nei prossimi decenni vedrà diminuire le proprie risorse idriche. Del resto più volte Israele ha dimostrato la volontà di giungere ad accordi di pace, sarebbe il momento che anche i suoi vicini di casa dimostrassero la stessa volontà e, perchè no, farsi anche aiutare dall’inventiva e dal genio israeliano per poter amministrare e gestire meglio il prezioso liquido.