Il giornale israeliano Haaretz ha raccolto le dichiarazioni di fonti ufficiali siriane secondo cui il Presidente Bashar Assad si sente in posizione di forza e non la minima intenzione di concedere nulla al suo interlocutore, il Primo Ministro israeliano Ehud Olmert. Intanto si lascia intendere che la fase “vera” di un eventuale iniziato inizierà soltanto quando vi sarà un partner americano, il che significa che tutto è rinviato all’insediamento della nuova Presidenza americana e che quelle attuali sono soltanto mosse preliminari. «In questo stadio – dichiara la fonte – Assad non farà alcun gesto di buona volontà nei confronti del Primo Ministro israeliano, neppure una stretta di mano, perché non vi è ragione di offrire un simile gesto a un Primo Ministro debole», il quale ne farebbe uso prevalentemente a scopo interno.
Forse – come si è detto – Sarkozy non poteva far altro che compiere un’apertura negoziale nei confronti di Assad, sebbene sia evidente che l’approccio occidentale, quando non segue il principio del Presidente americano Theodor Roosevelt (negoziare tenendo dietro la schiena un nodoso randello), appare sistematicamente inadeguato di fronte alle astuzie levantine di dittatori alla Assad. Di certo, le parole riportate da Haaretz appaiono in perfetta coerenza con i fatti i quali dicono che Assad non ha concesso nulla, assolutamente nulla, ottenendo in cambio cospicui vantaggi.
Mentre Olmert si sbracciava a trasmettere il messaggio che le sue intenzioni di negoziare erano “serie”, Assad non si è spinto oltre la dichiarazione che la firma di un accordo di pace con Israele potrebbe richiedere da sei mesi a due anni se entrambe le parti avranno una “seria” volontà di aprire colloqui diretti. Il che potrebbe essere detto da qualunque bambino di passaggio da quelle parti. Assad non ha mai promesso o semplicemente prospettato nulla di nulla, neppure che una restituzione totale del Golan possa condurre a un riconoscimento di Israele e alla fine di ogni contenzioso, per non dire all’accantonamento esplicito di ogni proposito di mettere in discussione il diritto all’esistenza di Israele. Assad non ha neppure promesso o prospettato nulla di chiaro circa l’assetto della zona e le future alleanze geopolitiche. Per quanto riguarda il Libano ha lasciato intendere che le due problematiche (siriane e libanesi) sono connesse ma che fino a quando non si progredisce nella direzione della pace con la Siria l’altra via è chiusa: il che è quanto ribadire che la Siria non intende minimamente mollare la presa sul Libano.
D’altra parte, il Libano è ormai sempre più nelle mani di Hezbollah, ma la Siria non ha alcuna intenzione di allentare il suo patto con Hezbollah. Ancora: la Siria vuole avere un ruolo centrale nella questione palestinese e mira a riconciliare Hamas e Fatah, ma non dice nulla circa la piattaforma su cui dovrebbe avvenire questa riconciliazione. Infine, se tutta queste iniziative avevano (ed hanno) come fine il distacco della Siria dall’Iran non pare che si sia fatto un passo avanti di un millimetro, come dimostra la suprema e tranquilla indifferenza con cui gli iraniani guardano ai presenti sviluppi.
Se Sarkozy rischia di rimanere impantanato nel suq per ritrovarsi alla fine col solito pugno di mosche in mano, chi rischia di avere il massimo danno è Israele, per responsabilità del più imbelle e dannoso governo che abbia avuto fin dalla sua nascita. È ormai chiaro che Olmert è disposto a promettere persino il Muro occidentale pur di portare a casa qualcosa che assomigli a un “risultato” di qualche genere che risollevi le sue disastrate fortune politiche. Egli ha offerto laghi e monti (appropriato a dirsi, pensando al Golan) protestando la sua sincerità senza ottenere in cambio neppure una stretta di mano. Anzi, ha ottenuto la dichiarazione che non ne è degno, subendo l’umiliazione di farsi dire chi è nientemeno che da un dittatore siriano. Eppure non è lontano il ricordo di Annapolis in cui nessun capo di stato arabo si degnò di stringere la mano al Ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni.
Olmert ha concordato un vergognoso scambio con Hezbollah cedendo pericolosi terroristi in cambio dei due soldati rapiti, Eldad Regev e Ehud Goldwasser, per cui aveva fatto una guerra. Sapeva già che di essi sarebbero stati restituiti i resti, ma non è riuscito neppure a farsi dire esplicitamente da Hezbollah se stava effettuando uno scambio tra persone vive o tra persone vive e cadaveri. Alla vigilia della restituzione dei cadaveri il quotidiano libanese al-Akhbar ha avuto la sfrontatezza di annunciare di aver saputo che uno dei due era morto ma che non aveva ancora notizie precise circa l’altro… L’affronto si è tinto di beffa e mentre i parenti (che in fondo si erano illusi) sprofondavano nella disperazione e Israele nella tristezza il Libano era in festa. Intanto, lo stesso governo Olmert era stato costretto ad ammettere che le informazioni fornite da Hezbollah circa la sorte del pilota Ron Arad sono scandalosamente omissive.
Come se non bastasse, concedendo la fine del blocco di Gaza in cambio di un atto dovuto, e cioè la sospensione dei tiri di missili Qassam su Israele – peraltro ripetutamente violata – il governo Olmert si è privato di ogni mezzo per trattare la sorte dell’altro soldato rapito, Gilad Shalit e rischia di intraprendere un altro baratto tra un cadavere e numerosi terroristi pericolosi.
In breve, Olmert sta aggirandosi come un mendicante in un suq diplomatico ed ha trasformato Israele nella tigre di carta del Medio Oriente. Mentre il “moderato” Abbas si congratulava sfrontatamente con la famiglia del pluriassassino liberato Kuntar, il premier di Hamas Haniyeh vantava (non a torto) l’accaduto come un “precedente”, una “vittoria” su Israele che sarà d’ora in poi chiamato a “pagare prezzi sempre più alti”.
In momenti drammatici della propria esistenza il mondo politico israeliano ha saputo superare le divergenze creando anche governi di unità nazionale. Nessun momento è stato drammatico come l’attuale, in cui l’intero territorio israeliano è sotto il tiro di migliaia e migliaia di missili di Hezbollah e Hamas. Eppure, non soltanto non si parla di governi di emergenza ma si profila una piroetta politicante che dovrebbe sostituire a settembre l’impresentabile Olmert con quel membro del governo che riuscirà a prevalere sugli altri in una contesa irresponsabile, pur di evitare elezioni anticipate.
Israele non è un paese moralmente allo sfascio, come non lo era la Gran Bretagna del 1938. Ma, come accadde allora, si rischia che un governo imbelle che va in giro a mendicare la pace a qualsiasi costo, incluso il prezzo del disonore, riesca soltanto a preparare la più devastante delle guerre senza salvarsi dal disonore (Churchill dixit).
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