E' no dei componenti del gruppo terroristico che sequestrò l'Achille Lauro e uccise Leo Klinghoffer, si chiama Abdellatif Fatayer, è libero e vive come irregolare in Italia.
Mentre si discute del suo caso come di una questione umanitaria, quasi nessuno si chiede se un uomo corresponsabile di un omicidio efferato, compiuto per odio razziale, non dovrebbe essere ancora in carcere.
Ecco il testo della cronaca del CORRIERE della SERA:
ROMA — Come terrorista, ha finito di scontare la pena. Ma come «clandestino», entrato illegalmente e considerato socialmente pericoloso, non può rimanere in Italia. Espulso dunque, ma senza meta: non ha una patria, e il Libano — dov'è nato — non lo vuole. Così, dopo tre mesi di «detenzione suppletiva» nel Centro di permanenza temporanea di Ponte galeria, Ibrahim Abdellatif Fatayer oggi tornerà libero. Indesiderato, irregolare, con un ordine di allontanamento in una tasca e la notifica del diniego di asilo politico nell'altra.
Prosegue così, tra un ricorso e l'altro, la travagliata esistenza italiana del più giovane tra i palestinesi dirottatori dell'Achille Lauro, arrestato, giudicato, condannato a 25 anni di reclusione per sequestro di persona, banda armata e altro. In quell'azione dell'ottobre 1985, condotta da un commando del Fronte per la liberazione della Palestina di Abu Abbas, morì il passeggero statunitense di origine ebraica Leon Klinghoffer: omicidio che fece scattare l'ergastolo per uno dei dirottatori. Non per Fatayer, che se l'è cavata con una pena finita di scontare nel 2005. Poi cominciarono i tre anni libertà vigilata trascorsi a Perugia, ospite della Caritas e facendo vari lavori, tra cui quello di pizzaiolo.
Terminato anche il periodo di pena accessoria, nell'aprile 2008 un giudice ha stabilito che l'ex terrorista palestinese — all'epoca del sequestro ventenne, oggi uomo di 43 anni — non è più un soggetto socialmente pericoloso. Ma il prefetto del capoluogo umbro ne ha subito decretato l'espulsione con la motivazione inversa: Fatayer resta pericoloso, e in più clandestino. Il ricorso al giudice di pace presentato dal suo difensore, l'avvocato Francesco Romeo, è stato fissato a ottobre, ma non sospende l'ordine di allontanamento. Per questo Fatayer è finito al Cpt di Ponte Galeria, in attesa di capire dove mandarlo. È stata considerata la possibilità del Libano, visto che l'ex seguace di Abu Abbas è nato lì, nel campo profughi di Tal Al Zatar; quello bombardato e poi assalito tra il 1975 e il 1976, quando Fatayer perse buona parte della sua famiglia. Ma da Beirut hanno risposto che di quel signore non vogliono saperne; non lo considerano un cittadino libanese, né ha più parenti o legami da quelle parti.
Dopo 60 giorni Fatayer sarebbe dovuto uscire dal Cpt, ma c'è rimasto per altri trenta a causa della richiesta di asilo politico presentata all'apposita commissione territoriale. La domanda era motivata col pericolo che correrebbe in qualunque Paese dell'area medio-orientale, visto che ancora nel 2004 degli agenti statunitensi andarono a trovarlo in carcere cercando di avere da lui ulteriori notizie sul dirottamento dell'Achille Lauro e la morte di Klinghoffer. Anche la commissione, però, ha detto no, basandosi soprattutto sulla gravità del reato commesso nel 1985. «Questa vicenda è il prodotto della cattiva coscienza dell'Occidente nei confronti della questione palestinese — protesta l'avvocato Romeo — e l'Italia si sta comportando im maniera pilatesca: non solo Fatayer non è pericoloso e non sa dove andare, ma corre gravi rischi. La protezione internazionale va garantita a tutti».
Fatto sta che stamane, scaduti anche i 30 giorni aggiuntivi per la richiesta d'asilo, il dirigente dell'ufficio immigrazione della questura di Roma Maurizio Improta dovrà notificare a Abdellatif Ibrahim Fatayer la decisione di negargli l'asilo politico, e farsi comunicare un recapito per le ulteriori notifiche.
Il ricorso contro il diniego di ospitalità, infatti, gli concede altri 15 giorni di tempo. Poi bisognerà attendere l'ulteriore verdetto; se fosse anche questo negativo, si ritornerebbe a dover eseguire un'espulsione di fatto ineseguibile per mancanza di destinazione.
Nel 2000 il dirottatore dell'Achille Lauro si era pubblicamente dissociato dalla lotta armata per sostenere la causa palestinese, schierandosi con Arafat e la soluzione politica. Chiese la grazia, nonché altri benefici come la semilibertà che gli fu puntualmente negata. La ripresa del conflitto arabo-israeliano, secondo il giudice che si pronunciò allora, avrebbe potuto indurre Fatayer a fuggire. Quando è uscito non solo non è fuggito, ma ha chiesto di poter rimanere legalmente. Inutilmente, almeno per ora.
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