Minaccia iraniana: Ehud Barak chiama, i leader socialisti europei di fatto non rispondono mentre Daniel Pipes invita a "prepararsi ad attaccare"
Testata:Corriere della Sera - it.danielpipes.org Autore: Davide Frattini - Daniel Pipes Titolo: «Barak: «Premete su Teheran». Gelo della sinistra europea - Prepararsi ad attaccare»
Dal CORRIERE della SERA del 16 giugno 2008, la cronaca di Davide Frattini:
GERUSALEMME — «Caro Alfred ». «Caro Miguel». «Caro Frank-Walter». Lo stile è affettuoso: quello di una lettera a vecchi amici. Il tono è preoccupato: quello di chi teme che quei vecchi amici possano tradire. Ehud Barak ha deciso di inviare dei messaggi personali a premier e ministri degli Esteri in Europa. Per provare a ottenere un atteggiamento più duro nei confronti dell'Iran, per avvertire che Israele non si può permettere di aspettare. Il ministro della Difesa ha scelto di scrivere ai leader di partiti, con posizioni di governo, che fanno parte dell'Internazionale socialista: nelle prime righe, ricorda a tutti che i laburisti israeliani sono loro «fratelli». In marzo, tocca ad Alfred Gusenbauer, cancelliere austriaco. Barak gli elenca i dettagli della minaccia iraniana, come vengono illustrati dall'intelligence dello Stato ebraico: «Teheran sta sviluppando sistemi per missili a lunga gittata e, per quello che sappiamo, non ha rinunciato alle sue ambizioni. Clandestinamente persegue ancora l'obiettivo di realizzare un arsenale atomico». Critica l'analisi del National Intelligence Estimate, pubblicato in dicembre dai servizi segreti americani: «Ha creato l'impressione che il regime abbia sospeso lo sviluppo di armi nucleari». Il finale ritorna allo stile dell'appello al compagno di partito: «Mi rivolgo a te in una preghiera sincera e ti chiedo il tuo sostegno per aumentare la pressione sull'Iran e nel rendere effettive nuove sanzioni. Sinceramente, crediamo che non sia troppo tardi». Un mese dopo, la risposta arriva al quattordicesimo piano della Kiriya, il Pentagono israeliano. Il tono è freddo, «circospetto », come lo definisce Haaretz, che ha rivelato il carteggio. «Lo Stato austriaco è il maggiore azionista del gruppo energetico Omv — fa notare il quotidiano — che da anni sta negoziando la costruzione di campi petroliferi in Iran, un accordo valutato per miliardi di dollari». Barak ha inviato lettere simili in Spagna, Norvegia, Germania. Un'iniziativa personale che non è stata coordinata con il ministero degli Esteri. I leader israeliani cominciano ad avere fretta — spiegano gli analisti — e si muovono in solitario, come l'intervento di Shaul Mofaz («l'attacco militare contro l'Iran è inevitabile »), una sparata a uso interno (la campagna elettorale è già cominciata, anche se non ufficialmente) che però ha scosso la comunità internazionale. Barak e Miguel Angel Moratinos, ministro degli Esteri di Madrid, si conoscono molto bene. Moratinos è stato per sette anni l'inviato speciale dell'Unione Europea con il compito di seguire il processo di pace in Medio Oriente. Il diplomatico spagnolo usa parole ancora più preoccupanti dal punto di vista del governo israeliano: «L'Iran deve essere incoraggiato a giocare un ruolo positivo nella regione. A ogni occasione, ripetiamo a Teheran che deve impegnarsi costruttivamente per promuovere la pace». Le ultime righe sono scritte a mano, ricordo dei momenti da pendolare delle trattative, tra l'ufficio di Barak e le stanze di Yasser Arafat: «Fidati, saremo con voi. Tuo, Miguel».
Di seguito, la lettera di Barak al cancelliere austriaco:
Caro Alfred, scrivo a te personalmente a proposito della minaccia nucleare iraniana, nella doppia veste di leader del Partito laburista israeliano, partito gemellato con il tuo, e di ministro della Difesa dello Stato di Israele. Per quanto ne sappiamo, l'Iran non ha rallentato la sua corsa per acquisire capacità nucleari nonostante l'impressione creata dal Nie (National Intelligence Estimate, ndr) americano...Per quanto ne sappiamo... l'Iran continua a lavorare clandestinamente ai suoi piani e progetti che hanno il fine di sviluppare la loro Bomba nucleare. Mi rivolgo a te, mio collega, con una sincera richiesta di sostegno per aumentare la pressione sull'Iran e proporre l'adozione di ulteriori sanzioni. Speriamo sinceramente che non sia troppo tardi.
La risposta di Gusenbauer:
Caro Ehud, condividiamo i tuoi timori sui programmi strategici dell'Iran. Il governo austriaco...allo stesso tempo ritiene che solo un approccio duplice che combini sanzioni con il dialogo porterà a una soluzione. Alfred Gusenbauer
E quella di Moratinos:
Caro Ehud, innanzitutto voglio dire con chiarezza che condivido in pieno la tua preoccupazione sulle dichiarazioni roventi contro Israele da parte di Teheran. Sono sempre stato tra i primi a condannarli nella maniera più recisa...Stai tranquillo che saremo al vostro fianco. Tuo Miguel
Di seguito, un articolo di Daniel Pipes, pubblicato da USA Today e in Italia dal sito IT.DANIELPIPES:ORG :
In un desecretato National Intelligence Estimate (NIE) dal titolo "Iran: Nuclear Intentions and Capabilities" ("Iran: Intenzioni e Capacità Nucleari"), le agenzie di intelligence americane annunciarono lo scorso dicembre quanto segue: "Reputiamo con un ampio margine di probabilità che nell'autunno 2003 Teheran abbia sospeso il proprio programma d'armamento nucleare".
Questa conclusione ampiamente controversa ha incoraggiato la leadership iraniana a scartare l'ipotesi di un attacco americano, permettendo a Teheran di assumere una posizione sempre più bellicosa e di vanificare, come previsto, ulteriori trattative.
L'ideale sarebbe che gli stessi iraniani possano ancora essere convinti a sospendere il loro programma nucleare, poiché le alternative – un attacco americano o da parte israeliana, oppure permettere alla leadership di Teheran dalla mentalità apocalittica di avere la Bomba – sono ben peggiori.
Ravvivare in Iran una sensazione di inquietudine costituisce l'unico modo per raggiungere questo obiettivo. Solo se si convincerà Teheran del fatto che non le sarà mai permesso di avere armi nucleari, Washington potrà persuaderla a sospendere il suo programma, evitando la necessità di avviare una campagna militare. Ciò potrà ancora essere conseguito, ma è necessario un cambiamento di rotta nella politica americana.
Innanzitutto, l'amministrazione Bush deve prepararsi a un possibile attacco alle infrastrutture nucleari iraniane e, in secondo luogo, dovrà annunciarlo pubblicamente. (I leader israeliani dovrebbero fare altrettanto, dal momento che qualcuno lo ha già fatto). In terzo luogo, l'amministrazione deve resistere all'inevitabile tsunami delle critiche. In quarto luogo, essa dovrebbe incoraggiare quei governi che maggiormente si oppongono a un simile attacco – incluse l'Unione europea, la Russia e la Cina – ad esercitare pressioni su Teheran affinché essa ponga fine al suo programma nucleare.
Se questo approccio dovesse avere successo, la crisi sarà risolta. Se esso fallisse, le elezioni presidenziali americane di novembre incomberanno minacciose. "C'è solamente una cosa peggiore della possibilità che gli Stati Uniti esercitino un'opzione militare", ha asserito John McCain. "E questa è un Iran dotato di nucleare". Di contro, Barack Obama chiede "una risoluta azione diplomatica", "sanzioni [economiche] più aspre" e delle "fonti alternative di energia" – sostanzialmente, la solita solfa!
Se il mandato di George W. Bush finisse con la vittoria di McCain, Bush probabilmente prenderebbe la palla al balzo, lasciando che sia McCain a decidere le prossime mosse. Ma l'intenzione di Obama di proseguire con le attuali linee politiche fallite fa pensare che, se fosse lui a vincere, e malgrado la tradizione dei presidenti uscenti di non prendere grosse iniziative nelle settimane di fine mandato, Bush potrebbe avviare un'azione militare contro l'Iran.
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