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Corriere della Sera Rassegna Stampa
26.05.2008 Il ministro della cultura egiziano brucerebbe i libri israeliani
è candidato alla presidenza dell'Unesco

Testata: Corriere della Sera
Data: 26 maggio 2008
Pagina: 19
Autore: Cecilia Zecchinelli
Titolo: ««Brucerò di persona i libri israeliani»»

 Faruq Hosni, ministro della cultura egiziano, candidato a capo dell'Unesco, ha dichiarato che se trovasse libri israeliani nelle biblioteche egiziane, li brucerebbe.
Sarebbe scandaloso che il responsabile di  una simile dichiarazione di odio per la cultura diventi capo dell'Unesco, ma è scandaloso anche che sia ministro della Cultura in Egitto.
Paese che il prossimo anno sarà ospite d'onore alla Fiera del libro di Torino, dove saranno presenti anche libri di autori israeliani. Si deve incominciare ad allertare i pompieri ?

Ecco il testo:

Un personaggio a dir poco controverso, Faruq Hosni. E non certo nuovo a gaffe, polemiche, critiche. Ma questa volta il longevo e potente ministro della Cultura del Cairo (in carica da 21 anni, quasi quanto il raìs-faraone Hosni Mubarak) ha davvero esagerato. «Libri israeliani nelle biblioteche egiziane? — ha dichiarato il 10 maggio — Se li trovassi li brucerei io stesso». Frasi pronunciate in Parlamento, luogo che più pubblico non poteva essere. Frasi, ovviamente, non passate inosservate. E pensare che il ministro-pittore — nato nel 1938, un passato da (mediocre) artista ad Alessandria, poi da diplomatico a Parigi, infine a Roma — è (era?) in corsa per la prestigiosa poltrona di direttore generale dell'Unesco. A fine 2009, quando Koichiro Matsuura lascerà i vertici dell'agenzia Onu per la cultura e le scienze, molti Paesi arabi e non (si è parlato anche di Italia, Francia e Spagna) sarebbero (stati?) favorevoli a sostenerne la candidatura.
Quella frase del ministro — ex protégé di Atef Sedki (premier dal 1986 al 1996, morto tre anni fa), oggi molto vicino (si dice) alla First Lady Suzanne Mubarak, protagonista di frequenti battaglie con i Fratelli Musulmani, con i riformisti, perfino con membri del partito di governo, con quasi tutti in sostanza — ha però suscitato una vera bufera. L'ambasciatore israeliano al Cairo, Shalom Cohen, ha presentato protesta ufficiale al ministero degli Esteri egiziano. «Pronunciarsi contro la normalizzazione culturale è un conto », ha detto Cohen, riferendosi alle quasi nulle relazioni in ambito artistico, cinematografico e letterario tra i due Paesi, a fronte di una certa cooperazione economica, politica e di intelligence da Camp David in poi. «Emanare un tale odio è inaccettabile, porta alla memoria le pagine più buie della recente Storia», ha continuato l'ambasciatore, aggiungendo di «non aver una posizione particolare sulla candidatura di Hosni all'Unesco».
Molto più esplicita e dura la protesta del Centro Simon Wiesenthal. Che una settimana fa ha scritto a Matsuura in persona — per mano del capo delle relazioni internazionali, Shimon Samuels — sostenendo che le parole di Hosni «ricordano il linguaggio e le azioni di un altro "ministro della Cultura", il nazista Josef Göbbels». E chiedendo la bocciatura di Hosni dalla gara per la guida dell'agenzia Onu.
Lui, il «piromane letterario» (definizione di Samuels), non ha negato. Ma ha detto che quelle parole andavano «contestualizzate ». Stava rispondendo agli attacchi di un parlamentare integralista — ha detto — e sostenere che «avrebbe bruciato ogni libro israeliano si fosse trovato nelle biblioteche egiziane» era «un'iperbole». Un modo di dire che sicuramente tali libri non esistono. «Un ministro della Cultura non può chiedere di mettere al rogo nessun libro, nemmeno se israeliano», ha continuato, pur ribadendo che una «normalizzazione culturale» tra i due Paesi sarà possibile solo quando ci sarà una «pace giusta e globale» in Medio Oriente. Tesi appoggiata per altro dalla stragrande maggior parte degli intellettuali egiziani, compresi i (moltissimi) che non amano certo il loro ministro.
«Perché quella di Hosni non è politica, è solo terrorismo verbale », dice al Corriere Gamal Ghitani, il più importante scrittore egiziano, considerato l'erede di Naguib Mahfouz, direttore della rivista letteraria Akhbar al Adab su cui ha appena pubblicato un appello contro «il rogo di testi nemici». E ancora: «Per me tutti libri del mondo sono sacri, voglio poterli leggere e infatti li leggo. E se devo rispondere lo faccio con un altro libro. Quell'uomo non è certo un intellettuale, lo conosciamo bene per le sue censure di tanti scrittori egiziani, per i suoi tentativi di compiacere islamici e liberali. Che se lo prenda l'Unesco, per l'Egitto sarebbe un bene».
Un noto artista egiziano, che chiede di non essere citato, ricorda alcuni di questi «tentativi » di piacere a tutti. Come la proibizione del film «Codice da Vinci» («per ingraziarsi i cristiani »), la condanna del velo islamico («per farsi vedere liberal »), i riavvicinamenti alternati ai Fratelli Musulmani con frasi (tipo quella sui libri) che poi gli si sono ritorte contro. «E non dimentichiamo che quasi tutti i suoi uomini sono stati processati per corruzione, due sono ancora in carcere, e che il commercio illegale di antichità non è mai stato così fiorente come nell'era Hosni». Un personaggio che inoltre e comunque, conclude l'artista, «non ha certo la statura e le competenze per guidare l'Unesco».

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