In Iraq è in gioco la "sicurezza a lungo termine" dell'Occidente se lo dice Angelina Jolie, potrà dirlo anche Gordon Brown
Testata: Autore: la redazione Titolo: «L'Iraq, Brown e la linea Jolie»
Un buon editoriale dal RIFORMISTA , che è tornato ad essere diretto da Antonio Polito. Ecco il pezzo, pubblicato l'11 marzo 2008:
Sembrava cosa fatta, lo scorso ottobre, quando il premier britannico Gordon Brown annunciò il ritiro di buona parte del contingente di sua maestà dall'Iraq. Al primo scaglione di mille soldati che ha lasciato Bassora a fine anno, dovrebbe far seguito un ulteriore taglio di 1500 unità in primavera: così, da 4000 soldati attivi nella regione meridionale del paese, l'impegno della Gran Bretagna in territorio iracheno dovrebbe essere ridotto a 2500 uomini. L'uso del condizionale, a proposito della manovra strategica voluta dall'inquilino di Downing Street, è imposto dalle notizie diffuse ieri dalla stampa britannica, secondo cui i vertici militari, pur avendo concordato all'epoca la exit strategy, ora si preparano a dissuadere il ministero della Difesa dal realizzare questo secondo depauperamento delle forze in campo. Gli argomenti dell'esercito, anticipati dal Daily Telegraph , non sono certo da prendere sottogamba: le condizioni di sicurezza del paese sono estremamente instabili (come dimostrano i cinque morti americani di ieri, a Baghdad) e la riduzione ulteriore delle truppe nella regione potrebbe rendere insensata la missione. Un numero così ridotto di soldati, insomma, servirebbe soltanto a difendere se stessi e i propri fornitori. Un po' poco come risultato, secondo i generali, a fronte dell'esoso investimento di risorse e vite umane, speso fin qui. Insomma, o dentro o fuori. E non è detto che questo genere di (ragionevoli) valutazioni non siano condivise dall'opinione pubblica. Della ragionevolezza delle tesi militari devono aver contezza anche a Whitehall, se un portavoce della Difesa ha vincolato la decisione finale sul parziale ritiro, alle raccomandazioni dei militari cui tocca valutare la situazione sul campo. Andar via dall'Iraq, dunque, non è così facile come sembrava sulla carta. Non se lo si vuole fare responsabilmente e coerentemente con la scelta, prima di tutto politica, che ha portato alla fine del regime di Saddam Hussein. Che piaccia o meno, ora la responsabilità da non eludere è quella di garantire la stabilità e la crescita di istituzioni democratiche e rispettose dei diritti umani in Iraq e che non siano una minaccia per il resto del mondo: «non soltanto un obbligo morale», bensì «un forte interesse di sicurezza nazionale a lungo termine», per dirla con le parole di un'icona del pacifismo moderno come Angelina Jolie, a proposito di un'eventuale ritiro delle truppe Usa. Se lo dice la testimonial dell'Onu, di certo potrà dirlo anche Gordon Brown.
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