Delle roboanti corrispondenze da Gaza ce ne siamo occupati ieri su Informazione Corretta, una catena di articoli, tranne le abituali, isolate, eccezioni, tutti bene attenti a nascondere il diritto di Israele alla difesa contro Hamas, l’aggressore. Con quella retorica nauseante che ben conosciamo, “Gaza fogna a cielo aperto”, i “ poveri campi profughi”, quando persino le immagini televisive ce li mostrano come normali cittadine, certamente sporche, piene di rifiuti per le strade, in questo però non molto dissimili da altre cittadine di molti stati arabi, come se la responsabilità del degrado urbano in quelle società fosse di Israele. Quello che però è rimasto negli occhi e nella mente dei lettori e dei telespettatori è il numero dei morti palestinesi. Che tutto nasca dall’attacco di Hamas con il lancio dei missili contro Sderot e Ashkelon sembra un aspetto secondario. Che Israele cerchi di distruggere le basi di lancio dei missili quasi un sopruso. A tutto ciò si aggiunge la propaganda, ottimamente orchestrata da Hamas. In buona fede o meno, gran parte dei cronisti occidentali ne subiscono il fascino e le conseguenze. Ieri abbiamo riportato le corrispondenze di due inviati, Alberto Stabile di REPUBBLICA, e Francesca Paci della STAMPA, mettendo in evidenza le differenze tra i due resoconti di uno stesso fatto. Vogliamo riprenderli, e riproporli ai nostri lettori, perché sono illuminanti, ci fanno capire come le teste di molti dei nostri giornalisti, assorbono la propaganda che gli viene rifilata come se fosse verità. Ogni tanto qualcosa però non va per il verso giusto, e l’inganno salta fuori. Leggete la storia della famiglia Atallah, come la racconta Stabile e paragonate il suo testo a quello della Paci. Nel primo gli Atallah sono una normale famiglia che non si occupa di politica, il cui destino è stato tragicamente segnato da Israele. La verità viene però fuori dal racconto della seconda, che delle attività < pacifiche > della famiglia Atallah dà una ben altra versione. Nel frattempo i lettori di REPUBBLICA, abbeverandosi alla prosa di Stabile, non sapranno mai che i due fratelli Atallah erano leader delle Brigate al Qassam.
Ecco il pezzo di Alberto Stabile:
Lunghi cortei con grappoli di bandiere gialle, se il defunto era un militante, o senza bandiere, soltanto le face assorte del dolore, scivolano lungo le strade che portano ai cimiteri di Jabaliya e di Sheik Radwan. Una di queste processioni riunisce gli amici e i parenti superstiti della famiglia Atallah, nome noto a Gaza e, a quanto sembra, senza una particolare coloritura politica. Resta perciò un mistero, come mai, sabato pomeriggio poco dopo le cinque, un aereo israeliano abbia sganciato tre bombe sull´edificio di via Nafaq, nel centralissimo quartiere di Rimal, dove Abdel Rahaman Atallah, di 62 anni, viveva con la moglie, Suad Rajab, 60 anni e i suoi quattro figli, due maschi e due femmine, a loro volta sposati e genitori di sei bambini. Gli adulti sono morti tutti. Dei sei bambini, quattro sono ricoverati in ospedale per ferite gravi e tra questi un neonato di due giorni.
E quello di Francesca Paci
Da Jabaliya a Gaza City, poco più di dieci chilometri, si snoda un lungo multiplo funerale interrotto da soste e colpi di kalashnikov nei punti in cui ci sono stati caduti. Le macerie della palazzina degli Atallah, distrutta da un missile sabato notte, sono già una pietra miliare di questo macabro corteo. Sei vittime, madre, padre, due sorelle e due fratelli entrambi leader delle Brigate al Qassam.
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