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Corriere della Sera - L'Opinione Rassegna Stampa
16.01.2008 Barack Obama, l'islam e l'antisemita Farrakhan
rivelazioni sul candidato presidenziale americano

Testata:Corriere della Sera - L'Opinione
Autore: Maria Laura Rodotà - Giorgio De Neri
Titolo: «Premio a Farrakhan L'amico reverendo imbarazza Obama»
Dal CORRIERE della SERA del 16 gennaio 2008:

A un credente medio, mediamente peccatore, in media capita di sentirsi in imbarazzo col proprio parroco (pastore, rabbino, imam, ecc.). Barack Obama, che secondo i fans non pecca da molti anni, ha il problema opposto: a metterlo in imbarazzo è il suo ministro di Dio. Gli capita regolarmente: ieri il Washington Post
ha raccontato che la rivista della sua chiesa, Trumpet Newsmagazine, ha premiato come «autentica personificazione della grandezza» Louis Farrakhan, leader del movimento Nation of Islam; accusato di razzismo, omofobia, antisemitismo. E non è la prima volta che il pio, carismatico Barack subisce un danno di immagine per colpa del pio, carismatico reverendo Jeremiah A. Wright della United Church of Christ di Chicago.
Che non è solo il suo pastore; è stato per due decenni suo consigliere spirituale. Quando Obama aveva ventisei anni lo convertì alla fede. A osservarlo superficialmente, il rev. Wright pare un predicatore nero- showman, simpatico come James Brown nei Blues Brothers (nella cui chiesa, giusto a Chicago, John Belushi ha l'illuminazione). Ma basta fare un giro sul sito della sua chiesa ( http://www.tucc.org/home.htm) per rendersi conto che la storia è più controversa. La United Church, ottomila fedeli, auditorium rutilante, è «orgogliosamente nera e cristiana ». Nel sito si parla di un «popolo eletto», presumibilmente africano. Il sito (musicalmente valido, con prediche del rev. che è avvincente e ha una gran voce) vende libri creazionisti. Lo stesso Obama, che in campagna elettorale sta puntando sul suo ruolo di « uniter » (capace di unire democratici e repubblicani, liberal e conservatori, bianchi e neri) contrapposto ai « divider » (tipo Hillary Clinton), da mesi non si fa vedere col suo pastore. L'aveva convocato per farsi affiancare da lui durante l'annuncio della sua candidatura, il 10 marzo scorso. Poi all'ultimo ha cambiato idea. Il reverendo Wright non è offeso. Ha spiegato che «Obama ha seguito il consiglio di qualche suo collaboratore che non mi voleva davanti alle telecamere». Non è successo causa linea liberal della sua chiesa, su aborto, diritti dei gay, guerra in Iraq, anzi. Casomai per i legami del reverendo con Farrakhan, con cui andò in Libia a trovare il colonnello Gheddafi, e per le sue prese di posizione filopalestinesi. Son notizie che, se diffuse e strumentalizzate, «farebbero dissolvere il sostegno degli ebrei più velocemente di una palla di neve all'inferno», ha detto Wright. Parlatore fascinoso: è sua l'espressione «the audacity of hope», l'audacia della speranza, diventata poi titolo del bestseller di Obama.
Il quale Obama è cautamente apprezzato da Farrakhan. Che ha detto di capirlo se si tiene lontano da leader neri discussi come lui, Al Sharpton (di recente visto con Bill Clinton, per la verità), Jesse Jackson: «Se evitarmi lo aiuterà a diventare presidente, sarò felice di stare in disparte. Io non l'ho cercato e lui non mi ha cercato». Sicuro, specie Obama. A volte criticato per la vaghezza, giammai per aver parlato di criminose «cospirazioni ebraiche», alla Farrakhan. Che ahimè, la chiesa di Obama ha premiato. E c'è chi, come Richard Cohen sul Washington Post, ora scrive: «Per quanto ammiriamo Obama sappiamo poco di lui. Sappiamo che da rappresentante dell'Illinois si asteneva spesso su questioni toste. Stavolta astenersi non basta». Mentre un altro commentatore, Christopher Hitchens, senza arrivare a Farrakhan vuol sapere perché Obama faccia parte di una «chiesa di suonati». Nei Blues Brothers erano tutti più buoni, era più facile.
Louis Farrakhan

Da L'OPINIONE:

Da giovane era islamico poi si convertì al cristianesimo. Attualmente non ha paura di dichiarare di essere amico (ma lo faceva anche in passato) di un sacerdote che dichiara urbi et orbi di apprezzare la congrega musulmana di Louis Farrakhan, il violento predicatore anti-semita che seguiva anche Malcolm X. Se qualcuno cercava un buon motivo per non votare Barack Obama, sia alle elezioni primarie tra i democratici, sia in futuro eventualmente alle presideneziali vere e proprie, l’ottimo Daniel Pipes gliene ha dati anche due. E un terzo che si può aggiungere è la tendenza di Obama a non dire il vero sulle sue passate inclinazioni religiose salvo correggersi quando i giornali scoprono le menzogne. Ad esempio all’inizio della campagna per le primarie, rileva Pipes, il capo addetto stampa di Obama, Robert Gibbs, disse davanti a molti giornalisti che “il senatore Obama non è mai stato un musulmano”.

Il problema era nato dal fatto che sul documento di identità di quando era piccolo, e risiedette anche in Indonesia con il patrigno, il secondo marito della madre, risultava invece che la sua religione fosse quella islamica. La madre di Obama divorziò dal padre di Obama e poi sposò un uomo indonesiano, Lolo Soetoro, e la famiglia si trasferì in Indonesia dal 1967 al 1971. Obama frequentò la scuola cattolica “San Francesco di Assisi”, e in base alla documentazione presentata egli fu iscritto come musulmano, la religione del suo patrigno. La documentazione richiedeva che al momento dell’iscrizione ogni allievo scegliesse una delle 5 religioni di Stato: musulmana, indù, buddista, cattolica o protestante. Di fatto Obama scelse la prima. O gli fu fatta scegliere dalla nuova famiglia.
Due mesi dopo la sparata del suo addetto stampa, un giornalista del “Los Angeles Times” scoprì che Obama aveva mentito e infatti riportò che dal sito web della campagna di Obama era scomparsa quella dichiarazione assoluta sostituita con una più sfumata: “Obama non è mai stato un musulmano praticante”.

Spiega Pipes: “Il L.A.T. scoprì che i suoi ex insegnanti cattolici e musulmani, insieme a due persone identificate dal maestro della scuola elementare frequentata da Obama come amici di infanzia, asseriscono che Obama è stato iscritto dalla sua famiglia come musulmano in entrambe le scuole frequentate. Quella iscrizione implicava che, ai tempi della terza e della quarta elementare, Obama apprendesse l’insegnamento dell’Islam per due ore alla settimana frequentando una classe religiosa.” Non basta: gli amici di infanzia al proposito dicevano che talvolta Obama si recava a recitare le preghiere del venerdì nella locale moschea. “Pregavamo, ma non sul serio, limitandoci a imitare i gesti compiuti dagli adulti presenti nella moschea”, ha raccontato Zulfin Adi. “Ma da bambini amavamo incontrare i nostri amici, ci recavamo insieme in moschea, e giocavamo”.

La sorella più giovane di Obama, Maya Soetoro, in una dichiarazione rilasciata in occasione della campagna elettorale ha affermato che la famiglia frequentava la moschea esclusivamente “per gli eventi comunitari” e non ogni venerdì. Rievocando i tempi del soggiorno di Obama in Indonesia, il resoconto del Times contiene menzioni che Obama: “si recava in moschea” e che egli “era musulmano”. Insomma il futuro eventuale elettore di Obama deve sapere che il proprio presidente da piccolo era un islamico e da grande si vergogna di ammetterlo. Ma tutto ciò ancora non basta: Obama è stato per anni un seguace di un fan sfegatato della “nazione dell’Islam”, la formazione razzista del predicatore nero Louis Farrakhan. Si tratta più precisamente del reverendo Jeremiah A. Wright junior, altro nero che ha fondato una chiesa tutta sua: la Trinity United Church of Christ in Chicago.

Non è una nota di colore: Farrakhan è noto per il proprio anti semitismo (“gli ebrei sono succhiatori di sangue”) e per l’ odio contro Israele. Sentimenti che il maestro di Obama, l’uomo che venne ringraziato per prima dopo la propria elezione a senatore nel 2004, condivide in pieno. La Chiesa del reverendo Wright è stata più volte definita “razzista” dai media americani tra cui il “Chicago Tribune” e di Wright si ricordano le proprie equiparazioni tra Israele e il Sud Africa e tra il sionismo ed il razzismo. Un altro buon motivo per lasciare a casa questo candidato da parte degli americani.

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