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Il Foglio Rassegna Stampa
03.01.2008 Iracheni contro Al Qaida
Reportage di Daniele Raineri

Testata: Il Foglio
Data: 03 gennaio 2008
Pagina: 4
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Il risveglio dal terrore»

Iracheni contro Al Qaeda, nel reportage di Daniele Raineri, sul FOGLIO di oggi 03/01/2008, a pag.IV, con il titolo " Il risveglio dal terrore ".

Ahmed al Rishawi è il comandante delle tribù sunnite di al Anbar che ha avuto per primo il coraggio di ribellarsi allo strapotere di al Qaida in Iraq. Oggi la sorveglianza che lo circonda è impenetrabile, anche più di quella che protegge il generale americano David Petraeus, perché al Qaida ha giurato di ucciderlo con tutta la sua famiglia e di sterminare suoi alleati. Ma il suo esempio e quello degli anbari hanno innescato una reazione a catena virtuosa in tutte le altre aree sunnite del paese. Dovunque sono apparsi, gli uomini di al Sahwa, il Risveglio, come è chiamato nuovo movimento, sono diventati fattore decisivo di sicurezza: gli iracheni hanno cominciato una guerra privata contro gli estremisti-stragisti hanno stretto un’alleanza pubblica con i soldati americani.La corte dello sceicco è poco fuori Ramadi. Per arrivare, i militari prendono contatto via radio e il giorno dopo organizzano un convoglio ridotto. Sono tre Cougar, veicoli Mrpv, gli ultimi arrivati nella guerra in Iraq, costruiti per resistere alle trappole esplosive più che i normali Humvee. Sono alti tre metri, con una cabina rialzata, ruote gigantesche e una carena corazzata tagliata a V per deviare verso l’esterno, verso il cielo, la violenza dello scoppio. Per salire c’è da usare una scaletta. Tre veicoli: è il numero minimo per uscire dal cancello della base perché due soli possono essere isolati con troppa facilità se i guerriglieri attaccano. Dentro gli Mrvp si viaggia a luci spente, sono accese soltanto quelle degli strumenti di bordo, in rosso, per non disturbare chi indossa i visori notturni. Fuori non si riesce a vedere molto. La capitale della provincia irachena, fino a marzo di quest’anno “la città più pericolosa del mondo” – in media venti attacchi al giorno – oggi si gode il primo inverno di tranquillità, anche la prima settimana di dicembre due autobomba sono state bloccate poco prima che esplodessero. Gli agenti di sicurezza hanno sparato ai guidatori all’ultimo momento. Ahmed è il fratello dell’ancora più famoso Sattar al Burisha, il leader carismatico che un anno e mezzo fa ha riunito le tribù per liberarsi dei terroristi. E’ stato Sattar a presentarsi a sorpresa al comando di zona americano e a dire: “Che cosa direste se puntassimo le armi contro al Qaida e non più contro di voi?”. E’ stato lui a promuovere un giuramento collettivo il 14 settembre del 2006: quel giorno gli uomini di al Anbar hanno aperto la caccia ad al Qaida. Alla vigilia del primo anniversario, il 13 settembre del 2007, pochi giorni dopo aver incontrato il presidente americano George W. Bush in un hangar della base aerea dial Asad, Sattar è stato fatto a pezzi da una bomba assieme a due guardie del corpo. E’ stato l’unico successo della campagna di omicidi – dedicata alla memoria del leader Abu Mussab al Zarqawi – lanciata dai terroristi in occasione del mese sacro del Ramadan. Dopo l’attentato, molti hanno temuto che il movimento di al Sahwa, privato di Sattar, si sarebbe afflosciato su se stesso e la sicurezza nella regione sarebbe di nuovo precipitata al livello zero di partenza. Non è così. Anzi, il Risveglio di Anbar si sta organizzando per diventare ufficialmente un partito politico e avere una rappresentanza nel Parlamento di Baghdad. Ahmed è uscito giocoforza dall’ombra e ha preso il posto del fratello. Secondo gli ufficiali americani è sempre stata sua la testa pensante dietro la nascita e dietro l’evoluzione del movimento. Sattar, grazie ai suoi viaggi d’affari e ai suoi rapporti con il resto del medio oriente, in Kuwait, in Arabia Saudita, in Qatar, di al Sahwa era invece il grande frontman.Come ammette Osama bin Laden suo messaggio registrato di fine anno, il vero nemico di al Qaida sono sunniti iracheni che si sono gettati nella mischia al fianco degli americani, molto più pericolosi degli americani stessi. Bin Laden li manda all’inferno: “Soffriranno in questa vita e in quella dopo la morte”. Non soltanto quelli di al Sahwa hanno interdetto ai terroristi le vaste aree del paese dove prima sguazzavano con impunità, reclutavano volontari e imponevano le proprie regole. Grazie alla conoscenza naturale del territorio e della gente, stanno consegnando agli americani una vittoria che diventerà un casoscuola nel campo della counterinsurgency. Dicembre 2007 è stato in assoluto il mese con meno morti tra i soldati americani dall’inizio delle operazioni nel marzo del 2003. Le perdite sono calate dell’85 per cento rispetto mesi estivi. In alcune città è bastato che i volontari di Ahmed e Sattar accompagnassero le pattuglie di soldati e indicassero con il dito i terroristi (che si illudevano di godere della protezione della popolazione), i loro covi, i loro depositi di armi. Al Qaida, furiosa, ha risposto annunciando una seconda campagna terroristica – questa volta dedicata ad Abu Omar al Kurdi, leader di una rete di stragisti con camion bomba – per tempestare attentati gli uomini e i leader del Risveglio. Agli assaltatori suicidi chiesto di organizzare il proprio attacco e poi di farsi saltare entro la fine di gennaio. Ahmed e il Risveglio pensano da soli alla propria sicurezza. Dalle finestre a feritoia del Cougar si vedono uomini armati che aspettano nel buio, posti di blocco in sequenza, cancelli, cellule fotoelettriche che illuminano parcheggio. Ci sono una decina di pick up nuovi, a quattro porte, bianchi con la scritta al Burisha. Su un paio sono montate pesanti mitragliatrici da contraerea, ben protette da teli di plastica. Agli accompagnatori americani è chiesto con cortesia di restare fuori. L’impressione generale che se un giorno i clan si dovessero scontrare con la polizia di Ramadi avrebbero la meglio. Per ora si trattaun’ipotesi per assurdo, perché la polizia in città è rinata grazie all’ordine dato dalle tribù ai propri uomini. Arruolatevi come agenti”. Le tribù sono la polizia: nei tribunali e nelle caserme gli agenti ostentano sul petto la spilla di al Sahwa e all’ingresso della stazione di Tameem, a Ramadi sud, campeggia un enorme ritratto a muro di Sattar. Per governare questa parte di paese non si può non scendere a compromessi con i clan, come scoprì anche Saddam Hussein – e inglesi e ottomani prima di lui. Il dittatore era riuscito a conquistarsi la loro amicizia, e i migliori soldati del suo esercito venivano da al Anbar, ma racconta di tensioni con Sattar, che violava apertamente l’ordine di restare dentro i confini nazionali. “Le tribù hanno stipulato accordi pace con le forze della Coalizionefin dall’inizio, nel 2003, ma il governo centrale non era forte abbastanza per prendersi cura di tutto e al Qaida era libera di entrare e di controllare l’area. I partiti non potevano e non riuscivano a combattere al Qaida, che invece è riuscita ad allontanare tribù dal governo. A quel punto al Qaida ha avuto il controllo definitivo della zona”, dice Ahmed. Forse perché si sente già dentro la politica, lo sceicco-padrino è diplomatico ma autoindulgente. Parla della sua regione al Anbar prima della ribellione dei clan come di un luogo distante, isolato nel tempo e nello spazio, dove gli americani subivano quattrocento attacchi alla settimana – e dove hanno perso l’80 per cento dei loro uomini – senza che le tribù si accorgessero di nulla. Ma è molto più preoccupato dalla forma. Comincia augurandoBuon Natale a tutti i cristiani, comanda gli assistenti con l’angolo della bocca, vuole farsi fotografare soltanto nel salone che gli fa da ufficio. Queste cose succedevano due anni al Qaida uccideva, metteva bombe nelle scuole, negli ospedali, negli uffici pubblici, sistemava Ied. Loro non erano di qui e avevano trasformato al Anbar in un un’area militare. Ammazzavano sceicchi, imam, leader tribali. C’era un gran silenzio per le strade, c’erano soltanto uccisioni, le persone avevano paura a uscire. Al Anbar era chiusa politicamente ed economicamente. Non potevamo sopportarlo. Ecco perché ci siamo uniti con tutte le persone per bene e abbiamo preso decisioni”. Racconta il grande decadimento della regione, la persecuzione spietata dei terroristi al Qaida, “Mi hanno ammazzato cinque fratelli”, l’impazzimento collettivo che ha trasformato Ramadi, una città con vocazione turistica dove oggi arrivano studenti da tutto l’Iraq per frequentare l’università, in campo della morte da Ruanda del medio oriente. “Un giorno due ragazzi hanno sorpassato un’automobile. A bordo c’erano due uomini di al Qaida. Hanno raggiunto i due ragazzi, hanno detto: ‘Perché ci avete sorpassato? Non sapete che siamo di al Qaida?’ Li hanno fatti uscire, li hanno fatti inginocchiare sulla strada e hanno sparato. Ci sono stati grandi crimini. Quando attaccavano con le bombe loro non importava nulla che scoppiassero in mezzo ai bambini”. Hanno provato a parlare con loro, a trattare, prima di cominciare a combatterli? “No, mai. Sapevamo già che erano soltanto criminali”. Tutti a Ramadi battono con insistenza su questo punto. Quelli di al Qaida erano criminali, non veri credenti, avevano per obbiettivo la conquista del potere politico e militare e il loro preteso rigore islamista era in verità soltanto altro codice mafioso. L’oppressione di al Qaida stava strangolando anche l’economia della regione. Si capisce che ad Ahmed e ai suoi alleati sceicchi la prepotenza omicida dei nuovi arrivati, esercitata anche sui loro affari più o meno trasparenti,trasparenti, non andava giù. “Volevano controllare quest’area. Le aziende per rimanere aperte dovevano pagare somme di danaro. Oppure improvvisavano blocchi stradali, fermavano veicoli che trasportavano benzina, uccidevano il guidatore e s’impossessavano del mezzo”. Poi rivendevano benzina, di solito grandi rifornimenti pagati con i soldi di stato che il governo centrale inviava per le necessità dei cittadini, oltre confine, in Giordania e in Siria. Da una parte della scrivania di Ahmed c’è un grande televisore a schermo piatto su un canale all news, dall’altra tre foto incorniciate dell’amato fratello Sattar mentre abbraccia il generale Petraeus e stringe la mano al presidente George W. Bush. Sulle poltrone assistono un paio di consiglieri. Un paio di passi indietro ci sono gli assistenti, con le Glock automatiche 9 mm nelle fondine. Ramadi e Fallujah, le due più grandi città di al Anbar,Anbar, sono state le prime a cadere sotto il controllo di al Qaida. A Fallujah gia nella primavera del 2004 le donne erano costrette a indossare il burqa negozi di liquori erano spariti. Quando quattro contractor americani hanno provato ad attraversare la città sono stati uccisi in un agguato e i loro resti sono stati appesi al ponte di metallo sull’Eufrate, vicino al mercato. Ma a Ramadi, per merito degli sceicchi, c’è stata la prima, grande vaccinazione ideologica anti al Qaida, in grado di fermare il contagio estremista nella popolazione e di estendersi resto del paese. “I leader del governo locale non erano in grado di combattere al Qaida e controllarla. Ecco perché le tribù hanno deciso di sollevarsi. L’idea era aiutare l’esercito e la polizia iracheni, ma poi abbiamo lavorato da soli con quello che avevamo. stata una rivoluzione nazionale. I leader di questa rivoluzione sono di qui: hanno capito come agire con al Qaida, grazie all’esperienza che hanno fatto prima qui”. L’Iraq sarà capace di seguire il modello di al Anbar? “Quando Sheikh Sattar è stato ammazzato tutto il paese era in lutto, da nord sud. Tutti sono d’accordo con quello che abbiamo fatto”. La guerra ha rotto la vecchia catena di potere in Iraq, ha smosso il fondo di equilibri fermi da decenni, ora i nuovi iracheni hanno fame fretta di conquistarsi un posto che conta prima che la situazione si stabilizzi troppo. Quando si tratta di parlare del governo centrale di Baghdad maggioranza sciita, e quindi duro d’orecchi con le richieste delle zone sunnite come al Anbar – e degli americani Ahmed è prudente, quasi sostiene il contrario di quello che gente di Ramadi dice in strada. “Il governo sta facendo molto per noi. C’è, vero, ancora molto da chiedere parte nostra, ma stanno lavorando molto. Stiamo già muovendoci percostituzione di un nostro partito di al Sahwa, perché non mi fido del blocco sunnita che siede già in Parlamento. Non sono capaci di prendere decisioni”. Minimizza il ruolo della Coalizione: “Le forze americane sono qui ora per aiutare la gente a portare a termine i propri doveri, aiutano con ingegneri, esperti”. Minimizza anche il ruolo del generale Petraeus? “Petraeus è mio amico. La sua strategia di portare i soldati in mezzo alla gente e di far combattere assieme americani e iracheni è stata buona”. Politica, affari, ricostruzione, stanno prendendo il posto della guerra ai terroristi. “Al Qaida ora è scappata a Diyala, Mosul, Tikrit, Baiji. Ma non abbiamo paura che possa tornare. No, non abbiamo questa paura. Ora ci sono la polizia e l’esercito. Ci siamo noi. Per controllare e assicurarci che tutto vada bene. Ora abbiamo le informazioni che servono e anche i dati dell’intelligence. In ogni luogo dove al Sahwa è presente ogni membro di al Qaida ha due scelte: andarsene o morire”.

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