Relatore al convegno "La battaglia per la democrazia nel mondo islamico" tenutosi a Roma dal 10 all'11 dicembre, Bassam Eid, direttore del Centro Palestinese per il Monitoraggio dei Diritti Umani di Ramallah, il 12 dicembre ha parlato a circa 200 studenti all'Università di Torino.
Di seguito, la relazione della docente che l'ha ospitato, la professoressa Daniela Santus:
Questa mattina, alle 12.00, il dott. Bassam Eid - direttore del Centro Palestinese per il Monitoraggio dei Diritti Umani di Ramallah - ha tenuto una lezione ai miei studenti, e a quanti hanno voluto assistervi, presso l'Università di Torino.
L'aula era affollatissima: 200 persone sedute e una cinquantina in piedi.
Il dott. Bassam Eid, palestinese vissuto per più di trent'anni in un campo profughi, può essere considerato un pacifista nel vero senso della parola (non nel senso italiano del termine), o un dissidente, nel senso che non teme di opporsi agli errori/orrori dell'Autorità Palestinese e di Hamas. Per me è semplicemente un uomo coraggioso e forse è per questo che - a parte un giornalista de Il Manifesto (nonostante Bassam Eid veda con estremo sospetto certe affermazioni della signora Morgantini, per non fare che un esempio) - non c'era nessun giornalista in aula. La censura dell'informazione scomoda, in Italia, è praticata con perseveranza dalla carta stampata come anche dalle televisioni.
Ascoltare Bassam Eid è un piacere, ridona la speranza in un futuro di pace.
Il dott. Eid non teme di accusare gli Stati arabi per la situazione dei profughi palestinesi, mantenuti nello stato di profughi per gli interessi dei diversi Paesi arabi come anche dell'ONU. Non ha paura di dichiarare gli sperperi dei finanziamenti, la corruzione palestinese, le torture praticate dai palestinesi sui palestinesi, l'incoraggiamento al terrorismo a suon di migliaia di dollari versati alle famiglie palestinesi da Iraq e Iran.
Non teme di risultare politicamente scorretto nel dire che dal 1948 al 1967 i Territori Palestinesi sono stati occupati da Giordania ed Egitto che non hanno mai avuto intenzione alcuna di far nascere uno Stato Palestinese indipendente, né ha timore nel ricordare che - con l'elezione di Hamas - la situazione nei Territori è drammaticamente peggiorata rispetto a quando questi erano amministrati dagli israeliani.
E alla classica domanda sul "muro" risponde che uno Stato [lo Stato d'Israele in questo caso, n.d.r.] ha tutti i diritti di difendere i propri cittadini. Allo studente che chiede se la guerra possa dipendere dal problema dell'acqua risponde che l'unico vero problema, in Israele/Palestina, è che l'acqua proprio non c'è: "Non c'è per gli israeliani e non c'è per i palestinesi".
A chi gli chiede cosa pensa del diritto al ritorno dice che quello del diritto al ritorno non può essere motivo del contendere: "Non avverrà mai: i palestinesi profughi non sono interessati, preferirebbero ottenere la cittadinanza dei Paesi in cui ormai vivono da anni. Soltanto i leaders politici insistono sul diritto al ritorno allo scopo di non concludere mai un accordo di pace con Israele. La situazione dei profughi alimenta un mercato entro cui gira troppo denaro: ecco perchè viene mantenuta in vita."
Una studentessa gli chiede quali siano le priorità del popolo palestinese e lui risponde: "Avere un lavoro sicuro, una casa, opportunità d'istruzione per i propri figli e cure sanitarie, come qualsiasi altra persona al mondo. Chi dice 'il muro', 'il ritorno', 'uno Stato' mente: queste sono cose che vogliono i politici, non le persone comuni. Ma tra i politici palestinesi e la gente comune c'è un divario insormontabile".
In chiusura dell'incontro uno studente chiede se l'Europa sarebbe un miglior interlocutore di pace rispetto agli Stati Uniti e Bassam Eid risponde che moltissimi Paesi Europei e i loro Ministri degli Esteri hanno interesse a mantenere in vita il conflitto. D'altra parte i Territori Palestinesi attualmente sono divisi: Gaza con Hamas (che non permetterà libere elezioni) e la Cisgiordania con Fatah. Quale potrebbe essere l'interlocutore degli israeliani? Si può fare una pace a metà?
Dovrà nascere una nuova generazione, capace di liberarsi dei vari "Abu" come dei vari "Ayatollah", e allora la pace si potrà fare non ad Annapolis, non a Camp David, ma in Israele, senza mediatori: solo tra israeliani e palestinesi.
Inutile dire che la lezione è terminata con uno scroscio di applausi: Bassam Eid non è soltanto un uomo coraggioso, ma è un uomo capace di sognare. Chissà che il suo sogno non contagi coloro i quali gli stanno intorno. E chissà che le sue parole non instillino nei miei giovani studenti, che hanno avuto l'opportunità di ascoltarlo, il desiderio di cercare sempre la verità e di non fermarsi all'apparenza che i media, o chi gestisce il potere, troppe volte hanno interesse a spacciare per verità.
Daniela Santus