Non e' una coincidenza che Bush sia stato invitato a parlare a un folto gruppo a Praga tra cui dissidenti, ex-dissidenti adesso uomini liberi, e leader politici a Praga. Tra i dissidenti, c'erano Natan Sharansky e Vaclav Havel e altri nomi poco noti a coloro che leggono certi giornali, come Mamoun Homsi, un parlamentare che nel 2001 s’e’ arrischiato a chiedere al dittatore Assad di incominciare a tutelare i diritti umani in Siria e per questo e’ finito in galera. Un’ altra dissidente li’ presente era Rebiyah Kadeer dalla Cina, i cui due figli sono stati messi in prigione dal governo cinese per punirla per ever contestato la politica di Pechino contro minoranze musulmane in Cina. Vaclav Havel ha conosciuto la prigione e le torture per ridonare la liberta' alla Cecoslovacchia e ha combattuto la tirannia del comunismo da una squallida prigione. Nathan Sharansky e' sopravvissuto alla famigerata prigione Lefortovo e poi in Siberia in un campo di prigionia dove fu imprigionato per aver osato incontrarsi con "occidentali" per perorare la causa dei Refuseniks, gli Ebrei dell' Unione Sovietica che l' Unione Sovietica matrigna non riconosceva come cittadini a pari diritti e perseguitava ma non lasciava che se ne andassero.
Il Presidente Americano non si e’ limitato alle solite frasi di circostanza, ma ha puntato il dito e ha fatto i nomi. Ecco, adesso sappiamo chi siano Alexander Kozulin dalla Bielorussia, Aung San Suu Kyi da Burma, Oscar Elias Biscet da Cuba, Padre Nguyen Van Ly dal Vietnam, e Ayman Nour dall’ Egitto. Questi sono dissidenti messi in carcere come criminali qualunque da regimi dispotici e antidemocratici, e questo perche’ hanno alzato la testa, guardato gli aguzzini negli occhi, e chiesto a viva voce di essere liberi. Eppure mentre languono in qualche trista prigione e soffrono torture chiedendosi dov’e’ l’ occidente, i loro nomi sono sulle labbra dell’ uomo “piu’ potente del mondo”: il leader dell’ unica superpotenza al mondo chiede che siano liberati! Non vane parole, non un incontro infruttuoso. Un momento che solo il feroce sprezzo contro Bush e contro chi ha un insopprimibile spirito di liberta’ potranno rivoltare sulla faccia.
Io credo quello che il Presidente crede e dice e quello che Nathan Sharansky ha scritto nel suo libro “The Case for Democracy”, che vi invito a leggere nella traduzione italiana che e’ gia’ disponibile e sperabilmente reperibile nelle librerie. Io credo che ogni essere umano, a prescindere dai natali sia nato libero e che la sua liberta’ non puo’ essegli negata a lungo. Io credo che coloro che pensano che gli iracheni non siano meritevoli di democrazia e liberta’, che non siano pronti, che non siano maturi abbastanza; coloro che pensano che i musulmani non sono compatibili con la democrazia e la liberta’; coloro che credono che e’ ok che alle donne in paesi non occidentali venga imposto il velo, i matrimoni forzati, la lapidazione, l’ infibulazione “perche’ quelli sono i loro costumi e usanze”, quelli che credono che Ahmadinjad che taglia la lingua ai dissidenti, ammazza i giornalisti e spende in armi nucleari le risorse del suo paese, sia “meno pericoloso di Bush”; quelli che davanti a scene di orrore come le bande di diseredati pelle e ossa che attraversano il deserto per scappare dalle milizie Janjaweed dicono “ognuno ha il governo che si merita”; coloro che accettano senza critiche che il governo Hamas a Gaza minacci le donne presentatrici in TV con il taglio della testa se non saranno vestite in modo appropriato; coloro che giustamente si sono scandalizzati per gli eccessi di Abu Graib, ma non battono ciglio davanti an un vero e proprio manuale della tortura di Al Quaida con tanto di foto illustrative reperito ultimamente in Iraq, “perche’ tanto si sa che le torture sono normali per quelli”; essi sbagliano e sbagliano grosso.
Io credo che sia il nostro dovere di persone libere di portare la liberta’ e spargerla come un seme in un campo. Io credo che per noi singoli cittadini di pochi mezzi e poche risorse ci sia il compito, il dovere preciso di non guardare dall’ altra parte, di non strafregarsene, di anzi richiamare l’ attenzione della classe politica a questo tipo di problemi.
Se Bush e’ dalla parte dei dissidenti, degli iracheni dall’ indice violetto, degli iraniani che leggono “Lolita” a Teheran, e producono film sottobanco che poi passano all’ occidente, e protestano nelle universita’ e dalle prigioni, e se i dissidenti e gli ex-dissidenti riconoscono la sua leadership, da che parte stanno i contestatori, i detrattori, quelli che sono pronti a dare a Bush del “terrorista”, quelli che bruciano le bandiere Americane in piazza, quelli che esultano se un soldato Americano viene ucciso, quelli che vanno a braccetto con i terroristi?