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La Stampa Rassegna Stampa
30.04.2007 Probabile faccia a faccia Rice-Mottaki
il Segretario di Stato americano e il ministro degli Esteri iraniano saranno al summit sull'Iraq di Sharm El Sheik

Testata: La Stampa
Data: 30 aprile 2007
Pagina: 15
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Iran e America allo stesso tavolo»
Da La STAMPA del 30 aprile 2007:

Teheran e Washington si preparano a dialogare sull’Iraq. Il primo passo lo ha compiuto ieri il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, telefonando al collega iracheno, Jalal Talabani, per informarlo che Teheran sarà presente con il ministro degli Esteri Manuhcher Mottaki al summit sull’Iraq in programma giovedì e venerdì a Sharm el Sheik, e proprio in vista di questo appuntamento l’inviato Alì Larijani è giunto ieri sera a Baghdad per consultazioni. La risposta da Washington è arrivata con il Segretario di Stato, Condoleezza Rice, che partecipando ai talk show domenicali di Cnn e Cbs ha detto di «non escludere la possibilità di un incontro» con Mottaki sottolineando però che se dovesse avvenire avrebbe in agenda «la stabilizzazione dell’Iraq» e non la questione del nucleare «sulla quale l’interlocutore di Teheran è l’Alto rappresentante dell’Unione Europa Javier Solana».
In merito al probabile faccia a faccia con Mottaki - ovvero il più alto incontro fra i due Paesi dal 1979 - il Segretario di Stato ha sottolineato come «discutere di Iraq» significherà affrontare tutte le questioni aperte: «Porre fine alle violenze, far cessare l’arrivo di aiuti alle milizie e la penetrazione di terroristi dagli Stati confinanti come anche l’invio in Iraq di sofisticate bombe che vengono adoperate contro i soldati americani». Il primo ministro iracheno Nuri al Maliki ha ammonito Larijani sulla possibilità «che la violenza irachena sconfini nei territori dei Paesi vicini e soprattutto di quelli da dove arrivano rifornimenti alla guerriglia». A conferma dei segnali di apertura in tarda serata Teheran ha tenuto a precisare che la decisione di inviare Mottaki è stata presa da Ahmadinejad e non dalla Guida Suprema della Rivoluzione Ali Khamenei, sottolineando così il ruolo politico che il presidente si è ritagliato nella gestione del primo possibile dialogo diretto con gli Stati Uniti.
Di Iran si parlerà oggi alla Casa Bianca nel summit fra il presidente americano, George W. Bush, e la presidente di turno dell’Ue, la cancelliera tedesca Angela Merkel. Alla vigilia del colloquio, il presidente della Commissione Europea, il portoghese Josè Manuel Barroso, ha lamentato i «pochi progressi» compiuti dal negoziato condotto da Solana per «l’assenza di progressi da parte dell’Iran» che anziché ottemperare alle risoluzioni 1737 e 1747 dell’Onu interrompendo il programma nucleare continua invece a moltiplicare l’arricchimento dell’uranio.
In coincidenza con i segnali di apertura fra Teheran e Washington, il «New York Times» ha pubblicato un editoriale di Nicholas Kristof che ricostruisce nei dettagli un fallito tentativo di normalizzazione dei rapporti avvenuto fra il 2002 e 2003. Tutto iniziò a seguito della collaborazione fra Washington e Teheran per la caduta dei taleban in Afghanistan nel 2001 e 2002, quando tre ex ambasciatore americani crearono un canale di contatti attraverso l’ambasciatore iraniano all’Onu, Jayad Zarif grazie al docente della Rutgers University Hooshang Amirahmadi. Nel settembre del 2002 il gruppo si incontrò a New York anche con il ministro degli Esteri iraniano Kamal Kharrazi e nel 2003 vi furono ulteriori incontri a Ginevra fra Zarif e gli ambasciatori americani Ryan Crocker e Zalmay Khalizad. Secondo la ricostruzione del «New York Times» Teheran presentò un documento che proponeva di arrivare ad una piena normalizzazione dei rapporti grazie ad un grande baratto: Washington avrebbe tolto le sanzioni, depennato l’Iran dall’«Asse del Male» e garantito l’accesso allo sviluppo del nucleare civile ottenendo in cambio l’impegno di Teheran a stabilizzare l’Iraq, interrompere il sostegno ai gruppi palestinesi «di opposizione», fare pressione per ottenere da Hamas la fine degli attacchi dentro i confini di Israele e favorire la trasformazione di Hezbollah in un partito politico. Ma i colloqui a Ginevra ebbero fine e l’accordo non vi fu.

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