I giornali di venerdì 24 marzo 2007 pubblicano con evidenza articoli sul video trasmesso dalla televisione palestinese (controllata da Hamas) Al Aqsa nel quale ai figli di una terrorista suicida viene chiesto "quanti ebrei ha ucciso la mamma" e se desiderano raggiungerla.
Tradotta e diffusa da MEMRI (un link al sito è presente sulla home page di Informazione Corretta), l'intervista è uno dei molti esempi dell'incitamento all'odio, alla violenza e al suicidio che le autorità e i gruppi terroristici palestinesi esercitano nei confronti dell'infanzia.
Per una sorta di miracolo, per una volta, i media italiani si sono accorti di questa realtà.
Di seguito, pubblichiamo la corretta cronaca di Davide Frattini, dal CORRIERE della SERA
GERUSALEMME — «Tu ami la mamma, vero? Dov'è adesso». «In paradiso». «Che cosa ha fatto?». «Ha scelto il martirio». «Ha ucciso degli ebrei? Quanti ne ha uccisi?». Minuscoli, affondati in due enormi poltrone nere, Doha e Mohammed rispondono a domande troppo grandi. Un'intervista agghiacciante, trasmessa qualche giorno fa dalla televisione
Al Aqsa, controllata da Hamas nella Striscia di Gaza.
CINQUE MORTI — I due bambini sono figli di Rim Riashi, che il 4 gennaio del 2004 si è fatta saltare al valico di Erez uccidendo cinque israeliani. Nel video, diffuso da Memri (un centro israeliano di monitoraggio dei media arabi), l'intervistatore incalza Mohammed: «Quanti ne ha uccisi?». Il piccolo, 5 anni, fa vedere le dita: «Così...». «Quanti sono?». «Cinque». «Anche tu ami la mamma, Mohammed? Ti manca? Dov'è?». «In paradiso».
POESIA — Alla bambina viene chiesto di recitare dei versi. Doha, 7 anni, ripete a memoria una sura del Corano: «In nome di Allah, il misericordioso e il compassionevole... ». «Che cos'altro ti piacerebbe farci sentire?». La bimba prova a canticchiare
Mamma Rim: «Rim tu sei una bomba a mano, i tuoi bambini e i kalashnikov sono la tua parola d'ordine». Il dialogo è molto spesso inframmezzato da alcune domande normali. «Andate a scuola o all'asilo?». «All'asilo». «Che bello — commenta l'intervistatore senza ironia —. Bisognerebbe parlare dell'innocenza dei bambini».
Rim Riashi, 21 anni, è stata la prima donna kamikaze spedita in un attacco dai vertici di Hamas. Secondo l'intelligence israeliana, era stato il marito, un operativo dell'organizzazione, a spingerla a compiere l'attentato: accusata di adulterio aveva disonorato la famiglia e la morte le avrebbe restituito la rispettabilità.
CANZONE — L'organizzazione israeliana Palestinian Media Watch
ha mostrato un altro filmato, sempre trasmesso da Al Aqsa, in cui Doha canta un video musicale ed esalta la missione della madre: «Che cosa porti nelle braccia al posto mio? Una bomba». Sullo sfondo appare la Spianata delle moschee a Gerusalemme: «Solo adesso capisco che cosa fosse più prezioso di noi. Il mio amore non sarà fatto solo di parole. Seguirò i tuoi passi», intona mentre mostra l'esplosivo a una telecamera.
NELLE SCUOLE — Martedì scorso il parlamento israeliano ha discusso un rapporto sui libri di testo diffusi nelle scuole palestinesi e ha accusato l'Autorità palestinese di educare i ragazzi all'odio contro Israele. «Invece di cogliere l'opportunità di insegnare alle nuove generazioni — commenta il dossier — come convivere in pace, questi libri per giovani di 16-17 anni presentano lo scontro con Israele come un obbligo religioso. Il diritto all'esistenza dello Stato ebraico non viene riconosciuto e la nascita del nostro Paese viene presentato come "il furto della banda sionista"».
Per controbilanciare l'effetto di questa notizia La STAMPA, pubblica insieme alla cronaca di Aldo Baquis un trafiletto ("Accuse agli israeliani") che trasforma un'inchiesta su un presunto abuso da parte dell'esercito israeliano in una notizia certa:
L’esercito israeliano ha utilizzato
si noti la trasformazione del condizionale, che sarebbe stato corretto, in indicativo
due bambini palestinesi come «scudi umani» durante un rastrellamento nella città cisgiordana di Nablus. La denuncia arriva da B’Tslem, un’organizzazione israeliana per la difesa dei diritti umani.
L'UNITA' ha sulla vicenda un richiamo in prima, dal titolo evasivo "Intervista shock ai figli di kamikaze".
A pagina 13 l'articolo è di due colonne, in basso a destra, quasi invisibile.
La REPUBBLICA titola in prima pagina un editoriale di Guido Rampoldi "I piccoli orfani della kamikaze messi in mostra dalla tv".
Nemmeno nell'articolo si coglie il fatto che quella dell televisione di Hamas non è semplicemente un caso di "televisione del dolore", ma una tessera del mosaico propagandistico che rende possibile l'aggressione terroristica a Israele e preclude ogni prospettiva di pace in Medio Oriente, radicalizzando la società palestinese e spingendola verso la guerra a oltranza.
In luogo di queste considerazioni, che permetterebbero di comprendere meglio realtà sistematicamente censurate da una visione ideologica del conflitto israelo-palestinese, Rampoldi ricicla luoghi comuni sulla "disperazione" come causa del terrorismo ed elogia "sobrietà e delicatezza" che possono nascere "solo da un grande rispetto" con cui Al Jazeera international racconta la vita delle ragazzine palestinesi "prese in mezzo nel conflitto israelo-palestinese", prova evidente che il "furfante" che chiede ai bambini quanti ebrei ha ucciso la loro madre suicidandosi "non è l'islam né l'informazione araba".
Senza chiedersi se non ci sia una qualche complementarietà tra il culto della morte e l'ideologia del martirio proposte al pubblico arabo e la presentazione dei palestinesi come vittime innocenti destinata al pubblico occidentale.
E' un caso che Al Jazeera International sia più vicina agli umanitarismi ( a senso unico) dei media occidentali e la consorella Al Jazeera assomigli di più alle truci e militant iAl Aqsa e Al Manar?
Non si accorge Rampoldi che in entrambi i casi si tratta di fare dell' "informazione" uno strumento di guerra?
Ecco il testo:
Lo studio televisivo della tv al-Aksa, emittente dell´estremismo palestinese. Due bambini persi nelle poltroncine nere riservate agli ospiti, imbarazzati come sono tutti bambini del mondo quando una telecamera li punti ed uno sconosciuto li interroghi. Il conduttore veste l´uniforme universale dei conduttori, giacca e cravatta, e anche l´espressione è quella standard: compunto e professionale ma non serioso, e anzi con quella levità che a qualsiasi latitudine si addice alle interviste ai più piccoli.
Annuncia alla telecamera: adesso parliamo con i due bambini. Doha, dov´è andata tua madre?, domanda. In paradiso, sussurra lei. Avrà cinque anni, il tono è quello di chi non sa ancora distinguere tra la morte e un´assenza momentanea. Perché, cosa ha fatto?, incalza il conduttore. Ha fatto il martirio, risponde Doha. Ha ucciso degli ebrei, vero?, traduce il conduttore; e quanti ne ha uccisi, Mohammad? Cinque? Mohammad mostra le dita della mano.
Cinque, bene. Mohammed e la sorella adesso sembrano a disagio, si agitano sulle poltrone e ridacchiano senza ragione, soprattutto il maschio, che non riesce a tener ferme le gambe. Ma il conduttore è neppure a metà dell´intervista. Ti manca la mamma?, insiste. Sì, a Mohammed manca.
Recitereste qualcosa? Nel nome di Allah misericordioso, attacca Doha. Vuoi recitare qualcos´altro? La poesia della mamma. La madre di Doha si chiamava Rim e s´è fatta esplodere tre anni fa. «Mamma Rim, sei una bomba di fuoco», fa Doha. «I tuoi bambini e la tua mitragliatrice, ecco il tuo motto». Poi Doha si smarrisce. Vuoi continuare tu, Mohammed? No, non vuole. Forse sopraffatto dall´emozione, preferisce parlare dell´asilo. L´argomento non appassiona il conduttore. «Bisognerebbe parlare dell´innocenza dei bambini», commenta col tono grave che in tv si addice alle notazioni morali. L´intervista è finita.
Resta solo da chiedere ai due orfanelli se vogliono andare anch´essi dov´è andata mamma Bomba-di-fuoco. Sì, risponde uno dei due. Chi ha condotto Doha e Mohammed nello studio della tv Al Aqsa farà il possibile, di questo siamo assolutamente certi, perché, divenuti adulti, essi tornino davanti alla telecamera per recitare la sura dei martiri e prendere congedo dal mondo. In quel caso ricorderemo la loro prima apparizione in tv come il debutto di due carriere costruite con sapienza da un manager di cui non vedremo mai il volto. Qualcuno che ha già cominciato a gironzolare loro intorno, a sussurrare nelle loro orecchie quant´è bello il paradiso e a raccontare della loro mamma che li attende lassù.
Quanto più disperata sarà la vita di Doha e Mohammad, tanto più facile sarà convincerli del destino cui fin d´ora vengono allevati, diventare la Bomba-di-fuoco, lampo di gloria, accecante splendore di paradiso. Questo abbiamo visto dagli schermi della tv Al Aqsa, noi e i palestinesi. Abbiamo visto il debutto d´un destino.
Ma l´abbiamo visto, e questo cambia le cose. Adesso le Agenzie dell´Onu e le organizzazioni internazionali che cercano di proteggere l´infanzia possono prendere nota: Mohammed e Doha sono finiti nella fabbrica dei kamikaze. A cinque anni già vengono impiegati come testimonial del martirio. A dieci sfileranno nei cortei imbottiti con candelotti di cartapesta. A venti potrebbero girare l´ultimo spot della loro breve carriera mediatica, per la gloria non d´Iddio ma dello sceicco che disporrà delle loro vite.
Sono già ora carne da macello: questo dice il cinismo con cui sono stati "intervistati" dal conduttore della tv Al Aqsa. Per quanto il giornalismo pulluli di tangheri d´ogni tipo, uno così non l´avevamo ancora visto. Avrà pure un nome e un cognome, un´identità da additare al miglior giornalismo arabo perché ne faccia un reietto. Smascherarlo non sarebbe inutile.
Aiuterebbe tutti noi a evitare un equivoco: quel furfante non è l´islam né l´informazione araba, che invece oggi ha punte d´eccellenza e di coraggio quali non se ne trovano spesso nel giornalismo occidentale.
Ieri, mentre il pubblico italiano faceva conoscenza di Mohammed e Doha, un´ottima tv araba, quell´Al Jazeera international che è molto diversa dalla consorella Al Jazeera, raccontava la storia di due ragazzine palestinesi prese nel mezzo del conflitto arabo-israeliano. Le raccontava dal punto di vista palestinese, ma questo è secondario. Quel che qui interessa è lo stile della narrazione, una sobrietà e una delicatezza che potevano nascere solo da un grande rispetto. Spesso distinguiamo gli islam - tra bigotti e liberali, tra oppressivi e tolleranti - in relazione al grado di libertà accordato alle donne. Ma il grado di protezione garantito all´infanzia non è un criterio meno importante per capire una società, in Oriente come in Occidente. Dove quella protezione è bassa o inesistente non necessariamente c´è una povertà feroce, e soltanto quella. Spesso l´indifferenza nasce dal collasso di società incapaci di credere ancora in se stesse e in un qualsiasi progetto di futuro. Oppure da ideologie della sopraffazione che coltivano un disprezzo automatico per i soggetti deboli, quali le donne o i bambini. E´ il caso dell´estremismo islamico. I Taliban, per esempio. Ne conosciamo la misoginia forsennata. Ma ignoriamo che condannarono migliaia di bambini, figli di vedove, a crepare di fame. In questi mesi hanno ammazzato con bombe nelle scuole non solo presidi e maestri, ma anche ragazzine che avevano la colpa di desiderare un´istruzione.
Forse anche per questo Karzai da tre anni non riesce a trovare nei Taliban una sponda per negoziare un compromesso per l´Afghanistan. Che idea del Paese e del futuro può avere gente pronta a sacrificare bambini sull´altare del proprio dio perverso?
Per quanto riguarda l'informazione televisiva segnaliamo, nel servizio di Monica Maggioni, la scandalosa traduzione della domanda "quanti ebrei ha ucciso la mamma" con "quanti uomini ha ucciso la mamma". Della natura antisemita del terrorismo di Hamas il pubblico non deve essere informato.
Al telegiornale di LA7 condotto da Antonello Piroso (presente Savino Pezzotta come "presidente dell'associazione italiana rifugiati") è stato fatto scorrere il video Né Piroso né Pezzotta hanno commentato.
Interessante il modo in cui tratta la notizia Forumpalestina: attaccando le "veline" "vecchie di una settimana" delle "agenzie dìinformazione israeliane",senza però smentirne il conenuto. Ecco il testo:
Una notizia vecchia di una settimana rimbalza oggi su tutte le agenzie. Si tratta della segnalazione fatta il 14 marzo dal famigerato Memri (Middl East Media Research Inistitute, un centro organizzato dai servizi di disinformazione strategica ufficiali di Israele) e rilanciato dall'agenzia ufficiale israeliana Ynetnews di un video in cui a due bambini palestinesi vengono fatte delle domande sulla loro mamma morta in un attentato suicida.
Qui a seguito il testo della trasmissione nella traduzione fatta però dagli israeliani del Memri:
Durante la trasmissione della tv di Hamas, un intervistatore sorridente annuncia: “Parliamo ora con i due figli della martire della jihad Rim Al-Riyashi: Dhoha e Muhammad”.
Quindi si rivolge con voce gentile alla bambina e le chiede: “Dhoha, vuoi bene alla mamma? Dov’è andata la mamma?”.
E la piccola risponde: “In paradiso”.
“E cosa ha fatto la mamma?”, chiede l’intervistatore.
“Ha fatto martirio”, risponde la bambina.
“Ha ucciso degli ebrei [yahud], vero? E quanti ebrei ha ucciso la mamma?”
“Così” risponde il maschietto, mostrando la mano aperta.
“Quanti, così?”, insite l’intervistatore, e Muhammad risponde: “Cinque”.
Sollecitata a recitare qualcosa, la bambina dice poi a memoria: “Nel nome di Allah clemente e misericordioso, quando verrà l'ausilio di Allah e la vittoria, e vedrai le genti entrare in massa nella religione di Allah, glorifica il tuo Signore lodandolo e chiedigli perdono: in verità Egli è colui che accetta il pentimento” [Corano, inizio della Sura 110 “L'Ausilio”].
L’intervista si chiude con l’intervistatore che si rivolge alla piccola Dhoha e le chiede: “Vuoi andare dalla mamma?”, e lei risponde: “Sì”.
Questa è l'intervista. Non nascondiamo la nostra perplessità sull'uso televisivo dei bambini in ogni società ed in ogni quadrante del pianeta, ma non possiamo che denunciare con forza come sia passata una settimana dalla diffusione della velina israeliana e oggi tutte, ma proprio tutte, le agenzie, i giornali e i siti online ripetono a pappagallo come se fosse una novità quella che è sostanzialmente una vecchia velina dell'istituto di disinformazione strategica israeliana il Memri.
E' una sensazione penosa quella che se ne ricava ma è anche il segnale inquietante dell'influenza delle agenzie israeliane e della scarsa indipendenza etica e professionale dell'informazione in Italia. Una notizia vecchia di una settimana è una notizia vecchia anche se la mandano gli israeliani. E' così o così dovrebbe essere in tutte le redazioni.
Adesso si capisce perchè sparano a cannonate mediatiche contro ogni manifestazione di solidarietà con il popolo palestinese. Ma non ci hanno intimidito fino ad oggi nè ci faremo intimidire in futuro.
22 marzo 2007
Il Forum Palestina
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