Sotto un titolo poco accurato che non riflette il contenuto dell'articolo, IL GIORNALE di oggi, 18/02/2007, a pag.1-10 pubblica un articolo di Fiamma Nirenstein che chiarisce in modo esemplare la vicenda della protesta sui lavori al Monte del Tempio, o Spianata delle Moschee che dir si voglia. Eccolo:
Di nuovo la spianata delle Moschee Al Aqsa e di Omar arde di presagi di scontri fatali, di giochi politici interni al mondo paletsinese e arabo, di nuovo la supposizione che Israele voglia impossessarsene o danneggiarla rischia di insanguinare il mondo. Lo spunto è quello della ricostruzione di un ponte che porta dal Muro del Pianto fino alla porta di Mugrabi, cento metri più in alto, e sostituire una passerella pericolante. Le manifestazioni hanno già raggiunto il Kashmir, dove venerdì si è svolta una violenta marcia per “salvare la moschea di Al Aqsa” minacciata dal “potere sionista”. L’eccitazione può diventare simile a quella causata dalle vignette su Maometto, e stavolta poichè lo spunto politico è legato a un simbolo religioso molto controverso e concreto, alla terza moschea nella scala dei luoghi sacri mussulmani (prima vengono la Kaasba alla mecca e la Moschea del Profeta a Medina) e mette in giuoco l’odio antisraeliano, sta diventando un’altra accusa del sangue. Il segnale più duro l’ha dato il discorso del capo del movimento islamico degli arabi israeliani Sceicco Raed Salah quando venerdì ha chiamato all’Intifada per “salvare” la Moschea e ha aggiunto che “la storia di Israele è inzuppata di sangue, gli ebrei vogliono ricostruire il loro tempio mentre il nostro sangue è sui loro abiti,sulle loro soglie, nel loro cibo e nella loro acqua”.
Qualsiasi cosa dica,quando gli inviati del governo Turco invitati da Ehud Olmert per verificare le accuse giungeranno davanti all’orrida passerella simile a una lunga pagoda vietnamita la spianata delle Moschee, troveranno quello che chiunque può constatare andando a vedere di persona: non c’è verità nelle accuse volte a Israele. Le Moschee, bellissime, se ne stanno sulla spianata tranquille, vuote di turisti perchè l’WAQF, che sotto il governo congiunto di giordani e palestinesi controlla i monumenti islamici e ne gestisce la conservazione e il management,ha deciso che solo i musulmani che vanno a pregare possono entrare, se non in casi particolari e selezionati (due settimane or sono sono entrata insieme a un gruppetto di giornalisti stranieri). Il ponte è del tutto fuori della Moschea, posa su territorio israliano, la causa della sua ricostruzione è legata a uno smottamento causato dalla neve che mette a rischio il Muro del Pianto, uno delle mura perimetrali, e non toccherà in niente la Spianata. Quello che però è evidente è che gli israeliani non rinunciano a mettere il naso, sia pure solo sulla parte di loro giurisdizione (fu Israele, comunque, a stabilire anche dopo che nel 67 Gerusalemme fu conquistata che l’WAQF avrebbe seguitato a essere la padrona di casa sui luoghi sacri) nella zona in cui, insieme al Muro del pianto, risiedono le maggiori aemorie archoelogiche di tutta la storia ebraica, dal regono di david fino alla cinquista romana e alla disctruzione del secondo Tempiuo, sotto e intorno la Spoianata delle Moschee.
Il piano di ristrutturazione del ponte avrebbe forse dovuto essere presentato al pubblico in maniera più articolata e ragionata, ed è per questo che il sindaco di Gerusalemme ha sospeso i lavori temporanemanente quando tutti hanno capito che la tempesta stava arrivando, ma anche se il piano fosse stato discusso per un anno, gli islamisti ne avrebbero fatto una scusa per scontri fatali in ogni caso, certo unificanti dopo gli scontri Fatah-Hamas. La passeggiata di Ariel Sharon nel 2001, autorizzata dall’WAQF, è stata fatta passare alla storia palestinese come una vicenda di violazione mortale che ha portato all’Intifada dei terroristi suicidi; l’apertura di un tunnel sotterraneo preesistente da parte di Netanyahu nel 1996 fu una causa di rivoluzione micidiale, con morti e feriti a decine da ambedue le parti. Adesso ecco un’altra storia fatale che non esiste.
Qual’è dunque la verità? “La verità “dice il professor Dore Gold ex ambasciatore di Israele all’ONU e capo dell’Jerusalem Center for Public Affairs autore di un nuovo libro su Gerusalemme “è che, dopo un lungo periodo in cui era pacifico anche per i mussulmani che le Moschee sorgessero dove un tempo sorgeva il Tempio degli Ebrei distrutto dai romani nel 70 dopo cristo ( ne troviamo ampia traccia nei loro scritti, e persino in un libro di Haj Amin al Husseini, il mufti che odiava gli ebrei tanto da diventare grande amico di Hitler) è stata infiltrata nella mente islamica la convinzione che quello sia un luogo di esclusiva appartenza mussulmana “dai tempi” così scrivono e dicono “della creazione del mondo, di Adamo ed Eva” e che la presenza ebraica stata inventata ai danni dell’Islam”. “La negazione dell’esistenza del Primo e del Secondo Tempio, oltre a essere ridicola”dice furioso il famoso archeologo Dani Barkay”è parte di una autentica degenerazione culturale post moderna, dove i fatti non contano ed è vero ciò che mi fa comodo. L’importanza di Gerusalemme, il fatto stesso che Cristo sia nato e sia stato crocifisso a Gerusalemme, che Mohammed abbia pregato epr un periodo volto a Gerusalemme, è legato al preminete potere temporale e spirituali deli ebrei e dei loro Templi. Pe me si tratta di un negazionismo ancora peggiore di quello di chi nega l’Olocausto, perchè non ci sono testimoni vivi nè fotografie, ne film a colpire la fantasie del pubblico, ma solo la follia della ripetizione della negazione di fatti noti e comprovati. Essa serve solo a delegittimare la presenza ebraica in Israele e a Gerusalemme”.La verità dei fatti ogni studioso e anche ogni persona di buon senso la sa, basata su testimonianze sia storiche (da Flavio Giuseppe allo storico greco Strabone, vissuti ambedue al tempo della distruzione del tempio, a una quantità di testimonianze che confermano le descrizioni bibliche) che di ritrovamenti archeologici. Se Arafat avesse visitato l’arco di Tito, in cui sono scolpiti le tragiche figure degli ebrei che portano a spalla candelabri e altri oggetti asportati dal Grande Tempio ebraico di Gerusalemme e marciano incatenati a Roma nel corteo trionfale dopo la conquista del tempio, forse avrebbe evitato la famosa figuraccia, quando, a Camp David, disse a Clinton che “il Tempio degli ebrei, tutti lo sanno, era un mito”. Clinton per la prima volta perse il sua proverbiale bonomia e lo apostrofò di fronte a tutti:”La diffido dal ripetere una simile stupidaggine, perfavore” disse sostanzialmente.
Sul Monte del Tempio (Ha ha Bait per gli ebrei, Haram el Sharif per gli arabi, ovvero Nobile Santuario)in genere identificato col Monte Moriah, il figlio di David re Salomone costruì il Primo tempio circa tremila anni fa, demolito poi da Nabucodonosor di Babilonia nel 586 a C. A Babilonia in un esilio già enormememtne pieno di quella nostaglia che destò, fra gli altri, la sensibilità di Giuseppe Verdi (“Va pensiero”..) gli ebrei tornarono a Gerusalemme e ricostruirono il tempio nel 535 che fu poi esteso dai re Seleucidi, gli Asmonei e poi nel primo secolo dopo Cristo da Erode Primo, che ne fece una delle meravilgie del mondo, oggetto di pellegrinaggi testimoniati in ogni dove. Gesù vi fece il suo bar mitzva e il suo pellegrinaggio con Maria e Giuseppe, e ancora si vedono gli scalini da cui salì al Tempio e le botteghe da cui cacciò i mercanti. Flavio Giuseppe racconta che il “Tempio era incredibile”, magnifico di marmi e di legni profumati, il Santo dei Santi in mezzo al terrapieno circondato da immense mura, intorno un porticato monumentale, più grande dell’Acropoli di Atene. La Bibbia descrive minutamente i luoghi, gli ornamenti, i riti. Erode fece costruire il terrapieno che oggi sostiene la spianata delle Moschee e di cui un fianco è oggi il Muro del Pianto, e nel cui ventre sono contenute probabilmente rovine che non si possono vedere se non in piccola parte camminando nelle gallerie che costeggiano il perimetro sotto terra. Dopo la grande distruzione romana e un periodo di abbandono e di ricostruzioni parziali durante le dominazioni bizantina, persiana, ummayyade, Abasside, dei Crociati etc, con la conquista mussulmana nel 638, poco più tardi la bellissima Qubbat al Sakra fu costruita su pianta ottagonale,un santuario e non una moschea, ricca di mosaici, vetrate, tappeti, colori affascinanti e sacre memorie del Profeta, che vi volò dalla Mecca sul suo cavallo Al Buraj. Nel ‘94 la cupola d’oro fu restaurata a spese dei giordani con i palestinesi padroni di casa della Spianata. La Moschea di Al Aksaa che sembra una grande basilica, fu costruita nel 1035, ornata di bellissimi doni di tutto il mondo mussulmano. La bellezza della grande terrazza è imponente, e si capisce bene l’amore dell’Islam per quello che essi ritengono uno dei loro loro luoghi santi fondamentali. Quello che non si capisce è il tentativo di obliterazione totale della presenza ebraica che pure grida la sua potentissima storia, dato che proprio là, sotto le belle moschee, il silenzio e il vuoto mistico del Santo dei santi,gridava il suo messaggio monoteista al mondo per la prima volta. Gli scavi archeologiic ebraici si concentrano tutti fuori del perimetro delle Moschee, mentre tonnellate di ogni tipo di rifiuti, in cui gli archeologi proclamano la indispensabile testimonianza e quindi, oggi, il disastro, sono stati scavati con ruspe e gettati a mucchi mentre l’WAQF ha compiuto i suoi scavi per costruire una terza moschea sotterranea, le “stalle di Salomone”. E’ pesante e sorprendente il silenzio degli organismi internazionali, che dovrebbero imporre con la loro autorevolezza una cooperazione archeologica che consenta alla cultura mondiale di accedere a tutte le possibili verità archeologiche e storiche.
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