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Il Foglio Rassegna Stampa
02.02.2007 Era ora: finalmente parole chiare su antisemtismo e antisionismo
un saggio pubblicato dall'American Jewish Committee

Testata: Il Foglio
Data: 02 febbraio 2007
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «L'antisemitismo ebraico e di sinistra»

Paragonano Israele al nazismo e negano il suo diritto all'esistenza.
Un saggio pubblicato dall'American Jewish Committee accusa alcuni intellettuali ebreo-americani di sinistra, come fomentatori del nuovo antisemitismo.

Posizioni come quelle di Noam Chomsky e  Tony Judt , va detto, sono ultraminoritarie nel mondo ebraico italiano.
Si può dire che raccolgano il consenso solo dei pochissimi aderenti all'"Eco" (Ebrei contro l'occupazione), i cui scritti sono spesso ospitati sulle pagine del MANIFESTO e che Informazione Corretta ha già avuto modo di criticare.

Ecco il testo:

Il nuovo antisemitismo è ebraico e di sinistra. La scioccante accusa è contenuta in un paper intitolato “Pensiero progressista ebraico e nuovo antisemitismo”, scritto dal professor Alvin H. Rosenfeld e pubblicato dall’American Jewish Committee, una delle più antiche istituzioni ebraico-americane che, oltre a pubblicare la rivista Commentary, dal 1906 si batte contro il fondamentalismo e l’antisemitismo nel mondo. Il documento di Rosenfeld ha provocato un gran dibattito sui giornali americani perché non si limita ad accusare di antisemitismo una parte del pensiero progressista ebraico, ma fa anche i nomi dei principali intellettuali ebrei e liberal che in questi anni avrebbero contribuito a diffondere l’odio contro Israele, alleandosi implicitamente con l’estremismo di destra e il radicalismo musulmano nella comune campagna per la distruzione dello stato di Israele. I nomi sono quelli di Tony Judt, guru della sinistra intellettuale newyorchese, professore alla New York University, editorialista di The Nation e della New York Review of Books, di Tony Kushner, sceneggiatore cinematografico, premio Pulitzer e coautore con Steven Spielberg di “Monaco”, di Richard Cohen, editorialista del Washington Post, di Noam Chomsky, linguista di Harvard, più vari accademici e seguaci di Edward Said, lo scomparso professore alla Columbia nonché dirigente dell’Olp di Yasser Arafat. Nessuno di loro chiede di cancellare Israele dalla cartina geografica, contestano però la legittimità della sua fondazione, propongono soluzioni binazionali che porterebbero all’estinzione di Israele, denunciano la “nazificazione della società israeliana” e chiamano “giudeo-nazisti” i soldati dell’esercito israeliano. “Criticare le politiche israeliane non significa essere antisemiti – precisa il rapporto – ma definire Israele uno stato nazista, accusarlo di promuovere l’apartheid e di praticare la pulizia etnica o il genocidio va ben oltre la legittima critica”. Il documento di Rosenfeld cita libri, articoli e discorsi pubblici di questi intellettuali in cui Israele viene regolarmente chiamato belligerante, crudele, sanguinario, pericoloso, corrotto, cataclismico, militarista, brutale, assassino, terrorista, cieco, pazzo, demoniaco, fanatico, razzista, criminale, matto, violento e così via. La critica di certa sinistra ebraica allo stato d’Israele, secondo l’American Jewish Committee, non è più rivolta alle politiche dei suoi governi e all’occupazione dei territori, ma viene fatta risalire al “peccato originale”, “all’ingiustizia”, “all’orribile errore”, al “crimine”, ovvero alla data di fondazione, nel 1948, dello stato ebraico. Costoro sostengono che Israele sia “un male per gli ebrei”, paragonano il padre del sionismo Theodor Herlz ad Adolf Hitler, Israele alla Germania nazista, i palestinesi agli ebrei del ghetto di Varsavia eccetera. Sul Washington Post, Richard Cohen si chiede se “Israele debba esistere”, una domanda improponibile sulla Svezia, sul Canada o sul Giappone. “L’impensabile, nel caso di Israele, è accettabile e la questione del diritto dello stato ebraico ad avere un futuro diventa una domanda legittima per un dibattito in classe”. L’antisionismo ebraico non è una novità. I marxisti ebrei consideravano il sionismo imperialista, razzista e repressivo e anche diversi gruppi ortodossi pensavano fosse blasfema l’idea di istituire uno stato ebraico prima della venuta del Messia. Ma una volta creato Israele nel 1948 e, soprattutto, in seguito agli attacchi subiti nel 1967, l’antisionismo ebraico è scomparso quasi del tutto. Il pensiero di alcuni intellettuali ebrei di sinistra ha prodotto un “revival antisionista”, che altro non è se non “la forma che prende gran parte dell’odierno antisemitismo”.

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